Monsignor Ersilio Tonini venne a Ravenna alla fine del 1975. Il momento non era facile per la diocesi e succedere a monsignor Salvatore Baldassarri, considerato vescovo progressista, avrebbe fatto tremar le vene e i polsi a chiunque. Del nuovo arcivescovo si sapeva poco e niente e comunque correva voce che fosse un tradizionalista e addirittura preconciliare. Non fu di certo un bel biglietto da visita, ma monsignor Tonini non si scoraggiò e nel saluto alla diocesi dichiarò che a Ravenna sarebbe venuto volentieri e che non lo spaventavano affatto “i turbamenti di questi ultimi mesi”.



Non smentendo le sue origini contadine che lo indussero sempre a dire pane al pane e vino al vino, Tonini giocò subito a carte scoperte e fece sapere che non ci teneva affatto ad avere leve di comando perché il suo compito era “più alto e più bello” e soprattutto svincolato dal potere. Ho la missione, aveva scritto Tonini al suo gregge, “di distribuire amore, pace, fraternità”. E a questo programma restò fedele durante tutto il suo episcopato.



Tonini ha sempre lavorato a zappa bassa nella vigna del Signore, non si è mai risparmiato e la sua coerenza gli procurò stima e affetto anche da parte dei non credenti perché la Romagna è terra di mangiapreti che però sa stimare e apprezzare chi lavora e chi è coerente con le proprie idee. E Tonini lo fu sempre.

La sua presenza in diocesi si fece subito sentire. Come prima mossa fece aprire il Seminario perché una “messe” copiosa ha bisogno di operai. E monsignor Tonini ha avuto la soddisfazione di ordinare tanti nuovi sacerdoti.

Ma l’arcivescovo aveva sempre lo sguardo verso i problemi e durante il suo episcopato mandò un messaggio forte affrontando il problema delle tossicodipendenze, un vero flagello per la città. E per sua volontà dette vita al Ceis, la struttura per il recupero e l’inserimento di quanti erano caduti nel tunnel della droga e, con una decisione che a non pochi fece storcere il naso, lasciò ai suoi ragazzi le stanze dell’episcopio e scelse di andare a vivere in un piccolo appartamento nell’Opera di Santa Teresa.



Durante il suo episcopato ravennate Paolo VI lo volle a capo del consiglio di amministrazione della Nei, la casa editrice del quotidiano Avvenire, e mentre il presule andava ritagliandosi spazi di notorietà sulle colonne dei giornali e sul piccolo schermo della tivù, non dimenticò la sua missione di educatore e di comunicatore regalando alla diocesi due strumenti indispensabili per la nuova evangelizzazione: la radio (Ravegnana Radio) e il giornale (Risveglio 2000), del quale volle affidarmi la direzione responsabile. 

Fu in quel periodo che lo conobbi più da vicino ed ebbi modo di apprezzare la sua statura di sacerdote ma anche di uomo di cultura. La cultura, però, non gli fece mai perdere di vista i problemi concreti, e i grandi eventi lo trovavano sempre in prima fila. Un esempio su tutti fu il disastro ravennate della nave-cisterna Elisabetta Montanari nel quale persero la vita tredici operai. In quell’occasione la voce di Tonini divenne la voce della coscienza di tutti.

Per portare l’aiuto concreto di Giovanni Paolo II agli Indios si recò in Amazzonia e durante la celebrazione della messa lesse a più di cinquecento giovani il messaggio del pontefice.

A poco a poco la città e la diocesi capirono che monsignor Tonini non era solamente l’arcivescovo di Ravenna ma era il vescovo degli italiani, un vescovo che con la sua parola, con la sua semplicità e la sua simpatia entrava nelle case degli italiani attraverso le trasmissioni e le interviste televisive. E la sua consacrazione a grande comunicatore avvenne col programma “I dieci comandamenti all’italiana” che lo vide al fianco di Enzo Biagi.

E se è vero che per chi ha fede tutto è segno, mi piace qui ricordare la data del funerale di monsignor Tonini. L’ufficio funebre sarà celebrato, infatti, nella cattedrale di Ravenna il 30 luglio, giorno in cui la Chiesa ricorda San Pier Crisologo, arcivescovo di Ravenna dal 433 al 450 e dottore della Chiesa che grazie alle sue qualità oratorie fu detto “Crisologo”, vale a dire “parola d’oro”. E in fondo anche il cardinal Tonini è stato un moderno “crisologo” che ha portato in Italia e nel mondo i valori del Vangelo ai quali si è sempre ispirato e dei quali è stato fedele testimone.