La discesa dell’A16 che precede il viadotto Acqualonga, nel tratto che si trova a metà strada tra i caselli di Avellino Ovest e Baiano, e’ di quelle ripide. I segnali stradali che invitano a moderare la velocità non mancano al pari di un finto autovelox che ha soprattutto l’obiettivo di far alzare il piede dall’acceleratore agli automobilisti. I pericoli che precedono la curva della morte sull’autostrada che collega Napoli a Bari, le due metropoli del mezzogiorno d’Italia, però, non finiscono qui. Il rischio più frequente, soprattutto in caso di pioggia, e’ quello di imbattersi in pullman e altri mezzi pesanti costretti a mettere a dura prova i freni per non arrivare ad affrontare la curva del viadotto a velocità sostenuta. Insomma, si tratta di una strada a rischio come poche costellata da sempre piu’croci piantate a ricordare tragedie che non sono servite a risolvere il problema.
Qualche anno fa, nello stesso punto da dove l’altra sera e’ volato giù il pullman di pellegrini diretti a Pozzuoli, perse la vita l’autista di Franco D’Ercole, allora assessore della Regione Campania. Il politico si salvo’ perché nell’urto fu sbalzato fuori dall’abitacolo e cadde sull’asfalto. Allora come ieri il jersey, che doveva fungere da barriera protettiva, fini’ per cedere e non reggere all’urto. In quella circostanza fu una macchina a sfondare la protezione, l’altra sera e’ stato un pullman. Il tragico volo nel vuoto per i 48 passeggeri non poteva che avere un epilogo meno tragico ed apocalittico.
Le scene dei soccorsi, il dramma di quei momenti ed i corpi estratti senza vita da un groviglio di lamiere sono immagini che hanno ormai fatto il giro del mondo. Come da copione alle lacrime di familiari, amici, parenti e semplici cittadini,che hanno appreso la notizia, si sono aggiunti i messaggi di cordoglio e gli appelli alla sicurezza. Parallelamente la procura della repubblica di Avellino, come da prassi, ha aperto un’inchiesta per appurare le eventuali responsabilità dell’autista che i “superstiti della stage” hanno descritto come un “eroe per aver evitato con destrezza o solo parzialmente l’impatto con una decina di auto”.
Quello che non è riuscito ad evitare, per cause che sono al vaglio degli inquirenti, e’ stato lo schianto contro il jersey. Se la protezione avesse retto, senza timore di essere smentito o contraddetto, l’incidente avrebbe sicuramente assunto proporzioni meno apocalittiche. Ecco perché, prima ancora che attendere l’esito di una indagine che servirà a scoprire le cause di una tragedia ma non a lenire il dolore di tutti, e’ forse il caso che chi di dovere pensi ad un sistema di sicurezza diverso. Chi da ieri e’ tornato a percorrere il viadotto Acqualonga, oltre a pregare per le 38 vittime dell’ultima strage, non puo’ continuare ad affidarsi a Dio per sperare di superare indenne la curva della morte. (Marco Ingino)