Insisto sul punto dolente: benedetti nemici. Vale per i sostenitori dei matrimoni omosessuali e vale per i nuovi detrattori di Papa Francesco. In entrambi i casi, i limiti sono del tutto evidenti, ma bisogna andare al di là del limite ed accettare la sfida sul terreno proposto e spesso scaraventato addosso dall’avversario. Non sono mai stato irenista. Ho sempre amato la canzone del grande Franco Califano, “Tutto il resto è noia”, e non mi scandalizzo pressoché per niente. Del resto, gli indignati in servizio effettivo permanente superano i detrattori, ricolmando di flop semantici l’aere, già di per sé inquinato da una moltitudine di castronerie che, a sommarle tutte, occuperebbero gli spazi dei continenti, abitati da noi poveri mortali, da parte a parte.
Cos’abbiamo oggi davanti? Qual è il menù? Eccolo, un po’ fritto à la carte e con roba di scarto, ma è buono per cominciare a dividere il grano dal loglio. Su questo, mai transigere: salutisti integrali, perfino integralisti. Dunque, chiarire, distinguere e mai trangugiare il veleno. Abbiamo questo menù: un non meglio definito tizio o collettivo di sagaci laiconi che rimasticano l’ “attualese”, l’ultima neolingua che pare nerboruta e invece si avvicina ai corpi duri come un fuscello, scoprono l’acqua calda: la Chiesa è un “brand”. Non solo: questo fantomatico e ovviamente scellerato “brand” è oggi alimentato e veicolato da un “miliardario scalzo”, “un altro miliardario scalzo”, che risponde al nome di Papa Francesco, un vero mago dell’immagine buona della Chiesa Insomma, un dritto di tre cotte, mica uno qualsiasi.
E cosa fa questo genio della comunicazione massmediatica, vedendo la crisi della Chiesa? Semplice ed efficace: va a Lampedusa e fa il povero fra i poveri. Insomma, si intruppa fra gli immigrati e se ne fa portavoce – come se non fosse il padrone del 20% del patrimonio immobiliare italiano e di tanta altra bella “roba”, di verghiana memoria -, rilanciando l’aura di una Chiesa povera e serva degli ultimi della terra, di quei poveracci che muoiono tra i flutti, mentre cercano disperatamente di salvarsi dalle guerre degli occidentali, per poi vedersi rifiutati, una volta toccato il sacro suolo nazionale.
Niente male come spot per la Chiesa. Suggerirei alla CEI di comprare il copyright di questa truppa scelta votata al bricolage nichilista, mantenendo la splendida formula: “Chiedilo a loro”.
Ma sì, chiedilo a loro, ai tutti-insieme-appassionatamente che non firmano neanche i loro “articoli” e, alla fine, non si accorgono neanche di stare, loro, rilanciando la figura storica della Chiesa, perfino fra i laiconi e magari qualche laicista di antica schiatta. Perché?
Nel dettaglio, buttiamoci dentro la mischia, nel godimento (parola agostiniana, cari detrattori “chiedilo a loro”) della “tensione evolutiva” (il sincretista Jovanotti: siamo anche sincretisti, no?) verso il mondo (che ci piace un casino, giusto? Abbiamo tutti questi affaristi tra le mura vaticane, nota multinazionale al soldo dei potenti che, infatti, ci premiano scannando qualche decina dei nostri in Africa, Medioriente e dintorni: dove sono i Radicali? Bè, loro, laicisti informati, queste cose le dicevano), così, senza paura: iniziamo dal “brand”.
Allora, secondo la più autorevole fonte in materia – AMA: American Marketing Association -, il brandè “un nome, termine, profile, design, simbolo o qualsiasi altra tratto caratteristico che identifica il bene di un venditore o il suo servizio come distinto da quelli di altri venditori” (“Name, term, design, symbol, or any other feature that identifies one seller’s good or service as distinct from those of other sellers”) La realtà si caratterizza, come sapevano Aristotele e gli Scolastici, “per genus proximum et differentiam specificam”: un cavallo è un cavallo e si distingue da una vacca, che è tale per essere “altro” dal cavallo: chiaro, no? Tipi e tipologie diverse.
