Ho ancora nelle orecchie come economista le parole del Santo Padre con la sua parabola del mattone e della persona umana. Come sottolineava il papa, spesso ancora oggi un mattone che si rompe è più grave della morte, della disperazione o del non lavoro di una persona. Esattamente come avveniva ai tempi della costruzione di Babele.
Su questo stesso schema di pensiero si viene a porre, almeno in gran parte, anche l’intervento del cardinale Bagnasco come presidente della Cei. Egli, dopo aver posto e sottolineato che la cura del bene della persona deve avvenire per i cristiani con la precisa coscienza della fede, e che la fede deve essere vista da tutti e quindi deve transitare per le opere, pone una domanda lacerante. “Qual è la lama che più penetra la carne della gente oggi?” La risposta è l’assenza di lavoro.
L’assenza del lavoro mette la persona umana nella condizione di non aver più una delle principali condizioni della sua dignità. Perché il lavoro, così come ben dice anche il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, “è un diritto fondamentale e un bene per l’uomo, un bene utile, degno di lui perché adatto appunto a esprimere e accrescere la dignità umana”.
Questo diritto è così concepito dalla Chiesa, e Bagnasco vi si colloca interamente in quello che afferma. Mai come in questo momento si deve sgombrare del tutto il pensiero economico dalle sue appendici. Occorre che sia l’economia sia la politica si interessino senza più indugio della dignità della persona e quindi del lavoro. Perché il bene comune non è il bene totale della statistica, ma è l’attenzione reale alla persona anche la più povera, e non può non tener conto che la mancanza di lavoro genera e continuerà a generare povertà.
Proprio per questo occorre cambiare anche culturalmente, dice il cardinale; occorre una bonifica culturale contro il pensiero unico che è egoista e individualista. Occorre pensare urgentemente alla gente: questo è il punto centrale della politica, e lo si deve fare perché il lavoro oggi è l’urgenza, la lama più penetrante nella carne delle persone.
Il cristiano deve rivestire tutto con la fede, dice il cardinale: la casa, il lavoro, il tempo libero, la vita pubblica. Ma oggi siamo al vertice dell’emergenza della povertà e allora tutto deve essere proteso a dare soluzione a questa povertà. Una povertà che cresce ogni giorno che passa.
Bagnasco avverte come bonifica culturale la necessità di uscire dai luoghi comuni del pensare e dell’agire perché il conformismo appiattisce tutto e non è creativo. Occorre avere il coraggio di andare contro corrente rispetto al pensiero unico che non si interessa della persona, ma si interessa del mattone.
Perché tra utilità e verità, dice il cardinale, occorre che vinca la verità dato che l’utilità è buona ma non è un valore assoluto. La verità, invece, indica la persona e la sua sofferenza. Oggi bisogna pensare alla gente: questa è l’unica cosa seria da farsi.
Il lavoro “unge” di dignità l’uomo: noi non possiamo non pensare al lavoro perché nel momento della carenza del lavoro il dio mammona si mette in moto. Ci sono molti operatori i quali non pensando che la ricchezza è a disposizione di tutti, ma considerandola come propria unica fonte di potere, distruggono le situazioni e schiavizzano il lavoro, così come il papa ha ultimamente sottolineato. Dice ancora il Compendio della dottrina sociale: “Le ricchezze realizzano la loro funzione di servizio all’uomo quando sono destinate a produrre benefici per gli altri e per la società”, altrimenti le ricchezze sono morte e hanno il solo scopo di arricchire chi le detiene.
Fra tutte le cose dette nel suo discorso, il cardinale parla anche in maniera attenta della famiglia e su ciò che si evolve a partire da essa. Sottolinea anche come in questo momento di urgenza bisogna essere creativi e quindi la nostra caritas deve metterci in condizioni di creare anche luoghi e posti di “ristoro” per l’uomo povero.