Un editoriale de Il Corriere della Sera ha interrogato direttamente il Meeting di Rimini la domenica d’apertura. Sarebbe un errore – per gli animatori dell’evento e per tutti i suoi partecipanti – limitarsi a incassare “tout cort” un riconoscimento ennesimo, tutt’altro che implicito e tutt’altro che scontato nell’agosto 2013. Trentatré anni dopo la sua nascita – certifica Dario Di Vico – il Meeting è ormai parte integrante della vita civile del Paese: non c’è confronto con i convegni Dc o con le Feste dell’Unità che marcavano i fine-estate italiani “d’antan” .
Proprio la migliore “scuola di Rimini” insegna d’altronde che chiunque entri in contatto serio con il Meeting va preso altrettanto seriamente: questo è il “genius faber” dell’appuntamento. E il “column” del Corriere pone almeno tre questioni che vale quanto meno la pena di annotare all’inizio della settimana. Tre questioni legate da un filo rosso: l’attenzione di un osservatore come il Corriere sul futuro di Cl traguardato attraverso la multiformità delle sue “opere” (il Meeting è una fra queste); attraverso il suo rapporto con la vita politica del Paese; attraverso l’evoluzione della vita interna del movimento.
Il deposito di cultura della fede di Cl risponderebbe – d’acchito – che solo l’esperienza può fornire risposte autentiche e valide. Il Meeting – anno dopo anno – risponde per se stesso, dei propri successi come dei propri limiti, dei propri tentativi e delle proprie speranze: esattamente come migliaia di altre “opere” che continuano a sorgere dalla libertà di chi vive in comunione con il movimento. Anche i ciellini impegnati in politica rispondono sempre del loro operato in prima persona: anzitutto affrontando democraticamente il vaglio elettorale, in Italia, in Europa o altrove. Sul movimento – nel movimento – vigila e veglia, infine, don Julian Carron, che non per caso l’articolo del Corriere cita per nome, come successore di don Giussani: è lui il padre – unico e certo – di una famiglia ecclesiale che si riconosce “senza se e senza ma” nel magistero della Chiesa e del Papa.
Quasi sicuramente le curiosità del giornalista non sarebbero però soddisfatte: e rimarrebbero legittime. Il Meeting è la convention annuale di una lobby? In cosa si differenzia, come pretende di differenziarsi dai Forum di Cernobbio o di Davos che sono invece due “case” di un giornale cosmopolita come il Corriere della Sera? Cl fa tarda e imbarazzata autocritica su Silvio Berlusconi oppure continua a esercitare una libertà politica consolidata, che in passato è stata capace di auto-sciogliere il Movimento Popolare? Sul ventennio berlusconiano (o sul governo di Roberto Formigoni alla Regione Lombardia) era tutto sbagliato dall’inizio? Oppure sbaglia oggi chi è solo ossessionato dal mettere fra parentesi la seconda Repubblica come un brutto Medioevo contemporaneo?
Due ministri di prima fascia del governo in carica fanno parte di Cl, ma sono stati eletti in Parlamento in due formazioni diverse: è sufficiente questo per affermare che nel movimento ecclesiale di Comunione e liberazione esistono ormai “due o più istanze”, che in futuro ci saranno “due o più Cl”, “due o più Meeting”?
Il Meeting difficilmente è mancato all’appuntamento di un dialogo efficace o convincente: giorno dopo giorno, incontro dopo incontro. Riparliamone da domenica prossima in poi.