Ergo: la Chiesa ha certamente un “brand” e, anzi, è il suo specifico “brand”: blocchiamo stavolta i furori dei cattolici con l’elmetto, fatemi andare avanti.
Allora, il problema non è che vi sia un “brand” in questione, ma quanto brandy consumino coloro che affermano che, per questo fatto, la Chiesa sia un covo di banditi e corrotti.
Perché studi autorevoli, anche di agnostici, non ha difficoltà a sostenere che “la Chiesa lava più bianco”, ad esempio l’ha scritto Bruno Ballardini: “Gesù lava più bianco. Come la Chiesa inventò il marketing” (Minimum Fax, 2000).
Ma la domanda è: e allora? Dov’è lo scandalo? Se la Chiesa ha inventato il marketing – ed è certamente così – è perché alla Chiesa interessa visceralmente l’uomo, in ogni suo aspetto, perfino nel suo male più radicale. Noi poveri mentecatti credenti chiamiamo questa roba “peccato”, ma vi invito a leggere, fratelli detrattori & indignati, un Kant d’annata, quello stesso autore un tantino moralista epperò cristiano nel fondo, che ragiona di “male radicale” (Radikal Böse): anche lui un fan dei poveri, un pericoloso aficionado della bottega e del vile mercimonio? Stento a crederlo.
No, il punto è che a noi non fanno paura le parole, perché le parole, dentro un’esperienza, e la Chiesa, come ha detto quel grande leader della multinazionale di briganti, “è una storia d’amore”, e sulle ong, visto che anche di questo ci hanno accusato, beh è agli atti la sua replica, che brucia molti cattolici di “buon senso” ed educati alla solidarietà senza Cristo: “La Chiesa non è una ong”.
Ma non fidatevi delle mie citazioni, tosti detrattori, a me interessa che comprendiate che francamente ce ne sbattiamo alla grande dei vostri frizzi e lazzi (sarò educato) su noi, il Papa e la Chiesa, anche perché, come ha annotato Ferrara, “Bergoglio della ragione se ne fotte. Parla direttamente al cuore, ha un rapporto carnale con il cuore dei fedeli”. Eh sì, proprio così: un rapporto carnale, perché quell’Uomo di Nazareth – che aveva già a suo tempo detrattori di ben altra tempra, che si domandavano: “Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?” – sulla carne sua, infilzata e crocifissa, ci ha scommesso una cifra doppia rispetto al buon senso umano e l’ha fatto con quei banditi, sì, anche con quel tal monsignor pietra dello scandalo degli indignati speciali, il monsignor Scarano, l’ormai noto Mr. 500, e con tutta una bella cosca di mafiosi, come chi scrive, del resto che ha una caratteristica, un brand, questo: “Bestiali, come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima, eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce”.
Lo so: sono parole degne dei peggiori equivoci, ma a Gesù e a noi, in primis al nostro Papà, sì, il capo della scellerata multinazionale, non piacciono le cose troppo facilmente intelligibili, ma colme di quell’intelligenza astratta e violenta, cattiva e insalubre, che faceva dire a Pascal: “Troppa luce acceca”. Ci hanno insegnato che la luce così spaccona – come quella di chi vede un albero cadere ed esclama, indignato: sono stati loro! Dopodiché si reca a lavoro e ammazza con la lingua, le accuse e il servaggio indotto chiunque passi a distanza giusta, si chiamano sepolcri imbiancati, ma comunque fate vobis… – fa male anche alla pelle, è come il sole alla controra, fa venire il melanoma alla pelle, meglio la pennica; insomma, appartiene, questa luce, a quel portatore di luce, il tal Lucifero, che osò dire a Dio: “Non serviam”, non servirò. Salvo poi servire tutti i padroni possibili e immaginabili, anzi autoproclamandosi padrone del mondo: anche questo è un brand, un tantino differente, ma anche in questo caso, fate vobis.
