Il 23 maggio la Chiesa Cattolica celebra la memoria del san Guiberto di Gembloux, vissuto a cavallo tra il IX e il X secolo e morto, secondo la tradizione, il 23 maggio 962. San Guiberto di Gembloux (Guibert de Gembloux in francese) era di origine nobile, molto probabilmente figlio di uno dei più ricchi membri dell’aristocrazia militare della Lotaringia (un territorio autonomo nato poco prima della metà del IX secolo dalla divisione dell’antico impero di Carlo Magno tra i tre eredi di Ludovico il Pio). Guiberto nacque a Gorze,nell’attuale Lorena francese, nell’anno 892, in seno a una delle più potenti famiglie della regione. In virtù delle sue origini nobili, si impegnò sin dalla gioventù nell’esercizio delle arti della guerra, distinguendosi in particolare per il suo coraggio e il suo valore, suscitando ammirazione dei suoi commilitoni e terrore nei suoi avversari.



Dopo aver partecipato a numerose campagne militari agli ordini dell’imperatore Ottone, la fede lo illuminò e gli fece prendere coscienza della vita violenta condotta sino ad allora. Guiberto, in preda a una profonda crisi di coscienza, supplicò l’imperatore Ottone di esonarlo dal servizio militare e di concedergli di trascorrere un periodo in preghiera, per espiare i suoi peccati e ricongiungersi con il Salvatore. L’imperatore Ottone, memore del valore del suo soldato, non solo gli concesse il permesso di ritirarsi, ma lo esortò a fondare un monastero, finanziandolo economicamente. In questo modo, grazie all’appoggio imperiale, San Guiberto fondò un piccolo monastero nell’area di Gembloux, che aveva ereditato dal padre. Il monastero venne progressivamente ingrandito e dotato di robuste fortificazioni per proteggerlo dalle incursioni dei barbari slavi, che in quegli anni compivano spesso violente scorrerie spingendosi ben oltre la Mosella.



Il monastero di Gembloux adottò rapidamente la regola di San Benedetto da Norcia, rappresentata in maniera emblematica dal motto “Ora et Labora”, prega e lavora. In virtù di questa regola, i monaci di Gembloux si misero sin da subito all’opera, permettendo al monastero di prosperare e di conquistare un potere sempre maggiore. Nel 946, circa un decennio dopo la sua fondazione, il monastero di Gembloux ottenne dall’imperatore Ottone il privilegio di coniare la propria moneta: un segno inequivocabile del potere raggiunto dai monaci di San Guiberto. I monaci si impegnarono, per volere di San Guiberto, nell’assistenza alle popolazioni locali e nella loro difesa contro le scorrerie dei barbari invasori: varie volte le porte del monastero vennero aperte ai contadini in fuga, e migliaia si salvarono da una morte atroce grazie alle robuste mura che cingevano il complesso religioso.



 Al tempo stesso, i monaci di Gembloux furono attivi missionari presso gli invasori ungari e slavi, che si stanziarono nel Brabante dopo l’ultima grande invasione, avvenuta nell’anno 954. Con un grandissimo zelo missionario, animati da San Guiberto, i religiosi convertirono alla fede cristiana decine di migliaia di pagani slavi e ungari che, una volta abbracciata la nuova religione, accettavano di sottomettersi ai comandamenti divini e smettevano di sottoporre a violenze e angherie la popolazione indifesa delle campagne.

Il 23 maggio del 962, san Guiberto di Gembloux si spense nella pace del Signore, all’età di circa settant’anni. San Guiberto di Gembloux venne canonizzato dopo circa centocinquanta anni, precisamente nell’anno 1211: la sua memoria viene celebrata il 23 maggio, anniversario della sua morte. La maggior parte delle informazioni riguardanti San Guiberto provengono dalla sua biografia, scritta nel corso dell’undicesimo secolo da Sigebert di Gembloux, monaco dell’abbazia fondata dal santo. Sigebert fu uno degli scrittori più apprezzati in epoca medievale.