Il 20 luglio 2013 la Chiesa Cattolica celebra la memoria di Sant’Aurelio di Cartagine, vescovo della città nordafricana vissuto tra il IV e il V secolo. Le notizie sull’infanzia e sulla giovinezza di Sant’Aurelio sono ignote. La prima testimonianza riguardante la vita di Sant’Aurelio risale all’anno 388, quando si sa con certezza che fu diacono a Cartagine. In quegli anni Cartagine – situata nei pressi dell’attuale Tunisi – era la città più importante dell’Africa romana. A Cartagine, Sant’Aurelio conobbe Sant’Agostino. È proprio il santo di Ippona che fornisce la maggior parte delle informazioni su Aurelio. In una data oscillante tra il 391 e il 392, Sant’Aurelio venne nominato vescovo della sua città. Il vescovo di Cartagine assumeva, contestualmente alla cattedra, anche la guida morale e spirituale dell’intera Africa. In quegli anni le persecuzioni erano terminate da tempo, ma la Chiesa era profondamente divisa al suo interno a causa della questione donatista. Circa un secolo prima, durante il regno dell’imperatore Diocleziano, i cristiani erano stati sottoposti a durissime e terribili persecuzioni. Molti cristiani abiurarono la loro fede per timore della morte e sacrificarono agli dei pagani di fronte ai magistrati romani incaricati di verificarne l’effettiva abiura.
Al termine delle persecuzioni, Costantino il Grande concesse ai cristiani la libertà di culto nel 313, ponendo fine alle persecuzioni. Molti di coloro che avevano abiurato, pentitisi e ormai sicuri di essere al riparo dal pericolo di morte, chiesero di essere riammessi nella Chiesa. Si formarono due correnti distinte. Se la Chiesa di Roma era favorevole al perdono e alla riammissione di coloro che avevano abiurato (chiamati “lapsi”), la Chiesa di Cartagine, guidata dal vescovo Donato, era totalmente contraria. Donato sosteneva che i lapsi che volessero tornare a far parte della Chiesa avrebbero dovuto sottoporsi a durissime penitenze prima di essere riaccettati. In ogni caso, quando si fosse trattato di sacerdoti e vescovi, avrebbero potuto tornare a far parte della comunità dei fedeli, ma non sarebbe stato loro consentito di amministrare i sacramenti. La diocesi di Sant’Aurelio era inoltre sconvolta dal persistere di varie forme di paganesimo, concentrate soprattutto nelle aree periferiche e sulle montagne. Il paganesimo si manifestava sotto nuove forme, provocando una pericolosa rilassatezza dei costumi. I monasteri venivano utilizzati per orge e banchetti, i monaci rifiutavano il lavoro e rimanevano oziosi, i sacerdoti mantenevano concubine e spesso avevano figli. Sant’Aurelio si sforzò enormemente per riformare la Chiesa africana, cercando di ricucire lo strappo con i donatisti e di moralizzare i costumi decadenti presi dai membri del clero.
Sant’Aurelio ebbe un appoggio determinante da parte di Sant’Agostino, che dalla vicina Ippona inviò consigli, denaro e missionari in aiuto dell’amico. Sant’Agostino descrisse Sant’Aurelio come un fulgido esempio di carità, fede e abnegazione. Dopo decenni di duro lavoro pacificatore con i donatisti e di lotta contro paganesimo e rilassatezza dei costumi, Sant’Aurelio riuscì a riportare sulla strada della Vera Fede l’intera provincia d’Africa. Sant’Aurelio si spense, ormai anziano e malato, il 20 luglio del 430.