E’ iniziato nella notte tra lunedì e martedì il Ramadan, il periodo della durata di 29 o 30 giorni (quest’anno fino all’8 agosto) in cui i musulmani praticanti devono astenersi, dall’alba al tramonto, dal bere, mangiare, fumare e dal praticare attività sessuali. Viene considerato un mese di purificazione da tutto ciò che di materiale esiste nel mondo corrotto e corruttibile, quindi ogni ingestione gradevole (compreso il fumo) rappresenta corruzione del corpo e dell’anima. Nonostante ciò, l’ingestione involontaria di cibi, di sostanze liquide o gassose non costituisce rottura di digiuno. Sono inoltre esenti dal digiuno i minorenni, gli anziani, i malati cronici, i viaggiatori, le donne in stato di gravidanza o che allattano, le persone in età avanzata, nel caso che il digiuno possa comportare un rischio. La legge ammette comunque anche il digiuno volontario, in determinati giorni dell’anno. Il digiuno, proprio perché dura dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, viene generalmente fatto precedere da un pasto leggero poco prima dell’aurora, attraverso cui sarà poi possibile affrontare la giornata. E’ poi il tramonto del sole a porre fine al digiuno e l’astinenza viene solitamente interrotta bevendo dell’acqua e mangiando dei datteri. L’interruzione viene inoltre preceduta da una breve preghiera, seguita da una speciale preghiera notturna più lunga detta “Tarawih”. Cosa accade però se le regole del Ramadan non vengono rispettate? In realtà la rottura involontaria del digiuno non comporta alcuna particolare sanzione, ma è necessario che, dopo aver preso coscienza di quanto fatto, venga ripreso immediatamente. In caso di interruzione consapevole, è invece necessario rimediare con l’offerta di un pasto a sessanta musulmani bisognosi, oppure dare l’equivalente in denaro. Una terza opzione prevede il digfiuno per sessanta giorni.



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