La vicenda – due neonate assegnate come premio ai vincitori di un popolarissimo show televisivo pakistano – divide l’opinione pubblica pakistana e suscita scalpore anche nel nostro mondo. La prima, più comune reazione è l’indignazione. Ma come, trattare un bambino come un oggetto, come fosse un elettrodomestico o una somma di denaro, usarlo come “premio” per chi ha vinto un quiz? Un bambino è una persona, autonomo portatore di diritti inalienabili, non può essere ridotto a una “cosa” destinata a gratificare e soddisfare le aspettative degli adulti. Che immagine, che senso di se stesso avrà il ragazzo/la ragazza quando, cresciuto, saprà di essere stato “vinto” a un quiz?
Siffatta reificazione di un essere umano richiama suggestioni della schiavitù (peraltro, purtroppo, ancora non debellata, ma endemica a certe culture e sottaciuta per lo più dalla nostra civiltà occidentale) che non possono non provocare indignata condanna.
Di contro, la pragmatica difesa del conduttore del programma televisivo: “i bambini abbandonati sono condannati a crescere per strada per poi essere magari arruolati dai terroristi e concludere la loro esistenza come attentatori kamikaze, noi stiamo solo cercando di offrire loro un’alternativa, che cosa c’è di sbagliato?”. L’iniziativa mediatica risulta supportata dalla Ong Chhipa Welfare Association, che raccoglie i piccoli abbandonati nelle strade o tra le immondizie, fino a 15 bambini ogni mese.
Due posizioni contrapposte: da una parte un’impostazione culturalmente ed eticamente corretta, dall’altra una prassi – eufemisticamente qualificabile come anticonformista – che vuole raggiungere concreti risultati positivi . E’ una dialettica non nuova, di fronte all’emergenza mondiale dell’infanzia abbandonata o a cui comunque non sono garantiti i diritti primari: vita e salute, educazione, futuro. In settori parzialmente diversi, vedo la stessa contrapposizione: ad esempio a riguardo delle vacanze italiane dei c.d. “bambini di Chernobyl”, ovvero in relazione alla recente proposta di “vacanze a scopo adottivo” lanciata da un ente autorizzato per l’adozione internazionale con l’avallo della Commissione Adozioni Internazionali.
Entrambe queste iniziative sono osteggiate da operatori ed addetti ai lavori, in quanto sono imprecise e quindi confusive nell’immagine di partenza, non garantiscono adeguatamente i diritti dei minori, li espongono al rischio di sentirsi rifiutare con forte disillusione, non selezionano “la famiglia migliore possibile” per quel singolo bambino… Tutte obiezioni corrette: cui i sostenitori delle iniziative rispondono come fa il conduttore pachistano, sottolineando cioè l’urgenza del bisogno cui si vuole rispondere – la mancanza di relazioni e l’abbandono dei ragazzi negli orfanotrofi ucraini o bielorussi nel primo caso, il numero di minori cileni grandicelli o malati che, pur essendo adottabili, non trovano famiglie adottive nel secondo caso.



La realtà, come sempre, è sfaccettata e non permette di tagliare con il coltello il bene dal male. Credo ci sia della verità in entrambe le posizioni. C’è un rischio di ingessatura nel politically correct degli addetti ai lavori che, in nome della massima possibile garanzia per tutti i soggetti coinvolti, finisce per non vedere i bisogni concreti, o per vederne solo alcuni: testimonianza evidente della verità del vecchio detto, secondo cui “il meglio è nemico del bene”. C’è, dall’altra parte, una spregiudicatezza presuntuosa e rozza, che in nome del fare minimizza o esclude del tutto l’attenzione alle conseguenze di certe iniziative, quasi che lo slancio di una “buona azione” sia di per sé autosufficiente. 
Per tornare allo show pakistano, ci si chiede quanto le coppie vincitrici fossero fin dall’inizio consapevoli e motivate a un simile “premio”, chi ne abbia valutato l’effettiva disponibilità a diventare genitori di quella bambina, chi potrà in futuro tutelare la piccole da eventuali, deprecati, maltrattamenti; quale sia la struttura pubblica deputata alle adozioni e come la stessa sia stata interpellata o sia intervenuta. Tutte domande cui, ovviamente, la notizia di cronaca non può dare risposta, ma che indicano la complessità di una vicenda adottiva. Bisogna comunque dare atto all’iniziativa televisiva di aver posto all’attenzione dell’opinione pubblica, non solo pachistana, la realtà dei tanti, troppi bambini abbandonati.

Leggi anche

Alluvione Emilia Romagna: cos'è successo, cause e polemiche/ Quali accuse alla Regione e le responsabilitàARCIPELAGO NAPOLI/ Armi, vigliaccheria e soldo facile: “Professò, non meritiamo tutto questo”