Ieri il Parlamento ha discusso ben nove mozioni sull’obiezione di coscienza, una per ogni partito. Il Governo, concentrandosi pressoché esclusivamente sugli impegni proposti da ogni mozione, ha dato parere favorevole a tutte, applicando il concetto di obiezione sostenibile elaborato recentemente dal Comitato nazionale per la bioetica. Il CNB infatti ha sottolineato che l’obiezione di coscienza deve essere esercitata in maniera «sostenibile», nel rispetto dei principi di legalità e di certezza del diritto (art. 54 della Costituzione), oltre che dei diritti spettanti secondo la legge. Di fatto la maggioranza delle mozioni convergevano su questi due punti: rispetto del diritto individuale all’obiezione e applicazione della 194 nel suo complesso.



L’anomalia è stata quella del gruppo di Scelta civica che ha presentato due mozioni, una a prima firma Binetti e prevalentemente centrata sul diritto all’obiezione di coscienza come segno alto e forte di libertà personale e l’altra a prima firma Tinagli, più attenta a garantire l’interruzione di gravidanza nelle diverse forme attualmente possibili. Entrambe hanno avuto parere favorevole del Governo, ma l’Aula ha votato favorevolmente solo la mozione Tinagli. Questo fatto ha contribuito ad evidenziare tre aspetti molto concreti. Il primo riguarda lo spirito stesso con cui SEL ha introdotto il dibattito sull’obiezione di coscienza: non tanto per tutelare il diritto alla libertà di esprimere il proprio dissenso, quanto per garantire e facilitare il ricorso all’aborto. A questa interpretazione si sono attenute la maggioranza delle mozioni, sia pure con sfumature diverse. Si dice che la legge 194 prevede scelte individuali e responsabilità pubbliche e si aggiunge che l’obiezione di coscienza è un diritto della persona ma non della struttura, che avrebbe l’obbligo di garantire l’interruzione di gravidanza. Il diritto all’obiezione di coscienza riveste particolare importanza in relazione all’interruzione volontaria di gravidanza per le sue profonde ricadute sulla vita del soggetto abortito, sulle donne che abortiscono e sulla funzionalità del servizio sanitario nazionale. L’ultima relazione sullo stato di attuazione della legge parla di un 69,3 per cento di ginecologi che si dichiarano obiettori di coscienza.



L’elevato numero di Obiettori di coscienza viene spesso utilizzato come argomento per parlare di inapplicazione della legge 194, sostenendo che abbia effetti negativi sia per il funzionamento degli ospedali, sia per le donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza. L’allungamento dei tempi di attesa creerebbe maggiori rischi per la loro salute e maggiori rischi professionali per i non obiettori, costretti loro malgrado ad una intensa, e non sempre ottimale, pratica clinica.

L’idea che si va affermando in alcuni ambienti è che il “diritto” della donna ad interrompere una gravidanza indesiderata, e quello del personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza dovrebbero convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. In realtà mentre sussiste un diritto all’obiezione di coscienza, non sussiste affatto un diritto all’aborto, che non è né potrà mai essere un diritto! Per questo potrebbe perfino non stupire quel numero “esorbitante” di medici obiettori che esercitano un loro naturale diritto a cui nessuno può chiedere di rinunciare.



Lo scopo dichiarato della 194 non è quello di garantire il diritto di aborto, ma piuttosto quello di prevenire l’aborto. Nata per arginare la pratica degli aborti clandestini, dovrebbe attuare una seria politica di contrasto al ricorso indiscriminato all’aborto attraverso interventi di aiuto mirati alla tutela della donna e del nascituro. E’ l’interpretazione ripetutamente formulata dalla Corte costituzionale, che ritiene l’Ivg una risposta ad uno stato insuperabile di necessità e non esercizio di un diritto di scelta della donna. Coloro che chiedono di restringere il numero dei medici obiettori fanno confusione tra la possibilità di abortire legalmente e la circostanza che non tutti gli ospedali sono in grado di garantire il servizio. Questo non implica che il servizio sia negato alle donne! La Mozione Binetti ed altri, sottolineando come la stessa 194 tuteli pienamente il diritto all’obiezione di coscienza intendeva riconoscere il valore della vita e in tal senso sollecitare una piena applicazione della prevenzione dell’aborto, anche attraverso forti e concrete politiche sociali.