Da tempo, ormai, la riproduzione umana è divenuta uno degli ingredienti del grande mercato che ci circonda, e ci avvolge: siamo nell’epoca del Baby Business, signori e signore. Ovuli, seme, embrioni, uteri: tutto si vende o, vedi l’utero, si affitta… 

Sino a poco fa, invece, non tutto era acquistabile: dopo la fine della schiavitù, propria del mondo antico e pre-cristiano, sembrava che l’uomo non fosse sottoposto, come gli oggetti, alle leggi del mercato. Oggi, invece, poiché tutto è relativo, anche le leggi di natura,  tutto è divenuto lecito; tutto  può essere venduto; tutto può essere comperato. Oggi la Felicità non ce la promettono più i dittatori, seminatori di utopie e, nello stesso tempo, di morte: l’ultima utopia, la Felicità, ce la offre certa “medicina”.  



Oggi, un figlio possiamo “produrlo” al di fuori dell’utero materno, magari con seme e ovuli di serie A o di serie B, a seconda del catalogo cui possiamo accedere, stante il nostro personale peculio; oggi possiamo produrre i figli in serie, come le auto, per poter poi scegliere, tra di essi, quello ritenuto migliore (congelando e lasciando morire gli altri nei nuovi lager ad azoto liquido). 



Il progresso avanza; la sperimentazione prosegue, senza trovare alcun limite (neppure l’alta fallibilità tecnica della riproduzione artificiale, testimoniata dal notevole tasso di bambini malati concepiti in provetta): l’uomo è divenuto fine dell’esperimento di un altro uomo, oggetto del suo arbitrio, cioè della legge del più adulto. Anche l’arte del vendere fa passi da gigante, e si è ormai capaci di promettere, per un bambino, le stesse straordinarie prestazioni che si assicurano a chi acquisti una macchina o un aspirapolvere: “costa, ma è il migliore!”



L’ultimo prodotto sul mercato è appena uscito. La pubblicità sul Corriere della Sera di ieri, sotto il titolo altisonante: “È nato il bimbo libero da malattie”. Verrebbe da pensare, per scherzo, che il titolista abbia delle percentuali sulle vendite: certamente, quanto a promesse, ha del coraggio. Si spiega, nell’articolo: «È nato il primo bimbo in provetta il cui Dna è stato analizzato “a tappeto” prima dell’impianto nell’utero materno», dice ai colleghi il “padre” della tecnica. Chi parla è Dagan Wells, università di Oxford, uno dei pionieri della diagnosi preimpianto. Un maschietto, che gode di ottima salute, è il primo nato al mondo con la sua mappa genetica nel cassetto. A Dna “garantito”.

Il semplice lettore, come il sottoscritto, non può avanzare, dopo la lettura del proclama, che alcune banali considerazioni. Ricordando per esempio che da anni, la diagnosi pre-impianto, quale che sia, porta con sé la promessa della perfezione prossima ventura, ma anche molti limiti: scientifici ed etici. 

Si tratta, infatti, di una pratica invasiva, con possibili conseguenze nefaste, ad oggi, proprio sulla salute del nascituro; di una pratica soggetta ai falsi positivi e ai falsi negativi (accade che la diagnosi porti ad eliminare un embrione sano, creduto malato, o a tenere un embrione malato, identificato come sano); si tratta, infine,  di una pratica eugenetica, per cui l’embrione “migliore” è selezionato a spese di tanti embrioni umani “peggiori”, e perciò sacrificabili. 

Come sarà, però, questo bimbo “libero da malattie”? Edoardo Boncinelli, commentando, sempre sul Corriere, scrive: “Molto probabilmente geneticamente sano… i più importanti dei suoi geni non nascondono nessuna insidia…”. Ammette anche, bontà sua, che “non si possono prevedere le malattie o gli incidenti che gli capiteranno, né le mutazioni genetiche che potranno comparire…”. 

Poco importa, però, se dietro quel “probabilmente” c’è tutta la logica di mercato: sino ad ora, in questo campo,  le promesse sono state molto aleatorie, perché si tratta, pur sempre, di vendere; poco importa se, dietro quel “probabilmente sano”, c’è la certezza che la vita è ben più della genetica, e che la malattia e la salute non definiscono l’uomo; poco importa se, in una società in cui tutti i genitori ricorressero alla Fiv e alla diagnosi pre-impianto, la relazione tra uomo e donna, ma anche quella tra genitori e figli, diverrebbe ben altro da ciò che Dio e la natura vogliono. Come nota Andrea Borini, conclusa la fase di sperimentazione, “da oggi il metodo Wells può entrare in commercio”! 

Sì, da oggi, o da domani, il figlio perfetto lo trovi su Amazon: “Tutto garantito − reciterà l’annuncio − tranne la spedizione”. Eh, sì, c’è sempre, oltre agli errori di fabbrica, il problema della spedizione… cioè la complessità della vita, l’imprevisto, la libertà…

E avremo sempre uomini sani nel fisico e malati nell’anima: ne avremo “molto probabilmente” tanti più, quanti più ne faremo nascere non dall’amore incondizionato di due genitori, ma in una provetta di vetro, per selezione, dal folle desiderio di essere noi i padroni della vita di un figlio che sia, ai blocchi di partenza, garantito e perfetto… 

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