“O si è felici o si è complici”. È questo lo slogan delle manifestazioni in programma a Palermo dal 14 al 22 giugno per il Gay pride 2013. La frase è di Nino Gennaro, un intellettuale siciliano nato a Corleone, drammaturgo, poeta, regista, attore, “simbolo delle battaglie per i diritti civili e per il rispetto dell’omosessualità”, come spiegano gli organizzatori.
Lo slogan, nella sua inevitabile stringatezza, pone già una alternativa, una sorta di aut aut che rischia di approfondire un solco che gli organizzatori hanno finora tentato di colmare, presentando la manifestazione all’insegna del rispetto dei diritti.
Il Comitato nazionale ha voluto “lanciare un messaggio forte” alla politica e alle istituzioni della Repubblica “perché il Paese possa aprire le porte ad una vera riforma di cittadinanza e di pari opportunità per tutti”, con una importante sottolineatura, “che i diritti non devono cedere il passo alle emergenze economiche, ma che invece costituiscono la necessaria base per progettare qualsiasi forma di sviluppo”.
È bastata la presenza della presidente della Camera, Laura Boldrini, e della ministra per le Pari opportunità, Josefa Idem, venerdì a Palermo al convegno “I diritti Lgbt sono diritti umani” per scatenare le reazioni, innanzitutto quelle di vari parlamentari nazionali.
Alessandro Pagano ha definito tale presenza “inopportuna”, Carlo Giovanardi vi ha aggiunto anche la parola “sbagliata”, e Maurizio Gasparri ha inteso distinguere: “Una cosa è contrastare le discriminazioni delle persone omosessuali, altra partecipare a volgari carnevalate”. Mentre per Roberto Formigoni la presenza del ministro a Palermo “abbatte la credibilità del Governo”.
Ma il novero dei personaggi che hanno assicurato la loro partecipazione non si ferma a questi soli nomi. Occorre aggiungere quello di Maria Grazia Cucinotta, che sarà la madrina, insieme a Eva Riccobono, Barbara Tabita, Youma Diakite, Vladimir Luxuria. Vi saranno poi altri esponenti della cultura e dello spettacolo, fra cui Emma Dante e Victoria Cabello, ma soprattutto i rappresentanti delle istituzioni locali, Comune e Regione.
E qui il discorso si fa serio perché, soprattutto per chi abita in Sicilia e a Palermo, la notizia che il Presidente della Regione, Rosario Crocetta, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, prenderanno parte alla manifestazione ed hanno concesso significativi contributi con i soldi dell’erario pubblico, ha fatto storcere il naso a più d’uno.
Chi è andato giù pesante è Nelli Scilabra, studentessa universitaria fuoricorso, nominata otto mesi fa da Crocetta assessore regionale alla istruzione e alla formazione professionale, che ha dichiarato: “Non possiamo limitarci all’indignazione, è il momento di metterci la faccia. Per questo chiediamo al nostro partito (il Pd) di impegnarsi per l’immediata approvazione di un testo contro l’omofobia e di promuovere una legge in favore del riconoscimento dei matrimoni omosessuali”.
Il sindaco Orlando ha definito il Pride “un respiro di cittadinanza … un mosaico formato da una serie di cocci di colore diverso: il collante deve essere l’uguaglianza”.
Il presidente Rosario Crocetta, che non ha mai nascosto la sua omosessualita, è stato ancora più esplicito: “La nostra è una battaglia per una società fuori da qualsiasi ghetto. Sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso – ha detto – bisogna capire se stiamo con la Francia, l’Inghilterra, la Germania, la Spagna, la Svezia o con la Lituania. L’Italia deve capire se è uno Stato moderno e occidentale o se è il fanalino di coda dei diritti. In Italia si parla di unioni civili e non di matrimonio – ha precisato – chi decide di regolare la propria storia, perché non dovrebbe farlo? Si tratta comunque di una possibilità, non di un obbligo”.
Per il presidente siciliano, “se il Governo e il Parlamento vogliono essere fedeli alla Costituzione, devono rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza, varando leggi contro l’omofobia, che sanciscono le unioni civili e contro ogni discriminazione. Il Paese è maturo, vari le leggi che rafforzino la democrazia”.
Né va dimenticata l’immancabile precisazione formale dell’assessore Scilabra: “Sarò presente il 20 giugno al Village del Pride, ai Cantieri Culturali della Zisa, insieme al presidente Rosario Crocetta e a tanti giovani siciliani. Successivamente parteciperò alla parata del 22 giugno insieme a tanti studenti universitari. Ho sentito il dovere di esserci, non in qualità di assessore, ma come giovane donna di 29 anni”.
Certo che se coloro che su internet hanno espresso il loro dissenso alle affermazioni e alle decisioni di Orlando e Crocetta avessero potuto godere dello stesso rilievo mediatico che hanno avuto quelle del sindaco e del presidente della Regione forse il dibattito avrebbe cambiato tono e ora sarebbe più facile smascherare il vero obiettivo che si nasconde dietro questa “battaglia per i diritti”.
Nessun cittadino avveduto, infatti, potrebbe opporsi a tutto ciò se questo fosse vero. Il pride palermitano è una tappa di ulteriore avvicinamento a quel disegno di egemonia culturale che passa accidentalmente da Palermo, ma viaggia su strade ben più internazionali, che hanno visto un punto di snodo importante nella Francia di Hollande. La lotta all’omofobia è il cavallo di Troia per giungere − anche con il sostegno di una legislazione adeguata − alla affermazione di una cultura di genere, come condizione naturale dell’esistenza umana. Ciò che è in gioco è una rivoluzione antropologica che vuole mettere al centro l’uomo, dopo averlo privato di qualunque punto di riferimento e di giudizio, non ultimo quello cristiano, per consentirgli di dare corso a tutti i suoi istinti e a tutte le sue fantasie.
Per comprendere dove potrà giungere questa deriva citiamo due fatti: uno dalla lontana Australia e una dalla vicina Palermo.
Norrie May-Welby è la prima «persona neutra» al mondo. Dopo tre anni di battaglia legale, la Corte d’appello del Nuovo Galles del sud (Sidney) ha annullato l’obbligo di registrare una persona negli atti legali come uomo o donna. Sulla carta di identità, certificato di nascita, morte e matrimonio oltre a maschio o femmina chiunque potrà richiedere la dicitura “imprecisato” nel campo “sesso”.
Le coppe omogenitorali sono in Sicilia circa 25. Tra esse quella di Maria e Giuseppina (nomi inventati), insieme da 14 anni che hanno deciso “di darsi un progetto di vita”, cioè di fare un figlio insieme. Come? Semplice: viaggio in Belgio, inseminazione di una delle due e ritorno a casa. Dopo nove mesi, il parto.
Chi le ha intervistate ne ha riportato un giudizio di serenità e di felicità. Due notazioni però colpiscono. Come sono giunte alla decisione di chi dovesse essere la mamma? Perché Maria piuttosto che Giuseppina? Semplice: perché una non fuma e l’altra sì; una non ha avuto malattie, mentre l’altra sì. Questo processo una volta si chiamava selezione della specie, oggi è una espressione di libertà. E quando la convivenza dovesse andare in fumo? Semplice: ciascuna per la sua strada, nessuno può far valere alcun diritto nei confronti dell’altra. Quel giorno, speriamo che mai accada, ciascuno farà trasloco: mobili, vestiti, libri e quant’altro. La differenza sarà che una delle due avrà pure una figlia da portare con sé.