A sedici anni vuoi fare una valutazione definitiva della tua vita, arriva il giorno del tuo compleanno e tu decidi che senza dubbio ne hai avuto abbastanza, proprio oggi e proprio adesso; perché se guardi indietro non vedi granchè, perché tutto quello che c’era è andato perso chissà dove. Di chi è stata la colpa adesso non è neanche più il caso di stabilirlo: della mamma sempre più distratta, del papà sempre più triste, e tu e tua sorella che trattenevate il fiato facendo finta di dormire durante i litigi di tutte le sere nella camera accanto, senza il coraggio nemmeno di dirvi una parola. Le frasi sibilate, gli scoppi di voci violenti, lo sbattere delle porte e il silenzio sempre più pesante.
Forse anzi è stata colpa tua, mai che tu sia riuscito a parlare almeno con tua sorella, così piccola e spaventata, né con la mamma, avresti potuto almeno chiederle che cosa pensava di fare distruggendo tutto, via da casa lei e voi. Con tuo padre neanche a parlarne, sempre così duro, mai un gesto d’affetto o che capisse per una volta cosa ti passava per la testa. Troppo silenzio, le parole troppo difficili da pronunciare che nessuno tra di voi ha avuto il coraggio di tirar fuori. E tutto ha cominciato a franare, la scuola, gli amici, niente che restasse fermo al suo posto. Una giornata da celebrare, proprio così, ma in modo che nessuno possa ancora negare quello che hai sofferto, che nessuno oggi si dimentichi di te. Il tuo viaggio arriva alla fine, così come scegli tu, un arco chiuso tra due date uguali, un altro messaggio a chi ti ha dato un inizio e poi ti ha lasciato solo.
Ma a chi resta da solo a guardarti non puoi chiedere di resistere: anche lui solo come te, senza nessuno, non hai capito che cosa contro natura è per un padre sopravvivere a un figlio. Meno dura, meno il mondo geme per l’incomprensibile. Le cose che non sai a sedici anni sono molte, saresti stupito di sapere cosa avresti potuto imparare. Su quanto un padre può arrivare a fare per suo figlio, per esempio, hai sicuramente sbagliato. Su quanto contavi per lui, no, non hai avuto ragione. Ma adesso sai che la disperazione che ti ha preso fino a farti cercare una corda è la stessa che lo ha spinto a impugnare la pistola; disposto a seguirti e a non lasciarti mai solo. Senza neanche sapere che ha finito per precederti, sempre per il peso delle cose non dette e non chieste, per non correre il pericolo di restare senza di te.
“Io resterò sempre accanto a te e non mi partirò mai più da questo palazzo della scura notte… qui scrollerò dalla mia carne stanca il tristo giogo delle avverse stelle” ( Romeo, atto V, ultima scena).