Caro direttore, quanto ha detto ieri Papa Francesco riguardo gli anziani mi ha commosso, ha provocato un contraccolpo di umanità nel mio animo di anziano, tanto da farmi sentire un’emozione forte come di fronte ad uno spettacolo inatteso ma corrispondente. In questa settimana al centro dell’attenzione di tutti vi sono i giovani, e giustamente, quello per cui il Papa si è recato a Rio è la Giornata Mondiale della Gioventù, per cui è stata una grandissima sorpresa che il Papa ai giornalisti sull’aereo che lo stava portando a destinazione abbia voluto rimarcare che “I giovani non sono isolati ma calati nella realtà di tutti i giorni anche perché il loro isolamento è “un’ingiustizia”. I ragazzi hanno un’appartenenza precisa; appartengono a una famiglia, a una patria, a una cultura e a una fede. Dunque hanno una ricchezza che costituisce il futuro di un popolo ma il futuro è anche degli anziani perché sono loro i depositari della “saggezza di vita”, della storia, della patria e della famiglia. “Un popolo ha futuro se va avanti con la forza dei giovani e con gli anziani”.



Queste parole del Papa le ho sentite come l’espressione di una coscienza attenta a tutti i fattori, a ricordare che è possibile il cammino della gioventù non solo per una energia vitale che i giovani portano con loro stessi, ma anche perché vi è un solco che possono seguire e in cui ciò che sono viene valorizzato e potenziato. Non solo questa coscienza di una continuità tra le generazioni, ancor di più la certezza che il Papa ha di essere guida di un popolo, un popolo che è un Altro a generare e a tenere vivo, Cristo, il cui abbraccio è presente oggi, qui e ora. E’ questa coscienza di popolo che il Papa ieri ha comunicato, una coscienza che rende affascinante la vita e fa cogliere in questi grandi gesti la punta di un iceberg. La Giornata Mondiale della Gioventù non è definita dai giorni di Rio, non finisce lì, ma è solo la esplosione di una vita che già c’è e continua. Il Papa ce lo aveva già fatto capire domenica quando nel suo tweet aveva detto a chi non si può recare a Rio di partecipare a questo gesto con la preghiera, e ieri ha di nuovo sottolineato l’ampiezza di quello che sta accadendo e che va ben oltre le giornate eccezionali di questa settimana.



E’ la coscienza che Cristo genera un popolo a muovere il Papa e a fargli esprimere quella che ho sentito come una grande attenzione a noi anziani, certo valorizzando quello che possiamo dare ai giovani, ma ancor prima a sfidarci a prendere noi stessi coscienza di essere parte viva di questo popolo, di essere membra di un corpo quanto mai vitale. Così da questa attenzione del Papa ne viene una chiamata di responsabilità, a vivere il fatto di essere anziani come vocazione, una sfida a mettere in gioco con i giovani la saggezza di vita che portiamo. A metterla in gioco, non a travasarla nelle teste della gioventù, dove metterla in gioco implica quella reciprocità di cui vive un popolo, tanto che un anziano possa insegnare a un giovane e nello stesso tempo imparare da lui. Sono grato a Papa Francesco di averci fatto capire ancor di più oggi quanto sia bello ciò che Cristo sta costruendo dentro la nostra vita, una tenerezza che ci comprende uno ad uno. Fino ad ieri pensavo che la valorizzazione degli anziani e della loro saggezza di vita si fosse fermata negli accampamenti dei pellerossa, fino ad ieri vagheggiavo nostalgicamente quella forma di vita dove i giovani si sedevano a sentire i racconti degli anziani, da ieri ho la certezza che quello che accadeva tra i pellerossa può sfondare anche il nostro mondo, perché è più antico degli stessi indiani d’America, è il timbro del popolo cristiano!

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