Ieri a Gorgonzola, in provincia di Milano, Beatrice Papetti, 16 anni, è morta investita da un’auto pirata. Il papà di Beatrice, Nerio, era uno dei soccorritori (ndr).
No , non mi sono fermato. Sì, andavo troppo veloce; ma la strada era deserta, in mezzo ai campi, senza illuminazione, perché uno dovrebbe andare di sera su una strada simile e in bicicletta anche, e non lungo la strada, ma addirittura attraversarla.
E poi in due, uno dietro l’altro, in modo che uno dei due lo prendi per forza; ho frenato, ma non abbastanza, la bicicletta della ragazza l’ho presa in pieno e lei è volata sopra il cofano, quasi senza rumore ma poi è caduta male, mi sono accorto subito che era caduta male. Non si è sentita nessuna voce, nessun grido, ma solo lo schianto metallico della bicicletta; ho sterzato per liberarmene, ce l’avevo sotto le ruote; poi ho accelerato a fondo.
Stasera forse non ci sono chiamate, e ce ne stiamo a riposo; io leggo il giornale, i ragazzi chiacchierano o stanno in branda.
D’altronde è martedì, i turni peggiori sono nel fine settimana. Sto diventando vecchio, probabilmente, perché già da un po’ mi assegnano questi turni poco impegnativi; portiamo qualcuno al pronto soccorso, rassicuriamo qualche vecchietto, non tanto di più. Io d’altronde guido, e a parte qualche corsa, passo del gran tempo nel parcheggio delle emergenze ad aspettare che tornino gli altri.
Sì, avevo bevuto: neanche tanto, ma se mi fossi fermato sarebbe bastato per complicare le cose con qualche vigile puntiglioso. Non ubriaco, questo no, sai quando ti distrai soltanto, sei un po’ perso, non concentrato; diciamo che non pensi a quello che stai facendo, ma fai conto che io sono bravo a guidare, ci mancherebbe, sono un esperto, sono un sacco di anni che guido.
Vero che mi pesa sempre più rimanere indifferente agli incidenti “del sabato sera”, che definizione stupidamente neutra, dovrebbero vedere cos’è un incidente in macchina, quando la macchina non capisci neanche più che modello è e i ragazzi non possono fare altro che stare inginocchiati vicino alle lamiere a parlare con chi è ancora dentro fino a che non arrivano i pompieri.
Così giovani e così stupidamente incoscienti, e le mie figlie che hanno pressappoco la loro età.
Adesso dicono che le telecamere di zona hanno ripreso l’auto; ma è il solito espediente, quando non hanno niente in mano consigliano di consegnarsi, dicono che al responsabile restano poche ore, che i carabinieri sono sulle sue tracce. Ma se io resto nascosto, la verità è che non mi troveranno mai. Allora tanto valeva fermarsi subito. Forse avrei potuto fare qualcosa; la ragazza aveva capelli lunghi e scuri, sembrava così leggera e indifesa, ma io ho subito capito che era caduta troppo male.
Come non detto, ecco che arriva la chiamata. Si parte, è sulla provinciale vicino a casa mia, quella strada maledetta.
Due ambulanze, la seconda si è appena fermata, muore il suono della sirena; tutta la scena è illuminata dai lampeggianti, luci blu e arancione. Il medico si alza e viene loro incontro. “Nerio dov’è? Tienilo lì che gli devo parlare. Non farlo avvicinare”.