Il 16 maggio si celebra sant’Ubaldo, vescovo di Gubbio. La vita del santo è giunta fino a noi attraverso gli scritti di due autori: Teobaldo, il primo a succedergli come vescovo di Gubbio, e Giordano, priore di Città di Castello e amico dello stesso Ubaldo. Teobaldo scrisse un’opera sul santo commissionata da Federico Barbarossa, grande fedele ed estimatore di Ubaldo, mentre Giordano fu autore di uno scritto più spontaneo e pieno di particolari frutto dell’amicizia che lo legava al santo. Non si conosce con esattezza la data di nascita di Ubaldo che si fa risalire probabilmente intorno al 1085 dal momento che Teobaldo riferisce che nel 1105 fosse un “adolescens”, ossia che avesse un’età compresa tra i 15 anni e i 25. Ubaldo Baldassini non era figlio unico, ma aveva una sorella chiamata Sperandia e, quando il padre Rovaldo morì il giovane venne affidato allo zio che lo incoraggiò ad avviarsi alla vita religiosa. Egli studiò dapprima con i canonici di San Secondo e successivamente a San Mariano, ma volle andarsene e tornò a San Secondo.



Nel 1114 venne nominato canonico della cattedrale e, a seguito dell’incendio che colpì la città di Gubbio, fece di tutto per ricostruire la cattedrale e l’ospedale della città. Ubaldo viene descritto come un uomo mite e determinato. Nel 1129 il papa Onorio gli affidò il vescovado di Gubbio e subito si contraddistinse per la sua umiltà. In quegli anni i Comuni erano in continua lotta tra di loro per aggiudicarsi la supremazia e anche Gubbio fu coinvolto in una sanguinosa guerra contro i comuni rivali di Perugia, Gualdo Tadino, Spoleto, Foligno, Assisi, Nocera Umbra, Cagli, Città di Castello, Fossato, Val Marcola e i feudatari di Coccorano. La storia vuole che, durante l’assedio a Gubbio messo in atto dalle 11 città coalizzatesi fra loro, Ubaldo si adoperò ad aiutare tutta la cittadinanza e nel 1155 trattò personalmente con l’imperatore Federico Barbarossa affinché la città non venisse rasa al suolo dal suo esercito. Da qui crebbe il rispetto e l’ammirazione dell’imperatore verso questo grande santo che tanto si prodigò per il benessere della sua cittadina.



Successivamente Ubaldo si ammalò gravemente e il suo corpo si ricoprì di pustole dolorosissime, ma nonostante questa sua grande sofferenza continuò fino alla fine dei suoi giorni il suo compito di vescovo. Nel giorno di Pasqua del 1160, Ubaldo volle celebrare la sua ultima messa. Pochi giorni dopo il santo morì: era il 16 maggio del 1160. Talmente grande era l’afflusso dei fedeli dopo la notizia della sua morte che le esequie vennero celebrate dopo quattro giorni e in centinaia si misero in marcia per dare l’estremo saluto al grande uomo. 

Dopo 32 anni da quel giorno, nel 1192, papa Celestino III lo canonizzò e le sue spoglie vennero trasferite nella basilica a lui dedicata sul Monte Igino (Gubbio) dove il suo corpo tutt’ora incorrotto è conservato in una teca di vetro. Molti sono i miracoli a lui attribuiti nel corso della storia e le vetrate della basilica del Monte Igino sono ricche di tante immagini che celebrano i miracoli da lui adoperati. È patrono della città di Gubbio e ogni anno il 16 maggio si svolge in suo onore la rituale “Festa dei ceri” che è una tra le più antiche e suggestive manifestazioni folcloristiche d’Italia.