Per Papa Francesco questa è la prima Giornata mondiale della Gioventù. Non solo da Papa, anche da vescovo non le frequentava molto. Io invece ne ho seguite diverse, perciò ne voglio parlare, per provare a spiegare a chi è rimasto in Italia cosa si trova di fronte il Papa e cosa fanno e cosa si aspettano i ragazzi che si sono radunati a Rio. La GMG è appena entrata nel vivo dopo una serie di magnifici incontri densi di contenuto che il Papa ha tenuto in alcune realtà brasiliane. Quegli incontri – nella favela, nell’ospedale dei tossicodipendenti incurabili, nel santuario principale della Madonna in Brasile – non sono slegati e scollegati dalla GMG: ne sono parte essenziale. Così come parte essenziale è l’esperienza che i ragazzi hanno fatto in questi giorni preparatori in attesa del fine settimana di incontro con il Papa.



Incontro è la parola chiave: la GMG non è un raduno, non è solo una festa, non è neanche solo un ritiro spirituale. La GMG è un incontro. Anzi, racchiude in sé tre incontri fondamentali. Ed è proprio questa dimensione relazionale a dare il senso più profondo e al contempo la capacità di attrazione. Attira i giovani perché incontrano, non perché si divertono o perché imparano. Si incontrano tra loro, sentendosi affratellati, superando le barriere del mondo, servendosi gli uni gli altri, condividendo esperienze, riflessioni, gioie. Incontrano il Papa, e per mezzo di lui la Chiesa che li fa sentire accolti, uniti, non soli, e quindi li sostiene fortemente nelle sfide difficili della vita. E infine incontrano Gesù, che è il punto centrale di tutta l’esperienza, è il riferimento, la guida che ciascuno di noi – e più che mai i giovani – cerca costantemente. Qualcuno che ci ami, ci indichi la strada e ci accompagni lungo il percorso: tutto questo si trova alla GMG, sia nei volti degli altri ragazzi, sia nella guida del Papa, sia soprattutto nell’amore di Cristo.



Un perfetto mix esperienziale, emozionale, esistenziale e religioso, animato da un grande spirito di gioia. Un’esperienza straordinaria ricca di significato che raccomanderei a ciascun giovane di fare, anche a quelli che non partono per una GMG perché sono molto convinti, ma al contrario perché hanno dubbi e domande. Sono giorni molto pieni quelli delle giornate mondiali. Anche molto molto faticosi, spesso. Non tutte le organizzazioni sono impeccabili, le distanze da percorrere in condizioni di fortuna sono spesso considerevoli, si dorme per terra, almeno una volta all’aperto (sempre che si riesca a dormire), guadagnare i pasti non è sempre agevole. Non mancano le disavventure, ne ho passate di vario genere tra Parigi, Roma, Toronto e Colonia, ma i genitori possono stare tranquilli, i ragazzi sono più al sicuro qui che con una comitiva di amici sul lungomare, almeno di solito.



Se c’è un rischio, è che i giovani tornino da questa esperienza cambiati, trasformati, più seri, più consapevoli, ma anche con le batterie molto più cariche. È una festa continua, ininterrotta, un clima di entusiasmo, di scambio di esperienze. Parte essenziale sono le catechesi, perché non si tratta di una Woodstock. Divisi per lingue, i ragazzi hanno la possibilità di seguire le meditazioni di cardinali e vescovi, insieme agli altri del loro Paese. Altrettanto importanti sono i momenti di festa, che sono anche momenti di servizio, perché gli uni condividono le loro capacità con gli altri. E la dimensione internazionale ha ovviamente un grande peso, con la possibilità di scambiare esperienze, punti di vista, emozioni. All’interno di un contesto unitario, di un’unica fede che raggiunge tutti gli angoli del globo. E poi arrivano i momenti culminanti, le liturgie del venerdì, la veglia del sabato, la Messa della domenica. Le sentinelle del mattino, come ci chiamò a Roma Giovanni Paolo II, non dimenticheranno mai quei momenti, nonostante la stanchezza, le difficoltà logistiche, a volte la pioggia, spesso il freddo, certamente le scomodità. Un’intensa esperienza di preghiera, di condivisione. Un messaggio forte costituito prima dai fatti che dalle parole. Un messaggio che segna, che resta dentro, e che, speriamo germina nell’animo di ciascun giovane che vi prende parte. L’unico seme che può cambiare questo mondo che a volte, come durante le GMG, sembra più bello di quel che è, ma che non ci dobbiamo stancare di provare a rendere bello come vorremmo.

 

(Osvaldo Baldacci)

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