L’Assemblea nazionale francese ha approvatola legge che consente la ricerca sugli embrioni. L’opposizione della società civile a una norma irrispettosa del diritto alla vita dell’essere umano non è servita a fermare il parlamento transalpino. Finora la ricerca sugli embrioni in Francia era consentita soltanto in determinate eccezioni, per le quali era necessario richiedere il permesso dell’Agenzia di Biomedicina. Da martedì la sperimentazione è invece sempre possibile, purché si verifichino quattro condizioni: la pertinenza scientifica, la finalità medica, il “rispetto dei principi etici relativi alla ricerca sull’embrione” e l’indispensabilità del ricorso alle cellule embrionali per proseguire la ricerca. Ilsussidiario.net ha intervistato Ludovine de la Rochère, portavoce della Fondazione Jérôme Lejeune.



Che cosa ne pensa dell’approvazione della legge che consente la ricerca sugli embrioni?

L’approvazione di questa legge rappresenta un evento molto triste, perché per la prima volta gli esseri umani non sono protetti fin dall’inizio della loro vita. Lo stesso primo articolo della legge sull’aborto spiega che ciascuna persona ha il diritto di essere protetta fin dal primo istante, e che l’interruzione della gravidanza è consentita solo in determinate situazioni. La legge che apre le porte alla ricerca sugli embrioni per la prima volta si fonda sull’idea che gli esseri umani non abbiano diritto a essere tutelati, ma che possano essere utilizzati come materiale per la ricerca e per il profitto.



Questa legge è quindi contraria al sistema giuridico francese?

La Costituzione francese e tutte le leggi in materia di bioetica affermano che gli esseri umani devono essere protetti. Si prevedono alcune eccezioni, ma il principio rimane la protezione degli embrioni. Da martedì al contrario non è più così.

Che cosa ne pensa del modo in cui si è svolto il dibattito sulla legge?

Il governo ha imposto un dibattito accelerato della legge, ha bloccato il voto sugli emendamenti alla norma e c’è stata una sola votazione al termine della discussione nell’Assemblea Nazionale. Il dibattito è stato dunque confiscato. Faccio notare inoltre che la legge è stata approvata martedì in piena estate appunto per fermare il dibattito sul nascere. La società francese non ha avuto la possibilità di confrontarsi sulla nuova norma, e l’obiettivo è stato quello di forzare la mano e imporre l’approvazione della legge. Questo modo di procedere non ha quindi rispettato la democrazia francese.



Che cosa ne pensa delle quattro condizioni previste dalla legge per consentire la ricerca sugli embrioni?

Ritengo che non si tratti di vere condizioni. Per esempio la “finalità medica” è un principio molto vasto, e rende possibile qualsiasi ricerca che si avvalga di embrioni umani. I ricercatori potranno quindi compiere tutto ciò che vorranno. Faccio tra l’altro notare che le cellule staminali pluripotenti indotte o Ips, che la scienza contemporanea è in grado di riprogrammare, fanno molto parlare di sé e godono di molta attenzione da parte dei media, ma non sono le più adatte per le terapie del prossimo futuro. Le condizioni poste quindi per consentire la ricerca sugli embrioni documentano che si tratta di una legge ideologica e priva di serietà. Questa norma rappresenta una grave violazione del sistema giuridico francese.

 

Ritiene possibile un ricorso di fronte alla Corte costituzionale?

Assolutamente sì. Alcuni deputati faranno ricorso, chiedendo alla Corte costituzionale una revisione della legge. Le leggi in materia di bioetica in Francia devono sempre essere discusse sotto il profilo del rispetto dei principi base del nostro ordinamento. Finora un dibattito generale di questo tipo non è avvenuto, e ciò è illegale. Il ricorso alla Corte costituzionale verterà quindi non soltanto sui contenuti della legge, ma anche sulle modalità in cui è stata approvata.

 

(Pietro Vernizzi)