Poche settimane fa, insieme ad un gruppo di colleghi parlamentari con cui avevamo discusso alcuni aspetti del disegno di legge contro l’omofobia, abbiamo inviato al quotidiano Avvenire una lettera il cui contenuto avrebbe potuto essere sintetizzato in due battute: No alla violenza contro gli omosessuali, Sì alla libertà di opinione e di espressione. Qualcuno però ha ritenuto eccessiva la nostra preoccupazione sulle possibili interferenze che il disegno di legge nella sua versione attuale potesse avere sulla libertà di opinione e di espressione.
Credo invece che quanto accaduto in questi giorni nella nota controversia tra Yelena Isinbayeva e Gianluigi Piras (Pd) mostri quanto sia attuale e quanto bisogno ci si di garantire a tutti libertà di opinione e di espressione, chiedendo nello stesso tempo a tutti di esprimersi in modo corretto e rispettoso. Una opinione infatti può essere espressa in modo del tutto legittimo e non rappresentare affatto una istigazione alla violenza.
Per di più il tema della libertà di opinione sta diventando sempre più caldo, grazie anche all’immediata ripercussione che possono avere parole postate su Face Book o su Twitter: espressioni che in pochi minuti possono fare il giro del mondo, suscitando reazioni tanto accese e violente da porre nuovi e seri problemi proprio in fatto di etica e libertà della comunicazione.
Per questo voglio commentare le due situazioni, entrambe incresciose, che si sono verificate nelle ultime 48 ore sempre in fatto di omofobia, uno dei temi più caldi insieme a quello della violenza alle donne che saranno al centro del dibattito pubblico alla ripresa dei lavori parlamentari.
La Isimbayeva, atleta russa specializzata nel salto con l’asta, prima donna a superare il muro dei 5 metri, campionessa olimpionica, mondiale ed europea, ben conosciuta anche al di fuori del mondo sportivo, pochi giorni fa aveva sostenuto una sua personale convinzione a proposito delle unioni omosessuali, dicendosi contraria alle unioni gay: “non normali”, le aveva definite. Il suo intervento aveva scatenato un pressing di proteste, di insulti, di aggressioni informatiche di una violenza tale, da obbligarla a ritrattare il suo punto di vista e ad affermare con nuova convinzione di essere contraria ad ogni discriminazione.
In realtà si può essere nello stesso tempo contrari alle unioni omosessuali e alle discriminazioni, non ritenendo affatto che considerare come unica forma possibile di matrimonio quello eterosessuale significhi discriminare una persona, i cui diritti individuali restano pur sempre pienamente validi e perciò stesso debbono essere oggetto di garanzia piena da parte della legge e della società.
Tra la prima e la seconda presa di posizione di Yelena Isinbayeva si è inserito con inusitata violenza Gianluigi Piras, politico sardo, che ha postato sul suo sito Facebook: “Isimbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza…”.
La volgarità delle sue parole e la violenza della immagine di stupro in piazza, come segno di massimo disprezzo, ha mobilitato l’universo degli appassionati digitali, non solo quelli di sesso femminile! Che si è scatenato contro di lui. L’incauto Piras non si è reso conto infatti che in questo modo incorreva nel nuovo reato previsto dal Decreto che il prossimo 20 agosto sarà presentato alla Camera e che intende contrastare ogni forma di violenza contro le donne. Per difendere un presunto diritto gay ha calpestato un reale diritto femminile: diritto alla integrità fisica, oltre che diritto alla libera espressione del proprio pensiero.
Una nuova ondata di proteste, questa volta contro Gianluigi Piras, ha invaso il web, raggiungendo i vertici del Partito democratico, che ne hanno sollecitato le dimissioni, giunte per altro dopo poche ore.
Gianluigi Piras, pur essendosi reso conto dell’impatto drammatico delle sue parole e pur avendo cercato in molti modi di scusarsi, è rimasto schiacciato dal peso delle sue stesse parole. L’ormai ex consigliere ha cercato di ridimensionare il senso delle sue parole, scaricandone la responsabilità su quella che gli appariva ancora come un’enormità: l’opinione della Isinbayeva, quando si era detta contraria alle nozze gay.
In altri termini ha cercato di dire: sono stato frainteso, forse ho sbagliato, ma certamente la Isinbayeva non aveva alcun diritto di affermare quanto ha detto contro le nozze gay. Appare quindi in modo chiaro che assai probabilmente secondo Piras l’interpretazione della legge contro l’omofobia, se passasse nella sua versione attuale, potrebbe implicare che opporsi alle nozze gay è un grave atto di discriminazione e come tale va punito, certamente in modi più decenti di quelli da lui ipotizzati, ma è comunque meritevole di censura e di condanna.
Ecco una situazione che nello spazio di poche ore aiuta a rilanciare tre cose:
− il mancato rispetto per la libertà di opinione della Isinbayeva, che l’ha obbligata a ritrattare e che sottolinea al di là di ogni ragionevole dubbio perché tanto stiamo insistendo nell’inserire nel disegno di legge contro l’omofobia la clausola di salvaguardia della libertà di espressione;
− una sorta di omofobia rovesciata che ha indotto Gianluigi Piras ad aggredire la Isimbayeva con un odio che istigava alla violenza financo di gruppo! In questo caso paradossalmente dovremmo chiedere una legge che tuteli tutti coloro che non sono favorevoli al matrimonio tra omosessuali!
− l’immediatezza con cui si è portati ad intervenire sui social network, da Facebook a Twitter, trasmettendo sentimenti e stati d’animo con una scarsa consapevolezza delle conseguenze che possono avere, una volta rilanciate, su di un universo che non controlliamo più e dal quale diventa impossibile tornare indietro.
Tutti sanno perfettamente che mentre alla Camera si discute la legge contro l’omofobia, al Senato si discute quella sul riconoscimento delle unioni civili. Che la legge contro l’omofobia possa quindi diventare un piano inclinato per facilitare l’approvazione delle altre leggi è quindi una preoccupazione tutt’altro che infondata. Il punto chiave su cui si addensano le nostre perplessità è quello che pone sullo stesso piano gli atti di violenza, a cui tutti diciamo un no assolutamente convinto, di qualunque forma di violenza si tratti!, e gli atti di discriminazione, senza affatto precisare che sottolineare delle differenze, oggettive, reali, non significa affatto discriminare, ma semplicemente prendere atto della realtà.
Si può votare una legge che dice no alla violenza? Si può e si deve!, si può votare una legge che usa in modo ambiguo il termine discriminazione e quindi lascia la legge in mano alle interpretazioni dei magistrati, che potrebbero usarla per un riconoscimento di fatto di unioni omosessuali, anche in mancanza di una legge ad hoc? A mio avviso non si può votarla e soprattutto non si può farla passare senza sollevare a priori le sue zone d’ombra e di incertezza.