Gira da qualche tempo un finto spot pubblicitario, realizzato dagli studenti della Filmakademie del Baden-Wuerttemberg, in cui una macchina particolarmente “intelligente”, in grado di fermarsi davanti agli ostacoli, ad esempio dei bambini che giocano,investe deliberatamente e uccide un Adolf Hitler bambino. Il commento che qualcuno ha fatto suona così: “resta un interrogativo: come sarebbe cambiata la storia se fosse stata questa la fine di colui che sarebbe diventato il sanguinario dittatore?”.



Non si vuole qui dare ad uno spot di cattivo gusto un valore che non ha. Però può essere utile chiedersi perché una simile pubblicità possa riscuotere tanta attenzione.

Forse non tutti sanno che ad inventare il motore a scoppio fu un sacerdote italiano, padre Eugenio Barsanti, a metà ottocento. Il fine di questo sacerdote era una produrre una macchina che fosse meno pericolosa per l’uomo, più efficace e più economica della macchina a vapore. Questo è la macchina: uno strumento fatto per l’uomo, per il suo bene, per il suo progresso. Al suo servizio.



Oltre cento anni più tardi, il “servo di Dio” Lejeune scopriva la causa genetica della sindrome di down, e il dottor William Liley, pioniere della fetologia, applicava per primo tecniche di diagnosi pre-natale. Entrambi con un fine: non selezionare i bimbi “buoni”, quanto a salute e  genetica, ma curarli, se necessario. Il loro desiderio sarebbe stato violato infinite volte.

Oggi la macchina nota come ecografo, che sfrutta gli ultrasuoni, studiati, per la prima volta, dal sacerdote reggiano Lazzaro Spallanzani osservando i pipistrelli, può essere strumento di indagine, e di prevenzione, oppure strumento di selezione.



La macchina, creata dall’uomo, insomma, può essere usata per lui o contro di lui. Dipende dalla visione di Dio, della vita e dell’uomo, che si ha. Possiamo davvero augurarci una macchina che decida della vita di un uomo? Di più, della vita di un bambino, come tale innocente?

Oggi questo rischio c’è: consiste nel credere nella possibilità di prevenire il male, specialmente fisico, attraverso la selezione del malato.

Di qui l’ampio ricorso all’aborto selettivo, e all’eugenetica prenatale, soprattutto tramite le pratiche di Fiv. Di più: di qui le ricerche sulla clonazione umana e sull’utero artificiale, convinti che quest’ultimo liberi la donna dalla gravidanza e costituisca per il feto un luogo sì artificiale ma più sicuro, più “igienico”, più “scientifico”.

In verità, mentre si uccide il piccolo Hitler, da una parte si omette di considerare che esistono educazione, libertà, religione, pietà, come unici “antidoti” alla malvagità umana; dall’altra si prospetta l’idea di un mondo sotto controllo “scientifico”, che è lo stesso sogno che nutriva proprio Hitler, in quanto figlio del positivismo materialista ottocentesco. Sia nel Mein Kampf che in Conversazioni a tavola, troviamo come idea fondamentale di Hitler proprio questa: che la scienza, avversata a suo dire dalla Chiesa – troppo intenta a difendere i deboli, i malriusciti, e la libertà spirituale -, dovrebbe servire a riconoscere che ognuno di noi è già determinato (“il criminale nato rimarrà sempre un criminale”), sin da piccolo, dalla sua biologia (dalla sua materia). Allo Stato il compito di prevenire: sterilizzando, costringendo all’aborto forzato, eliminando con l’eutanasia (programma t4) bambini ed adulti malati o mutilati…  

Insomma, se al posto del bambino Adolf, mettessimo bambini malati (o mistisangue, non ariani…) Hitler approverebbe quella pubblicità.