Carissimi amici del Sussidiario,
nubi nere si addensano all’orizzonte, il mondo della scuola deve aspettarsi un inizio difficile, tante sono le questioni irrisolte che rischiano di esplodere nel prossimo autunno che si prevede caldo, molto caldo. Il contratto e’ bloccato, il precariato sempre più una pentola che bolle e che nessuno riesce, non dico a bloccare ma almeno a diminuire di intensità. Giovani che vogliono insegnare senza prospettive sicure, e tante, troppe scuole in difficoltà finanziare e di conseguenza costrette a rivedere e ridurre l’offerta formativa. La situazione e’ difficile, realmente difficile, e non si può rimettere a posto ne’ a colpi di decreti ne’ con la protesta a tutti i costi e contro tutti. Rischiamo di andare incontro ad un inizio d’anno determinato dallo scontro ministero-sindacati, e questo non farà che esasperare le tensioni e soprattutto mettere in secondo piano la questione vera della scuola, quella che la crisi urge, come si possa educare dentro una condizione di reale difficoltà, di mancanza di strumenti e di disequilibri organizzativi insanabili. Di fronte ad una situazione di questo tipo c’è da chiedersi cosa ragionevolmente fare, se sia la protesta la strada da percorrere per ottenere quello che è giusto, se siano esasperanti le contraddizioni, farle esplodere augurandosi che dopo si viva meglio, che infine la scuola riprenda il suo corso. Bisogna che il mondo sindacale se lo chieda e visto che si sta armando per combattere la battaglia rivendicativa dell’autunno è necessario che si domandi dove porti questa protesta a tutto campo e spesso attuata per ragioni giuste.
A mio parere questa protesta porta a due cose che devono essere ben considerate prima di scatenare l’autunno caldo della scuola. La prima e’ che il paese e’ ancora in crisi, per cui rivendicare rischia di diventare una affermazione di parte. Questo e’ il rischio di un ritorno di sindacalismo che si fa forte di questioni giuste da porre, ma senza considerare l’insieme. Ad esempio e’ giusto protestare per il blocco del contratto, bisogna però chiedersi da che cosa sia motivato e sarebbe interessante anche che chi ha il posto di ruolo faccia il confronto con chi oggi perde il lavoro dopo tanti e tanti anni!
La seconda e’ che ancora una volta l’inizio dell’anno scolastico e’ segnato dallo scontro, e questo inevitabilmente mette in secondo piano ciò che invece dovrebbe caratterizzarlo: la tensione a costruire un clima positivo in cui insegnanti e studenti possano insieme percorrere la strada della conoscenza. 



Le condizioni sono difficili, ma la questione vera della scuola non è alzare i toni della protesta, è un’altra la questione: aprire spazi reali di dialogo per costruire l’educazione dentro condizioni segnate dalla crisi economica. Qui sta la questione seria del mondo della scuola, che prenda il sopravvento la tensione a costruire. Ci sono meno soldi? C’è’ uno stipendio che soffre? C’è una disorganizzazione latente che a macchia di leopardo esplode? Si, vi è tutto questo e rappresenta una sfida per rilanciare l’educazione. Questa è la sfida del prossimo anno scolastico, verificare se sia possibile educare dentro condizioni di difficoltà, se a scuola l’uomo e le sue domande riescano a sfondare i limiti di una situazione di reale sofferenza. Una sfida interessante!

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