Anzitutto i fatti. Sabato scorso, ai funerali di don Gallo, Vladimir Luxuria si è presentata di fronte al Cardinal Bagnasco, in fila tra gli altri fedeli, per ricevere la Comunione. Luxuria, transgender ed esponente della sinistra bertinottiana, da sempre su posizioni anticlericali e offensive nei confronti della Chiesa, ha così ricevuto il pane degli angeli in diretta streaming sul sito del Secolo XIX affermando, queste le sue parole, che tale gesto possa essere “l’inizio di un’apertura” da parte della Chiesa al mondo trans, gay e lesbo. 



Apriti cielo. Dopo questo fatto, e queste dichiarazioni, è iniziato il can can mediatico e dappertutto, specie sui social network, sono fioccate le prese di posizione tra chi considera il gesto di Luxuria una provocazione, nella quale perfino il Cardinal Bagnasco è cascato, e chi vede in questa “vittoria” l’inizio della caduta del muro di Berlino nella Chiesa di Papa Francesco, con inesorabili svolte verso la concessione della Comunione ai divorziati risposati e, udite udite, l’avvallo della Chiesa ai matrimoni omosessuali o – addirittura – all’ideologia del gender. 



Guardando questa vicenda da casa, e non dallo stadio degli ultras guelfi e ghibellini, direi che anzitutto va tutto il nostro rispetto e la nostra solidarietà al Cardinal Bagnasco, un uomo intelligente e di fede che Dio ha donato alla Chiesa in questi tempi difficili e movimentati. Nessuno mette “nel sacco” il Cardinale e, anche questa volta, chi lo crede – oltre a insultare l’intelligenza di Sua Eminenza – dimostra quale sia la vera emergenza del cattolicesimo italiano. Per chi non se ne fosse accorto, infatti, in Italia oscilliamo tra un cristianesimo ignorante della propria dottrina e desideroso di diventare “alla moda” e un cristianesimo che ha fatto dell’ortodossia un muro a cui lapidare, giorno dopo giorno, i traditori della fede. Ovviamente questo non giova a nessuno, tanto meno alla Chiesa. Il quadro è completato da una teologia che passa dall’avere paura di cambiare anche una parolina del suo pensiero (per timore di cadere in eresia) ad un’altra teologia che se ne frega delle parole e si inventa modi per diventare “sexy” agli occhi del mondo intellettuale contemporaneo. 



Mai come in questo caso, infatti, è evidente che abbiamo bisogno di una generazione di teologi che sappiano riproporre il senso e il gusto delle parole cristiane della Tradizione ai fratelli uomini, senza paure né inquietanti fughe in avanti. Equiparare la Comunione a Luxuria con quella ai divorziati risposati e definire la prima un terribile affronto al dolore dei secondi significa, lo dico sottovoce, non sapere né che cos’è l’eucaristia, né che cos’è il matrimonio, né come la Chiesa guardi al mondo trans, gay e lesbo. 

Ogni battezzato, qualunque sia il suo percorso di vita, puó accostarsi all’Eucarestia tranne che nel caso il suo comportamento lo abbia reso responsabile di una distanza tra i propri gesti di uomo e il gesto con cui Cristo si dona alla Chiesa. Questo non vuol dire che chi fa la Comunione è più bravo di chi non la puó fare: la Chiesa non giudica le persone, ma gli atti e chi interrompe il legame matrimoniale, contraendone un altro, interrompe il dono di sé che Cristo fa alla Chiesa e quindi non puó più riceverne il frutto più grande, l’Eucarestia. 

Questo non vuol dire che uno è cattivo, ma che si è reso responsabile di una rottura privata che ha rilevanza pubblica: se tu rompi il matrimonio, rompi l’ostia. Matrimonio e ostia, infatti, sono la stessa cosa: l’uno vincolo oblativo tra due persone, l’altro vincolo oblativo tra Dio e la Chiesa. Ovviamente se questa rottura non implica una nuova unione o una convivenza con una terza persona, non si puó parlare di rottura vera e propria, ma solo di una lesione che non impedisce automaticamente la partecipazione all’Eucarestia. Ma qui si entra in una serie di casi che non è utile adesso affrontare. 

Luxuria è una persona che non ha fatto scelte matrimoniali di questo tipo. Ha certamente tenuto in passato posizioni arrabbiate contro la Chiesa, posizioni che forse in coscienza potevano suggerirle di non seminare provocazioni a cielo aperto, ma chi puó dire che, scossa dalla morte dell’amico don Gallo, non si sia confessata e rimessa in stato di riconciliazione con la Chiesa? Poteva forse il Cardinale giudicare una persona dal sentito dire? No, non poteva. E non l’ha fatto. Perché il Cardinale è un pastore, un uomo di Dio, che non va in giro a giudicare chicchessia solo per difendere la propria “ditta”. “Un vero ingenuo” qualcuno penserà, “un ingiusto” qualcun altro gli farà eco. No. Un Vescovo. Un uomo che sa che la Chiesa non la guidano le strategie mediatiche, ma Gesù Cristo e il Vangelo. Scandaloso, vero? Sì. E a noi cristiani dare scandalo piace proprio tanto. Ce lo ha insegnato il Maestro.