A Richard Dray, cittadino francese di 45 anni, è stato momentaneamente vietato avere contatti con il figlio dodicenne. L’uomo, separato, ebreo praticante, è accusato di aver usato parole considerate “pericolose” per il bene del figlio. Ecco cosa ha detto nel corso di una telefonata, registrata dai servizi sociali, con il ragazzo: “Non preoccuparti, perché tutto ciò che ci succede è una prova mandata da Dio da superare”. Non ci sarebbe bisogno di parlare di Dio nel 2013 a un ragazzo di 12 anni, gli hanno spiegato. Di conseguenza il giudice gli ha vietato di avvicinarsi al figlio e gli è stata tolta la patria potestà: “Non sono un fondamentalista” ha spiegato ai giornali francesi. Inoltre Dray, dopo che il figlio aveva avuto dei problemi comportamentali, era stato affidato alle cure di alcuni psicologi. Lui aveva detto di essere contrario e aveva chiesto il suo ingresso in un istituto privato. Al momento le autorità francesi non commentano il caso, che è valutato dalla Commissione Benessere dell’infanzia. Ilsussidiario.net ha chiesto al professor Massimo Introvigne di commentare il caso.
Come giudica la decisione di vietare a un padre di vedere il figlio perché gli ha parlato di Dio?
Per capire cosa è successo bisogna fare un salto indietro, agli anni 80. Allora in Francia si scatenò nell’opinione pubblica un forte dibattito dovuto a notizie di cronaca allarmanti nei confronti di cosiddette sette. Furono prodotti diversi documenti sulle sette in Francia e anche in Belgio, dando vita a una serie di istituzioni governative per la lotta contro le sette.
Ma l’ebraismo non è una setta.
Infatti l’uso della parola “setta” è molto dubbio. Sta di fatto che la lotta contro queste organizzazioni venne improntata nei due paesi all’insegna del laicismo, creando delle norme che dovevano combattere quello che venne chiamato “indottrinamento dei bambini”. Di cosa si tratterebbe? Di presunte pressioni sui minori attraverso la trasmissione di idee in grado di manipolarli. In particolare sul peccato, sull’inferno, sul male, sulla segregazione nei confronti della società circostante.
E cosa produsse questa lotta alle sette?
Successe che prima in Belgio, poi anche in Francia l’attenzione si portò anche sulle comunità ebraiche ortodosse. In Belgio ci fu un rapporto parlamentare se possibile ancora più controverso del primo, quello francese. Questo rapporto indicava esplicitamente tra le sette, oltre ad alcuni movimenti cattolici, anche comunità di ebrei ortodossi che in Belgio, specie in alcune zone, sono piuttosto diffuse. I toni usati furono anche molto forti, tanto che organizzazioni ebraiche americane protestarono ritenendo che si trattasse di antisemitismo. Da tutto questo si può capire che la nozione di setta si tira e si stira un po’ come si vuole, a seconda delle idee e delle convenienze.
La persona implicata in questo caso si è difesa dicendo di non essere un fondamentalista. Lui è ebreo, di solito si pensa al fondamentalismo quando si parla dell’islam.
La parola fondamentalismo fa parte di una categoria scientifica che può essere usata anche come manganello per colpire chi non ci è simpatico. Nell’ebraismo ci sono certamente forme ortodosse che sono molto chiuse e molto rigorose e anche molto negatrici della distinzione fra fede e ragione, quindi assomigliano al fondamentalismo. Senza dimenticare che la parola fondamentalismo non è stata inventata per l’islam ma lo è stata, alla fine dell’Ottocento, per i cristiani protestanti, o almeno per alcuni di essi. Più o meno un secolo dopo si è cominciata a usarla per riferirsi all’islam.
Per quale motivo nacque questo termine?
A quell’epoca vennero diffusi alcuni opuscoli che si chiamavano i “Fundamentals”, in cui i protestanti che rifiutavano l’evoluzionismo biologico darwiniano si separavano dagli altri protestanti. Fondamentalismo di fatto non è una parolaccia, è un atteggiamento che nega la distinzione fede e ragione e tra religione e politica e in questo senso lo possiamo vedere in tutte le religioni, forse un po’ meno nel cattolicesimo, proprio perché nasce dalla distinzione fra fede e ragione. E’ una categoria del protestantesimo ma si può applicare a tutte le religioni.
I servizi sociali francesi hanno comunque detto a quel padre che parlare di Dio a un bambino di 12 anni è contrario al loro principio educativo.
Credo sia una dichiarazione un po’ estemporanea che non ritroviamo nei documenti di indirizzo alla lotta all’indottrinamento dei bambini negli atti anti setta. Ma sottolineo: tutto questo atteggiamento viene da questa politica, che oggi in Francia è portata avanti da una istituzione della presidenza del Consiglio dei ministri: si chiama Missione di vigilanza e lotta contro le derive settarie. Si tratta dunque di capire cosa si intende per “derive settarie” in uno stato laico, che non può ovviamente usare categorie teologiche, tantomeno in uno stato ultra laico come quello francese. Alla fine si tende a considerare setta qualunque ambiente in cui ci sia un pensiero forte, e a giudicare anche l’educazione dei bambini come un pensiero forte.