Il 10 giugno la Chiesa Cattolica venera la memoria di San Massimo d’Aveia, martire abruzzese vissuto nel III secolo. San Massimo nacque nell’anno 228 ad Aveia Vestina, antica città romana situata nella Conca Aquilana, all’interno dell’antica IV Regio Augustea, nei pressi dell’attuale Fossa (L’Aquila). Di umili origini, san Massimo crebbe in seno a una famiglia cristiana, che lo fece battezzare e gli insegnò i valori del Cristianesimo. Grazie al suo talento eccezionale, san Massimo poté attirare l’interesse dei membri più influenti e facoltosi della comunità cristiana, che gli permisero di studiare. In quegli anni, l’Impero Romano era sconvolto da violente guerre civili, che opponevano i principali generali in lotte sanguinose per la conquista del potere: era il periodo dell’Anarchia Militare, che durò dall’anno 235 (morte dell’imperatore Massimino il Trace) sino all’anno 284 (ascesa al trono dell’imperatore dalmata Diocleziano). In quegli anni difficili, gli imperatori romani avevano un potere estremamente precario e, per aumentare il loro prestigio e saziare la fame di bottino e ricchezze dei loro soldati, li scagliavano contro le fasce più deboli della popolazione: i Cristiani. Nell’autunno del 249, l’imperatore Decio avviò una violenta e feroce persecuzione, che colpì duramente il Cristianesimo e ne mise a rischio la stessa esistenza. San Massimo, denunciato da alcuni concittadini, venne trascinato di fronte al magistrato romano, che lo interrogò ripetutamente. Di fronte alle lusinghe del magistrato, san Massimo si mantenne fermo e ribadì varie volte la sua fede in Gesù Cristo, rifiutandosi di rinnegarla. Il magistrato, impietosito dalla sua giovane età, cercò in tutti i modi di convincerlo ad abiurare per salvarlo, proponendogli di offrire un semplice sacrificio agli idoli pagani per essere mandato nuovamente presso la sua famiglia. Di fronte alla grande resistenza di san Massimo, il magistrato ordinò di sottoporlo a tortura, interrompendola solamente per chiedergli se fosse ancora convinto di voler mantenere la sua fede. In un ultimo disperato tentativo di salvargli la vita, il magistrato romano gli offrì in sposa la sua bellissima figlia e una ricca dote, che gli avrebbe consentito di vivere agiatamente il resto della sua vita: l’unica condizione era quella di abiurare la sua fede e di offrire un sacrificio agli dei e all’imperatore. Vista l’impossibilità di piegare san Massimo con le lusinghe, con le minacce, con le promesse di denaro e potere, con la tortura, il magistrato romano diede ordine di uccidere il giovane, facendolo gettare dalla torre che dominava la città (la Torre del Tempio), posta di fianco a una profonda rupe. Probabilmente a causa di questo esempio tanto importante di fermezza e di fede, la città di Aveia divenne dopo pochi anni sede episcopale. Nel corso della seconda metà del VI secolo, durante l’invasione dei Longobardi di Alboino e la loro guerra contro i Bizantini, la città di Aveia venne espugnata dagli invasori e completamente rasa al suolo. Le reliquie di san Massimo d’Aveia vennero quindi trasportate a Forcona. Il 10 giugno del 956, le due più importanti personalità dell’epoca – papa Giovanni XII e l’imperatore Ottone I di Sassonia – si recarono in pellegrinaggio a Forcona per venerare le reliquie del santo: per questa ragione, in questa data si celebra la festa di san Massimo d’Aveia.
Nel 1256, le reliquie del santo vennero trasportate nella città dell’Aquila, fondata pochi anni prima per volere dell’imperatore Federico II di Svevia per opporsi ai potenti baroni feudali che dominavano l’Abruzzo in quell’epoca. Le reliquie vennero tumulate all’interno della cattedrale cittadina, che venne intitolata a san Massimo d’Aveia e a san Giorgio. San Massimo d’Aveia, da allora, è il santo protettore della città dell’Aquila e la sua effigie è presente anche nello stendardo civico del comune. Viene venerato in gran parte dell’Abruzzo e, secondo un’inchiesta eseguita dalla Conferenza Episcopale Italiana nell’anno 2006, san Massimo d’Aveia è uno dei santi della Penisola più popolari.