È breve l’omelia di Francesco, come sempre! Anche quando le sue parole si pongono al centro e alla radice delle aspirazioni piú profonde dell’uomo, di ogni uomo. Il desiderio quasi assoluto di libertà, l’insaziabile sete di amore che ci accompagna in ogni istante, il valore della vita come dono e come compito e la ricerca di verità che ci spinge a cercare il senso delle cose, obbligandoci a misurarci anche con i nostri errori e le loro conseguenze.  



C’è tutto questo e molto di piú nelle parole con cui Francesco ci invita a ringraziare il Signore per il dono della vita e nello stesso tempo ci sollecita ad annunciare il Vangelo della Vita. Libertà e Amore, Vita e Dono di sé, diventano la bussola che può cambiare il nostro modo di orientarci in un mondo sempre più confuso, abitato da falsi idoli e dal nostro stesso egoismo, un mondo violento e senza Dio. “Il Dio Vivente ci fa liberi! Diciamo sì all’amore e no all’egoismo, diciamo sì alla vita e no alla morte, diciamo sì alla libertà e no alla schiavitù dei tanti idoli del nostro tempo; in una parola diciamo sì a Dio, che è amore, vita e libertà, e mai delude, a Dio che è il Vivente e il Misericordioso”. 



Queste parole creano un effetto di paradosso: come quando chiudiamo gli occhi davanti al sole che ci acceca con la sua luce, perché va oltre la nostra capacità di vedere e di capire. Francesco ci ricorda che è Dio il fondamento della nostra libertà e della nostra capacità di amare, che Lui è sempre Dio della vita e non della morte. Mentre Quando l’uomo vuole affermare se stesso, chiudendosi nel proprio egoismo e mettendosi al posto di Dio, finisce per seminare morte!” Il Papa nella sua catechesi domenicale si attiene rigorosamente ai brani della liturgia del giorno e per questo si sofferma sul racconto dell’adulterio del re Davide. “L’egoismo porta alla menzogna, con cui si cerca di ingannare se stessi e il prossimo. Ma Dio non si può ingannare”. Francesco nella sua omelia non parla esplicitamente del valore del matrimonio e della fedeltà coniugale; ma mostra gli effetti devastanti dell’infedeltà, che crea un cumulo di bugie e di menzogne nel vano tentativo di giustificarsi e di autoassolversi. 



L’amore negato giunge perfino a negare la vita, aggiumgendo colpa a colpa in un circuito di morte che sorprende per la scarna lucidità con cui la Sacra Scrittura lo racconta e Francesco lo riassume. Ma non è certo questa la fine della storia, perché ancora una volta “Il Dio misericordioso che vuole la vita e sempre ci perdona, lo perdona, gli ridona vita; il profeta gli dice: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai»”. 

È bastato che Davide riconoscesse: “Ho peccato contro il Signore!”, per ottenerne il perdono. Dio è misericordioso, lento all’ira e pronto al perdono, ma per questo è  necessario che l’uomo riconosca i suoi limiti, i suoi errori e le sue colpe. 

È la domanda incalzante che Francesco ci pone fin dagli inizi del suo pontificato: “Che immagine abbiamo di Dio? Forse ci appare come un giudice severo, come qualcuno che limita la nostra libertà di vivere. Ma tutta la Scrittura ci ricorda che Dio è il Vivente, colui che dona la vita e indica la via della vita piena. Colui che porta la vita, di fronte a tante opere di morte, di fronte al peccato, all’egoismo, alla chiusura in se stessi. Gesù accoglie, ama, solleva, incoraggia, perdona e dona nuovamente la forza di camminare, ridona vita”. È il cuore stesso del rapporto tra l’uomo e Dio: tra la fragilità dell’uomo e la misericordia di Dio; tra il rischio dell’uomo che è incapace di perdonare se stesso e per questo dubita del perdono di Dio, mentre Dio non dice mai di no e resta in paziente attesa del ritorno dell’uomo, come fa il Padre del Figliol prodigo, che tutti i giorni saliva sulla torre per scrutare l’orizzonte e sperare nel ritorno del figlio. La vita è anche e soprattutto perdono, come ben sanno le madri che tante volte tornano a generare i propri figli, perdonando, accogliendo e ricominciando…  

Non a caso nel passaggio successivo del suo discorso il Papa si concentra sulla donna, mettendo insieme la sua fragilità e la sua  magnanimità, il suo vissuto di peccatrice e la potenza del suo amore per il Signore: È l’esperienza della donna che unge con profumo i piedi del Signore: si sente compresa, amata, e risponde con un gesto di amore, si lascia toccare dalla misericordia di Dio e ottiene il perdono, inizia una nuova vita. 

La vita si genera solo nell’amore e nel perdono, ed è dall’amore e dal perdono che ci si sente costantemente rigenerati: è questa l’instancabile lezione di Papa Bergoglio, che si ostina con infinita pazienza a ricordarci come Dio sia sempre e solo il Dio della misericordia, perché un amore che non sappia perdonare non è amore e perché tutti noi abbiamo un infinito bisogno di saperci perdonati, e proprio per questo abbiamo bisogno di imparare a perdonare, senza mai dire basta!, senza rinchiuderci in noi stessi e nel circuito soffocante del nostro rancore e dei nostri inutili e amari desideri di rivalsa e di vendetta. 

Francesco ha ben presente però che troppo spesso le cose vanno in un’altra direzione e vuole metterci in guardia, senza spaventarci, ma senza neppure illudersi che la strada che ci indica sia facile: “Spesso – lo sappiamo per esperienza – l’uomo non sceglie la vita, non accoglie il ‘Vangelo della vita’, ma si lascia guidare da ideologie e logiche che mettono ostacoli alla vita, che non la rispettano, perché sono dettate dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal piacere e non sono dettate dall’amore, dalla ricerca del bene dell’altro. È la costante illusione di voler costruire la città dell’uomo senza Dio, senza la vita e l’amore di Dio: una nuova Torre di Babele

È l’eterno inganno del demonio, la sua costante tentazione rivolta a noi uomini fin dai tempi della creazione: “Pensare che il rifiuto di Dio, del Messaggio di Cristo, del Vangelo della Vita, porti alla libertà, alla piena realizzazione dell’uomo. Il risultato è che al Dio Vivente vengono sostituiti idoli umani e passeggeri, che offrono l’ebbrezza di un momento di libertà, ma che alla fine sono portatori di nuove schiavitù e di morte”. 

È l’anno internazionale della Fede, e nella giornata dell’Evangelium Vitae il Papa insiste per mostrare a tutti gli uomini come non c’è vita senza amore, non c’è amore senza perdono, non c’è perdono senza il riconoscimento dei propri errori e delle proprie colpe. Al Dio che è sempre disposto a perdonare nella sua infinita misericordia contrappone l’uomo chiuso nel suo egoismo e nella sua supponenza. L’uomo che si crede libero mentre è infelicemente schiavo dei suoi idoli, il primo dei quali è lui stesso con la sua affannosa ricerca di potere e di autoaffermazione. Eppure anche per questo uomo la porta è sempre aperta, purché scelga il coraggio della verità e riconosca il suo peccato.