E’ una donna molto bella, i suoi occhi sono blu come il mare e il tono delle sue parole è dimesso e fermo, ci convince davvero, ne è davvero convinta. Che suo padre, Totò Riina, è stato un bravo padre, che l’ha molto amata, che è orgogliosa, anzi, onorata, di portare il suo cognome. E usa sommessamente proprio la parola “onorata” richiamando così quel concetto di “onore” a cui si rifà l’ideale mafioso e tanti vecchi film.
Lei è cresciuta dentro quel mondo ideale. E’ legata alla madre che, riporto testualmente, le ha insegnato a leggere e scrivere, le ha insegnato le preghiere che assieme dicevano tutte le sere.
Mi spiace tanto per te, ragazza mia.
Mi spiace perché non hai potuto andare a scuola come tutti i tuoi coetanei, com’era tuo diritto sancito da quello Stato che la tua famiglia invece rinnegava, imbrogliava, da cui si nascondeva. Quante giocate ti sei persa, quante amicizie.
Mi spiace per quella religione falsa, eretica: hai ascoltato le parole di Giovanni Paolo II?
Quante verità ti sei persa, quanta dolcezza e misericordia.
Eppure tu sei ferma in tuo padre, lo ami.
Lui si è fatto amare da te, da tua madre in primis che te lo ha fatto amare, te lo ha sempre rappresentato come amore.
Così funzione il cuore dell’uomo; il cuore di un figlio.
Un figlio, educato alla maniera del padre, nello stato delinquenziale e mostruoso del padre. Era diverso il figlio di Lenin? Suo padre volle per lui la scuola d’infanzia migliore, fondata a Mosca da Sabine Spielrein, allieva prediletta di Carl Gustav Jung, che finì uccisa dai nazisti in quanto ebrea.
Ogni regime ha le sue scuole, ogni fondamentalismo si occupa di allevare i propri figli secondo i dettami e le sue regole.
Perché ci stupiamo? Perché le polemiche?
La vogliamo capire l’importanza dell’educazione?
Nel suo significato latino “e-ducere” cioè “portare a”, condurre. L’educazione conduce il figlio al padre. Alla sua natura, a ciò che è, ai suoi valori più veri, quelli che traspaiono dal tessuto umano in cui vive. L’educazione plasma un uomo, lo conduce a credere in quello che gli è porto.
Lucia è sincera: l’esempio perfetto.
Sono le colpe dei padri che ricadono sui figli; i figli nascono innocenti, le assorbono vivendo. Il primo educatore è il padre. Questo sconosciuto, questa figura che nella mentalità moderna è tanto vituperata: leggiamo Claudio Risè, ce ne faremo un’idea più precisa.
Guardando Lucia, i suoi occhi così belle e le sue buone maniere dovremmo rabbrividire e cercare di rammendare quello che si sta stracciando dei padri: abbiamo bisogno di padri!
Di uomini veri, di educatori giusti e amorosi che hanno chiaro in mente cosa è bene e cosa è male!
Uomini che hanno l’idea giusta della democrazia e dello stato, che hanno nel cuore la fede in Dio, nel Dio di Cristo, che non ha ammazzato nessuno nel nome di un presunto ideale ma che si è fatto uccidere per tutti i peccatori del mondo, del tempo (sì, anche per Totò e per Lucia, se Glielo chiedono); che ha promesso di ridarci, resuscitando, i nostri cari, tutte le vittime perdute.
Abbiamo bisogno di una educazione rinnovata, che non si fondi sui programmi o sui testi, ma sugli insegnanti: sono loro che porgono ai nostri figli il sapere, inutile senza l’essere.
Perché l’uomo è fatto per l’uomo, la scuola deve essere su misura dell’uomo.
Fatta di uomini da cui valga la pena imparare.