Concerto del 1 maggio: seguirlo tutto è una penitenza, confesso subito che mi sono persa qualcosa. Ma tocca dirlo e chissene del politically correct: una vera pena. Non per quel che ha detto la Camusso, che forse ha fatto il suo tempo. Risposta scontata, senz’altro. La vera domanda da farsi è un’altra. Chi paga?
I sindacati, cioè i lavoratori e noi tutti, con milioni di disoccupati, e la trimurti ingrigita nel corpo e nello spirito a gridare contro la politica, quando butta il denaro in una parata di arroganti ragazzotti emuli di padri e nonni arrabbiati, dai 70 in poi, di una rabbia inconcludente eppur cattiva maestra. Ha ragione Elio, a dissacrare il rito ingessato nella coreografia di bandiere e magliette del Che, con la sua canzone mal tollerata, che svela la vecchiezza e la noia di reperti ideologici sempre uguali.
Solito copione, un pezzo rocchettaro e strappa indignazione un precario; un secondo, e c’è l’esodata dei call center; segue un po’ di pubblicità Rai, e Giacobbo ci informa che la divulgazione scientifica si intensifica sul 2 quest’estate (Crozza avrà materiale nuovo). Poi lo scrittore oscurato dalla grande editoria, il cantante sanremese che inneggia all’amore gay e il ricordo di chi sul lavoro ci perde la vita, e magari vorrebbe che non si speculasse sulle loro tragedie. Ma quella gente lì in piazza, non è consapevole, matura e decisa a riconquistare una centralità e bla bla bla, come spiegano i capi. Alcuni sono lì per curiosità e svago, perché c’è qualcuno che suona e il primo maggio uscire da Roma è un inferno. La maggior parte per un’indebita campagna propagandistica contro il governo (questo, quello di prima, che importa, basta la parola, il rap aiuta) e una puntuale manifestazione prelettorale per le comunali di Roma. Fossi stata nel sindaco Alemanno non avrei dato l’autorizzazione. Volete Marino primo cittadino, come gridano i manifesti e gli striscioni sapientemente zoommati dalle telecamere? Se viene eletto, fatevelo autorizzare da lui l’anno prossimo, il Concertone, con la sua sfilata di glorie della musica e della cultura, la parte presentabile e morale del paese, quella che può farti la predica, perché è quella che pensa ai giovani, alla gente, ai suoi diritti.
Maestra delle feste, Geppi Cucciari, che si onora di non assomigliare alla Santanchè (e la solidarietà femminile, le pari opportunità, il rispetto delle donne? E poi ci si è indignati con Battiato…) e s’ingegna con battute freddine, dato che gli effetti speciali quest’anno non ci sono, costavano troppo. Versione Activia. Pure il primo maggio è più sobrio, ci spiegano. Ci spieghino perché non sono a placare o a liberare il sindacato da ombre funeste nelle piazze dove si inneggia a chi ha sparato a un carabiniere, dove i centri sociali incitano alla sommossa.
Ci spieghino se sono gli artisti a pagare per esibirsi o vengono pure pagati, e quanto. Ce lo spieghi Bonanni, segretario di un sindacato, la Cisl, con una storia alle spalle che si richiama ai valori cattolici, alla dottrina della Chiesa. Cos’ha pensato, segretario, quando ha visto saltellare sul palco quel guitto con la chierica da francescano? Che fosse un omaggio al papa argentino? Quando ha sollevato al pubblico, occhi al cielo e capo incappucciato un preservativo, recitando “prendete e usatelo tutti…”? Ha provato il brivido della blasfemia? Ha chinato la testa, turbato, davanti allo sguardo severo dei santi che svettano sul Laterano?