Non so se vi è sfuggita. È sempre così, le notizie che arrivano da lontano passano sotto silenzio, anche se meritano un titolo nei tg. Forse per esorcizzare l’orrore, forse per tacitare l’impotenza, apriamo un file che tutte le contiene, per richiuderlo immeditamente, come un baratro insondabile di orrore e angoscia che abita nel fondo più profondo di noi. Quando va bene, è perché come ci ha ricordato sabato papa Francecso, durante la veglia di Pentecoste, il dramma degli uomini interessa meno che i problemi delle banche, i dibattiti sulla tenuta dei partiti e l’urgenza di cercare parità di diritti nostrani quando le diversità appena oltre il nostro piccolo orizzonte gridano indignazione e giustizia.
Mi riferisco alla notizia rilanciata da Al Jazeera qualche giorno fa, della baby factory scoperta dalla polizia nigeriana. Factory, proprio così. Fabbrica di bambini. Funzionava più o meno in questo modo: ragazze apparentemente libere, a confezionare pacchi di acqua minerale, di giorno; di notte, costrette ad essere violentate e impregnated, con questo termine che ricorda l’idea di “essere riempite”, come contenitori, di esseri umani da vendere, e neppure a caro prezzo, 600 dollari al’incirca. Il toro da monta un giovane di 23 anni, che svolgeva il suo lavoro con ordine e precisione, una alla volta, in fila, una davani all’altra, finché resisteva.
I bambini venivano partoriti sul pavimento, in solitudine, o con l’aiuto delle ragazze una con l’altra. Inutile sottolineare gli aborti spontanei, le infezioni, le percosse. Inutile ricordare che tante ragazze erano sparite da casa e cercate invano dalle loro famiglie. O neppure cercate, da quelle parti puoi partire e senza che nessuno si ricordi che c’eri. Inutile sperare che le famiglie che hanno adottato quei bambini non sapessero, non immaginassero: mi auguro per loro che un truce mediatore le abbia ingannate, ma quando si adotta un bambino ci sono passaggi obbligati, alla luce del sole, documenti a richiedere, visti da ottenere… se le vie sono troppo corte si capisce subito il perché. E non bisogna neppure pensarci.
In questi stessi giorni sta girando un video sul web, ripreso da (pochi) siti e giornali di casa, che riporta l’intervista a tre infermiere di una clinica americana. Dove i figli anziché fabbricarsi, si uccidevano. Una clinica di aborti, e quindi la parola uccidere può suscitare qualche prurito. Ma che termine si può impiegare altrimenti? Donne oltre i termini di gravidanza previsti dalla legge, che a pagamento (alto pagamento) sdraiate su un lettino, anestetizzate solo se facevano troppe domande, venivano invase con ferri e forcipi per strappare dalla loro carne dei bambini, a 6 mesi, così perfettamente formati da respirare all’estrazione, e quindi da dover massacrare spezzando loro la colonna vertebrale, la testa e tralascio i metodi spicci spiegati con dovizia di particolari dalle infermiere neppur troppo contrite.
Dispiaciute, un po’, per il troppo sangue visto e ripulito, ma chissà perché abituate, e quindi autoconvinte che fosse una cosa tragicamente normale. Il medico aguzzino e assassino è stato giustamente incarcerato e forse rischia la pena di morte e per fortuna uno Stato libero permette di scovare i criminali e sottoporli alla giustizia.
Poi, c’è da farsi alcune domande, scomode: siamo proprio sicuri che uccidere un feto in modo cruento sia tanto diverso da ucciderlo con una pillola o un intervento rassicurante nei primi mesi di vita, quando la sua apparenza è un grumo di sangue che non tortura le coscienze? E ancora: com’è possibile questa anomalia tutta occidentale, tutta di noi ricchi, questa brama possessiva di figli, anche a pagamento, quando la società del progresso ci ha convinto che tocca a noi decidere se e quando, e in caso contrario si possono sopprimere?
Si comprano i figli nei paesi poveri, si chiedono leggi che consentano affitto di uteri e scambio di ovuli e sparmatozoi, per procreare, per un desiderio, naturale, si dice, di maternità e patrenità. Nello stesso tempo si impetrano maglie più larghe per l’aborto in tutte le sue forme, per la selezione degli embrioni. È la stessa mentalità, la stessa visione dell’uomo, ridotto a oggetto per soddisfare le nostre pretese. L’uomo fragile, più indifeso. Perché l’uomo adulto, l’uomi cosciente si crede onnipotente, e vuole che la sua onnipotenza sia un diritto, sancito per legge.