Gatto nero, gatto bianco. Gatto vivo, gatto morto. E’ curioso come Erwin Schrödinger, uno dei padri della meccanica quantistica, sia rimasto indissolubilmente legato al paradosso del famoso gatto nella scatola, che ha ispirato sia scienziati che filosofi nelle loro indagini. Una immagine senza dubbio efficace, ma che ha talmente monopolizzato l’immaginazione collettiva da essere l’unica cosa che la gente comune ricordi dell’esimio fisico. Ma in che cosa consiste il paradosso del Gatto di Erwin Schrödinger? Stiamo parlando di un “esperimento mentale”, ossia di un esperimento vero e proprio, ma non riproducibile con gli strumenti della fisica sperimentale. Insomma, non è possibile eseguirlo davvero ma solo “ripercorrerlo” con gli strumenti della logica. Arrivando quindi a un paradosso irrisolvibile. Lo scopo dichiarato, e già questo di difficile comprensione non solo per i non addetti – visto che si è dovuti ricorrere a un paradosso per dirimere la questione -, è quello di dimostrare come l’interpretazione “ortodossa” della meccanica quantistica risulti incompleta quando deve descrivere sistemi fisici in cui il livello subatomico interagisca con quello macroscopico.



Una scatola di acciaio; una “macchina infernale” composta da un contatore Geiger, una sostanza radioattiva (in minutissima quantità), un relais collegato a un martelletto, una fiala di cianuro.

Il decadimento di un atomo della sostanza radioattiva (una quantità calcolata in modo che ci sia la medesima probabilità nell’arco di un ora che un atomo decada oppure no) aziona il relais che consente al martello di rompere la fiala il cui cianuro ucciderà il povero gatto. Essendo impossibile guardare nella scatola, come è possibile determinare dopo un’ora se il gatto in essa contenuto è vivo oppure morto? Fino a quando l’atomo non si disintegra (e questo evento dipende unicamente dalla natura dell’atomo radioattivo scelto, quindi è un evento unicamente probabilistico), emettendo la particella che aziona il marchingegno letale, il gatto è sicuramente vivo; viceversa, al decadimento dell’atomo, il gatto va certamente incontro alla morte. Ma lo stato quantico dell’atomo è determinato dall’osservazione, e pertanto, se non si apre il contenitore, non risulta determinato neppure il destino dell’animale, che di conseguenza può essere considerato al contempo sia vivo, sia morto.



La forza evocativa del “gatto” nei paradossi scientifici o comici ha visto cimentarsi tantissimi personaggi nel ficcare il felino nelle situazioni più strane. Il paradosso del Gatto imburrato, è stato inventato dall’americano John Frazee a scopo goliardico combinando due “leggi” empiriche, secondo cui un gatto cade sempre sulle zampe e una fetta di pane imburrato cade sempre dalla parte del burro. Assunte queste due leggi come valide, basterebbe prendere un gatto e legare una fetta di pane imburrato sul suo dorso. Lanciandolo da una finestra, il gatto tenderebbe ad atterrare sulle zampe, mentre la fetta di pane imburrato tenderebbe a cadere dalla parte del burro; si creerebbe quindi un moto perpetuo in cui sia il gatto sia la fetta di pane continuerebbero a ruotare all’infinito. Essendo infatti impossibile che tocchi terra contemporaneamente sulle zampe e sulla parte imburrata, il gatto rimarrebbe a mezz’aria, opponendosi alla forza di gravità…



Infine, ecco una canzone – addirittura – dedicata al paradosso del Gatto di Schrodinger. Per chi faticasse a ricordare assunti e conclusioni, niente di meglio che mettere le parole in musica. E il gioco è fatto. Ma quanto a risolvere il paradosso…