La “rivoluzione” di Francesco continua. Il 18 luglio con un “chirografo” Il Papa ha costituito una commissione con il compito di studiare, verificare e riferire a lui circa lo “status” e i necessari e possibili cambiamenti che è possibile attuare per rendere la struttura economico-amministrativa della Santa Sede e la sua operatività più efficaci, efficienti e trasparenti.



Della commissione pontificia fanno parte otto membri di cui sette laici (il solo segretario è un sacerdote), tutti esperti di nota fama di vari paesi (solo l’unica donna è un’italiana). Il loro compito sarà quello di fungere da supporto tecnico con il compito di rinvenire e quantificarne le vulnerabilità sia nell’apparato che nelle linee operative della struttura economico-organizzativa del Vaticano.



Cosa significa e quale portata ha la costituzione di questa commissione referente? Ho cercato, come economista aziendale, di immaginarmi un percorso.

Prima di tutto significa che tutta l’organizzazione economico-amministrativa della Santa Sede sarà “revisionata” con strumenti a prevalente natura economico-aziendale e questo al fine di assicurarsi che gli obiettivi assegnati a ciascuna parte dell’organizzazione siano chiari e perseguibili e che siano in sintonia con gli obiettivi generali e dichiarati della stessa Santa Sede. 

Nell’effettuare questo esame la commissione, se se ne presentasse l’occasione, dovrebbe evidenziare quali sono e quale intensità abbiano avuto le devianze rispetto all’attesa operatività e dovrrebbe contemporaneamente verificare se dette devianze siano attribuibili a deficienze della stessa struttura organizzativa (vulnerabilità insite nel sistema esaminato) o siano riferibili a devianze (volute o di prassi) da parte di chi singolarmente o collettivamente opera in quel sottosistema dell’organizzazione economico amministrativa.



Sempre in questa prima fase la commissione pontificia referente dovrebbe accertare e documentare se, nelle sue informative interne ed esterne, l’organizzazione fornisce tutti gli elementi necessari per i processi decisori (fini interni) e se le sue documentazioni siano chiare e complete e, se di natura contabile, dovrebbero anche essere conformi alla prassi ragionieristica internazionale (finalità esterne).

Se questi saranno i compiti della commissione pontificia, allora mi sembra di poter affermare che la commissione pontificia dovrebbe avere compiti sia di Internal audit che di External audit.

Nella sua funzione di Internal audit, oltre a verificare e quantificare le vulnerabilità della struttura amministrativa deve contemporaneamente accertarsi se il sistema dei controlli interni messo in essere dalla stessa organizzazione economico-amministrativa sia efficace e efficiente rispetto agli obiettivi di sicurezza e di trasparenza voluti. 

Se così non fosse, e nella misura delle deficienze accertate, la commissione dovrebbe non solo segnalarne la natura, ma dovrebbe quantificarne anche il grado di rischio e dovrebbe suggerire le possibili soluzioni affinché il sistema organizzativo ed i suoi collegati sottosistemi (specialmente quello informativo e quello di controllo interno) possano in futuro positivamente postulare gli obiettivi che strategicamente o tatticamente sono loro trasparentemente assegnati.

Nella sua funzione di External audit la commissione pontificia dovrebbe accertarsi se tutte le informative esterne, sia di natura immediatamente contabile o a queste indirettamente riferite, possiedono tutti i requisiti di convenzionale chiarezza e trasparenza richiesti dagli organismi internazionali. Se anche in questo sottosistema informativo-contabile si accertassero delle vulnerabilità o delle devianze, allora la commissione dovrebbe evidenziarle e dovrebbe suggerirne gli adeguati comportamenti amministrativi.