Governo a rischio: una vice ministra scivola su una minestra. Insomma è scoppiato un bel bubbone, che avrà strascichi lunghissimi: “In Italia si è smesso da tempo di mangiare bene, purtroppo”. Le parole non sono di un commentatore di Tripadvisor, ma della sottosegretaria al Turismo e alla Cultura, al secolo Ilaria Borletti Buitoni che ha rilasciato un’intervista a Panorama, corredata dalla reazione piccata di una decina di grandi chef che hanno rimandato il disprezzo ministeriale al mittente e a quasi tutta la genie della politica. Ma la Borletti, che dichiara di frequentare le trattorie umbre e il ristorante Tosco Romagnolo di Paolo Teverini a Bagno di Romagna ha pure articolato il suo pensiero dicendo: “Siamo corsi dietro alle mode, ai francesi, allontanandoci dalla nostra idea di cucina”. Si ma quando? Nell’Ottocento, allorché i Savoia a corte imitavano i banchetti francesi? Oppure si riferisce – lo suggeriamo noi – alla nouvelle cuisine che arrivò in Italia trent’anni fa? Dopodiché dove sarà andata a mangiare l’esponente di Scelta Civica che oggi avrebbe la responsabilità di valorizzare cultura e turismo del nostro paese?
Le prime reazioni non si sono fatte attendere, a cominciare dall’Associazione dei Ristoranti del Buon Ricordo che ha scritto un comunicato o dai due conduttori di Decanter che senza mezzi termini hanno candidato Gualtiero Marchesi a senatore a vita. In Francia lo avrebbero già fatto, ma soprattutto non si sarebbero mai sognati, neanche l’amministratore di un condominio, di fare una dichiarazione tanto tafazzista, in un Paese che fra meno di due anni ospiterà l’Expo. Già l’Expo, che avrà come tema proprio l’alimentazione, evocato da Enrico Letta nel suo discorso inaugurale, accanto agli ingredienti della positività del nostro Paese, come appunto il turismo e l’enogastronomia. Ha pronunciato proprio queste parole il premier, sentendosi poi rimbeccare da un grillino che gli ha detto: nel suo discorso mancavano soltanto le ricette di cucina. E la Borletti che fa? Dà man forte a quel sarcasmo, ma soprattutto smentisce il capo del governo che lei stessa rappresenta. E lo fa con un giudizio tra il gratuito e lo snob, come quel bambino ricco che buttò via le salsicce che gli aveva dato in dono il bambino povero, per un favore ricevuto. Che brutta uscita, incomprensibile per un rappresentante del Governo, assolutamente non vera e non aggiornata.
La cucina italiana in verità ha ritrovato la sua identità, esattamente da sette anni, da quando una nuova generazione di cuochi, i quarantenni di oggi per capirci, ha scelto la strada dei prodotti del proprio territorio sfoderando una straordinaria capacità di interpretazione e di creatività. Ed è per questo che i nostri cuochi girano il mondo, e nel mondo, vengono rispettati come chi fa un mestiere serio, importante, che alimenta il mito del proprio Paese. Vagli a dire, adesso, a questi cuochi, ma non solo a loro, ma alle migliaia di famiglie che vivono su quella microimpresa che è il ristorante che forse credevano di vivere in un Paese serio.
Eh si, perché non può essere serio un Paese che mortifica una delle poche cose positive che ci vengono riconosciute. Se poi il nome della sottosegretaria fa anche Buitoni (nome di una pasta celebre che il marito ha venduto al gruppo De Benedetti), l’unione delle due cose diventa ancora più esplosiva. Questa dichiarazione, che subito è rimbalzata sui blog e i social network, probabilmente andrà anche altrove, laddove la cucina italiana è un mito, che ora rischia d’essere scalfito da una dichiarazione ritenuta autorevole, ancor più se rilasciata a un importante settimanale nazionale che non è proprio il bollettino parrocchiale.
A questo punto che succederà? I casi sono tre. Il primo si rifà alla legge del “parlatene bene, parlatene male purché ne parliate”. E su questo fronte la Borletti Buitoni potrebbe uscirne come una che ha gettato un sasso nello stagno per far parlare di un nostro primato. Piano B: la sottosegretaria chiede scusa, dicendo che è stata fraintesa e che non voleva dire esattamente quello. E sarebbe una bella lezione di stile che regala all’opinione culinaria una posizione di vantaggio. Piano C: la nostra resta indifferente, pensando che prima o poi la cosa andrà a cadere. E questa è forse la peggiore delle posizioni, anche perché siamo ancora tutti memori di quando Rosi Bindi, ministro della Sanità, propose di mettere sulle etichette del vino la scritta “Nuoce alla salute”. Ci fu una sollevazione popolare. Ma del resto cos’altro potrebbe accadere in un paese dove lo suocero querela la nuora perché fa male gli agnolotti e la notizia si guadagna la prima pagina del Corriere della Sera di inizio settimana? Meditate sottosegretari, meditate.
P.S. Dopo aver scritto questo pezzo, abbiamo appreso dal sito http://ilariaborletti.it/la-mia-vera-opinione-sulla-cucina-italiana/ un post della diretta diretta interessata che ha scelto per l’auspicabile nostra opzione B, che in verità le rende onore. E citando l’Expo, lancia gli Stati generali della Ristorazione Italiana.