Vorrei rivolgere un pressante appello a tutti i giornalisti italiani. So già che resterà del tutto inascoltato, ma perlomeno non si potrà dire che il tal giorno del tal mese del tal anno qualcuno non l’abbia detto. L’appello è questo. Cari amici giornalisti della carta stampata, della radio, della tv, del web e di qualsiasi altra dimensione parallela, per favore quando vi capita una notizia come quella del caso Calderoli-Kyenge, ignoratela. È in gioco quello che rimane della credibilità dell’informazione nel suo insieme. Calderoli è un uomo molto intelligente e sa che una parola come “orango” verrà ripresa e moltiplicata (a gratis) in ogni dove, suscitando sdegno, riprovazione e tanti altri nobili e inutili sentimenti (“fremere de sdegno” diceva un personaggio di The Wizard of Id “è uno sport per le minoranze”). A Calderoli non importa di pensare per davvero quello che dice – secondo me non si pone neppure il problema – ma solo di spararla grossa, sapendo che il riferimento a Hitler ( che chiamò “cervo” il grande atleta di colore Jesse Owens) sarebbe sorto spontaneo. A lui importava soltanto di tenere alta la tensione e sapeva che la stampa si sarebbe graziosamente, servilmente prestata. Così – come accade da un po’ di tempo – mentre da una parte ci si indigna mettendo in mostra tutto un repertorio fatto di preoccupazione e di profondo senso di responsabilità, dall’altra si sostiene il gioco opposto in modo talmente aperto da non poter cancellare un legittimo sospetto, e cioè che lo stesso sfoggio di alti sentimenti con annessi richiami al patriottismo non sia altro che una recita di bassa qualità, dove la sola, autentica posta in gioco sia il mantenimento delle rendite di posizione. Nessuno rischia nulla, in tutta questa faccenda. Fare il solone è in fondo un mestiere, spesso molto ben pagato. Ma dei soloni m’importa poco. Importa di più che i cittadini possano disporre di un’informazione veramente libera. Purtroppo episodi come questo mi fanno pensare che chi stila le plumbee classifiche internazionali sulla libertà di stampa non abbia poi tutti i torti a collocare l’Italia nelle posizioni di retroguardia. Ora, bisogna che qualcuno cominci a spezzare il cerchio malefico: se le tasse non si possono abbassare, se la spesa pubblica e la burocrazia crescono, se le auto blu abbondano sempre, se l’impresa italiana viene massacrata e venduta a proprietari stranieri, che almeno l’informazione spezzi l’incantesimo, magari indignandosi un po’ meno e sottraendo si un po’ di più al solito gioco, che contribuisce solo alla causa del precipizio.



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