Ecco, tutto qua. E’ semplice. Lo so, non ve ne frega niente. Voi andate dritti per la vostra strada. Va bene così. Accade da sempre. E’ da più di duemila anni che funzioniamo sul mercato più interessante e affascinante del mondo: la vita degli uomini.
Anzi, il fatto che siate così indignati ci fa anche piacere, scusate la spocchia un po’ faraonica. Eh sì, perché chi si indigna c’ha sempre in testa, appunto, il “dignus”, quel certo non so che di essere degno che deve avere, per procura, non so bene come. Tutti indignati e dunque tutti degni, sempre appassionatamente, si capisce.
Invece noi, a Messa, diciamo: “Domine, non sum dignus”, come il centurione pagano per funzione e pubblico esercizio, tra l’altro, ma credente perché capace di cogliere l’essenziale, di fronte a lui: il Nazareno Salvatore.
No, noi non siamo degni, anzi. Siamo indegni: è anche questo il nostro brand. Non ce lo potete toccare. Siamo, in fondo, tutti migranti d’accatto, e di risulta. Non bravi uomini.
E, in fondo, non ce ne frega niente di esserlo, ci pianno quegli brutti, sporchi e cattivi, come noi, così siamo sempre a casa.
La casa non è come quella del Mulino Bianco, è sgarrupata e stanca, ma…
“Essi cercano sempre d’evadere/ dal buio esterno e interiore/sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono” (Eliot, “Cori da “La Rocca “).
Essi: siete voi. Ottime intenzioni, le vostre, sempre a detrimento della dignità altrui, naturalmente, dimostrando che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno. Ma il buio, quel buio, nottetempo, di casa in casa, assale a sempre assalirà anche voi e, un bel giorno, vi ritroverete a guardare allo specchio la stessa faccia, ma un po’ più scavata da ciò che avete schivato, per tutta la vita: voi stessi.
E’ tutta qui la vicenda dell’uomo: se ti guardi fino in fondo, capisci che Mons. Scarano sei tu.
E capisci che non c’è nessuno scandalo ad essere quel “brand” che si è, anche quando si debba seguire, alla lettera, la lezione – e qui tenetevi forti, cari amici detrattori – del Card. Newman, uomo di parole nette ed essenziali, il quale ha bestemmiato così:
“Strettamente parlando, la Chiesa cristiana, come società visibile, è necessariamente una potenza politica o un partito. Può essere un partito trionfante o perseguitato, ma deve sempre avere le caratteristiche di un partito, che ha priorità nell’esistere rispetto alle istituzioni civili che lo circondano e che è dotato, per il suo latente carattere divino, di enorme forza ed influenza fino alla fine dei tempi”.
Non sono insensibile: un minuto di silenzio per i caduti del fronte anti-brand-Chiesa & C. Le cose stanno così e suggerisco una proiezione statistico-temporale un tantino più larga delle consuete utilizzate da voi “esperti”: “Fino alla fine dei tempi”. Questo è un buon indicatore statistico per voi: c’è pane per voi, perfino con queste vacche magre, fino alla fine dei (vostri) tempi. Forse, contrariamente a molti italiani, anche cattolici e a quella genìa di migranti che il Papa difende e che ama, avrete addirittura anche la pensione: il brand-Chiesa funziona, come utilità marginale, per il vostro mercato. Solo che il nostro, di scribacchini cattolici e papisti, è magro, dunque offriteci, almeno, qualche ghiotta occasione di divertimento, se no, la prossima volta, qualcuno ingrasserà il nostro cv penale, perché, insomma, con voi, è come sparare sulla Croce Rossa.
Buon brand e brandy a tutti.