Oggi si ricorda San Filippo Neri, morto il 26 maggio del 1595, a Roma per una grave emorragia. Nato a Firenze il 21 luglio 1515 in una famiglia benestante, il padre esercitava la professione di notaio. Fin da bambino Filippo dimostrò una grande attitudine per la cultura e ricevette la sua educazione presso il Convento di San Marco evangelista, un tempo diretto da Girolamo Savonarola.
Lo spirito culturale del ragazzo conviveva con un animo vivace; si narra infatti che all’età di soli 8 anni, dopo aver fatto cadere la sorella dalle scale, tentò di cavalcare un asino che lo scagliò sul fondo di un pozzo. Una sorta di contrappasso che però non gli costò, con meraviglia di tutti, nemmeno un graffio.
A 18 anni Filippo si recò a Cassino presso la casa di uno zio per apprendere la professione di commerciante. Fu qui che inizò a sentire la sua vocazione religiosa e così nei pressi di Gaeta costruì una piccola cappella su una roccia chiamata Montagna spaccata, che ancora oggi è visitabile dai fedeli.
Dopo la morte dello zio decise di recarsi a Roma come pellegrino, dove rimase in qualità di precettore dei figli della famiglia Caccia. Nonostante la sua professione, Filippo conduceva una vita molto morigerata e caratterizzata unicamente da studio, digiuno, restrizioni e opere di carità negli ospedali romani. Si racconta che la prima prova della sua santità si ebbe durante una messa di Pentecoste in cui il cuore cominciò a tremargli nel petto e a emettere uno strano calore. Dopo la sua morte i medici confermarono un’anomala dilatazione delle costole.
Filippo abbandonò la casa dei Caccia per vivere nelle strade di Roma dove offriva conforto e assistenza ai dimenticati da Dio e ai ragazzi di strada. Si racconta di come chiunque avesse cercato di farlo cadere in tentazione, fosse rimasto deluso dalla grande forza morale dell’uomo che pure viveva di stenti. All’età di 35 anni divenne sacerdote e poté così continuare la sua attività di carità all’interno della Chiesa Romana. La sua più grande opera fu la creazione della Congregazione dell’Oratorio, dove Filippo insegnava ai ragazzi di tutte le estrazioni sociali la fede e la preghiera, unite al divertimento e alla gioia di stare insieme.
Proprio un suo allievo dell’oratorio, il principe Paolo Massimo, in punto di morte, fu protagonista di un altro evento straordinario attribuito al santo. Filippo arrivò infatti al capezzale del ragazzo quando ormai era già morto; tuttavia si racconta di come egli si risvegliò per dire a Filippo che moriva sereno perché si sarebbe ricongiunto con i suoi cari. Dopo aver ricevuto così la benedizione da Filippo, il ragazzo si addormentò definitivamente. Negli ultimi anni di vita, Filippo Neri convinse Papa Clemente VIII a riconciliarsi con Enrico IV di Francia, uno degli eventi più importanti per la storia della Chiesa.
Filippo Neri, dopo una lunga e dolorosa malattia che tuttavia non gli impedì di professare la sua fede, morì a Roma il 26 maggio del 1595. Dopo essere stato proclamato santo nel 1622, Filippo Neri è stato definito il santo della gioia, il patrono dei giovani, il buffone di Dio e il secondo apostolo di Roma.
Filippo Neri era infatti divertente e creativo, amava circondarsi di giovani a cui, tra una barzelletta e l’altra, insegnava i precetti della fede cristiana. Famosissima è la sua frase in dialetto romanesco: fate i buoni, se potete