Ieri un amico diventato papà scherzava sulla mancata coincidenza della nascita del suo pargolo con quella del Royal baby. Sono stata colta da una vena di tristezza, al pensiero del rampollo reale. Massima indulgenza per un popolo tanto tenacemente attaccato alla tradizione, così assurdamente devoto a una ultraottantenne capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, così privo di ironia, nonostante le leggende sullo humor britannico, da non cogliere il contrasto tra le vicende familiari del clan Windsor e l’aura regale che circonfonde le loro persone, nonostante. Nonostante i cappellini, le ipocrisie, le corna, le soffiate alla stampa, le intemperanze di nonni, zii, cugini. 



Si dirà che le isterie collettive si sprecano pure per i divi del cinema, e la sovraesposizione mediatica di una gravidanza è acqua passata, dopo i tanti nudi di star col pancione. Ma qui c’è una storia gloriosa, un dovuto riserbo, un sacralità che vale per ogni nascita, tanto più per un bimbo che avrà l’onore e l’onere di un cognome tanto altisonante: si tratta della terza successione al trono, se ancora ci sarà un trono, nei prossimi anni. Charles o Marc, Philippe o Edward, spiace che su un neonato ancora al caldo nel ventre materno si gettino i dadi, si incrocino scommesse, si puntino guadagni. Povera creatura. 



E dire che sua mamma sembra una ragazza normale. Che studia da principessa fin da piccola, a ricordare le mire della nonna materna, ma insomma, una faccetta pulita, spiritosa. E il padre, già calvo benché ancora un ragazzo, sembra un bel tipo, poche mattane, affetto sincero e coraggio nel sostenere la memoria materna, pazienza e silenzio nel tollerare la presenza paterna. 

Ci sarà stato un residuo possedimento coloniale dove andare a partorire in pace, lontano dal tifo delle mamme londinesi, che si accalcano ai cancelli del palazzo reale, dell’ospedale, attendendo l’evento. Perché non osare, mollare nonna ed eterno delfino per volare alle Bermuda, o alle Sandwich con un’ostetrica al seguito? Macché, nove mesi monitorati ad ogni nausea, ad ogni smorfia e ad ogni curva sulla pancia. Il travaglio sbandierato al mondo (quanto ha gridato? E il papà ha retto? Quanto sangue ha perso? Quanti punti di sutura? E il latte, avrà il latte?), e al primo vagito una berlina attraverserà le strade della capitale, per portare un cablo dettagliato alla Bisnonna. 



Troppa fatica fare un salto in clinica, e una carezza al pupo? Fortunata, e al tempo sfortunatissima creatura. Pensate alla nonna matrigna, ai suoi cappellini  e al suo ghigno velenoso. Pensate a quel nonno imbarazzante, unfit a qualsivoglia responsabilità, circondato da donne succhiasangue, e l’unica che poteva donargli un po’ di linfa finita tra le braccia di altri uomini, prima dello schianto fatale. 

Pensate all’esempio dello zio godereccio e burlone, pensate alla zia, e alla sua immagine più celebre, di posteriore. Pensate ai completini in velluto, ai volants, alle cerimonie pompose, alle noiose rappresentanze, ai salamelecchi, alla solitudine. 

Spero che la baby sitter cui sarà affidato da subito sia simpatica. Che gli canti qualche ninna nanna, che lo faccia ridere e gli insegni qualche marachella. Spero che tra tanti auguri e complimenti e benedizioni qualcuno gli sappia voler bene. 

È colpa nostra, se l’attenzione mediatica è così concentrata sulla venuta del pupo? Se un fatto così naturale è vissuto come una vittoria, una rivincita nazionale? È il marchio di un’identità, in tempi di vuoto, di riferimenti e attaccamento alle radici, buttiamola via, noi che ci siamo meritati al più un principe ballerino da Isola dei famosi. Lassù il tempo si è fermato, sanno ancora la devozione e il rispetto. Macché, il tempo non si ferma. La nascita del windsorino è occasione per una fiera programmata dello sfruttamento d’immagine, dai grandi magazzini ai ristoranti, e in tempi di crisi, incrementare gli introiti fa comodo. Quella famiglia di dignità e onore ha rimasto poco, e quanto all’attaccamento alla tradizione, quale legge ha appena sottoscritto la povera Elisabetta? Per essere politically correct, una coppia gay in casa reale ancora manca, almeno ufficialmente. Si sa mai. 

Ieri è arrivato il terzo erede, si odrà presto il primo vagito. Sii forte, royal baby. Che Dio ti accompagni e ti doni innanzitutto la libertà. Noi siamo tutti pronti a rimpinzare di dettagli le pagine dei giornali: peso, sfumatura del pelo, assomiglia a chi, cos’ha detto la nonna, se si è commossa, il primo vestitino, la prima pupù, quanti ruttini. Si sa, d’estate le notizie scarseggiano. Del governo periclitante ci siamo stufati, l’economia in disarmo non fa vendere una copia, e in fondo il Papa va soltanto in Brasile a incontrare qualche milione di giovani.