Solo poche settimane fa, prima dell’estate, sembrava un settore in piena crescita, ani un autentico boom: i negozi di sigarette elettroniche aprivano quasi a ogni angolo delle città. Adesso invece è già crisi: colpa di un fenomeno passeggero che non ha colpito a fondo nel mercato o piuttosto colpa della tassa applicata dal governo a questo settore? I produttori di sigarette elettroniche non hanno dubbi: colpa del governo. L’imposta di consumo del 58,5% è la stessa delle sigarette tradizionali e dunque scoraggia i possibili acquirenti. Non dovrebbe esserlo, visto che chi si rivolge alla sigaretta elettronica lo dovrebbe fare per evitare i rischi di salute connessi a quelle tradizionali, ma invece secondo i produttori il fatturato è calato del 50% e molti sono i negozi che stanno già chiudendo. Secondo i produttori questo calo entro la fine dell’anno raggiungerà l’80% del fatturato globale. Massimiliano Mancini, presidente di ANaFE (Associazione Nazionale Fumo Elettronico) sottolinea che rischiano il posto di lavoro circa 3mila persone: lo ha detto in una lettera inviata al ministro del lavoro in cui si chiedono già dei sussidi. “Il nostro è un settore che nel 2012 ha realizzato un fatturato di circa 350 milioni di euro con l’apertura di circa 3.000 punti vendita e l’impiego di un totale di circa 4.000 persone (escluso l’indotto), ma che nel 2014 possiamo tranquillamente prevedere sarà ridotto a meno di un quarto” spiega. Una manovra suicida quella del governo, dicono, perché lo stato perde così tra i 60 e i 70 milioni di euro: “Così la tassa che doveva servire, nelle intenzioni dichiarate dal governo, a coprire il rinvio dell’aumento dell’iva, si tradurrà di fatto in un clamoroso flop”.