Pubblichiamo il messaggio di Don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione per i pellegrini verso Czestochova.  

Carissimi, il pellegrinaggio è per chiedere la fede, perché questa è la cosa più urgente ora. Per la natura del gesto, siete facilitati a cogliere questa urgenza, perché – essendo lungo e impegnativo – si passa attraverso momenti (come nella vita quotidiana) in cui emerge più facilmente la consapevolezza di tutto il nostro bisogno, del bisogno che tutti abbiamo. E questo non verrà a galla perché facciamo un discorso o diamo una spiegazione, ma attraverso la strada, le circostanze: la stanchezza, le difficoltà, la solitudine (nel senso vero del termine: sentire la propria impotenza, che è segno di ogni esperienza umana vera, dice don Giussani). Proprio dall’esperienza che farete lungo il cammino sorgerà la coscienza del vostro bisogno e la domanda: «Che cosa avvertiamo di più necessario, se non il bisogno che una presenza ci accompagni lungo la strada della vita?». Questo dovete chiedere: che la Sua presenza si manifesti in modo così potente che possiate riconoscerla, perché la fede – don Giussani ce lo ha sempre insegnato – è il riconoscimento di una Presenza presente. 
Come ci ha detto Papa Francesco il 18 maggio a Roma, «l’importante è Gesù e lasciarsi guidare da Lui». Siete fortunati, perché da mattina a sera potrete abbandonarvi a Colui che segnerà i passi da seguire. Se tornaste a casa da Czestochowa avendo sperimentato la fede come una esperienza presente, come il riconoscimento della Sua presenza presente, sarebbe il dono più grande per continuare a vivere. Non vedo una urgenza più decisiva di questa per ciascuno di voi, perché la sperimento innanzitutto in me. 
Certo, prima di partire uno vorrebbe avere alcune sicurezze. E pur avendo preparato tutto bene ma non essendo sicuro di che cosa lo aspetta, si lascia afferrare da qualche paura. Come educarci a vincere queste paure che molte volte sono senza fondamento? 
Ricordatevi che non andate da soli a Czestochowa, ma insieme. E questa è già una iniziale risposta, ma – come vedrete col passare dei giorni – questo non vi risparmierà le sfide né le difficoltà, ma sarà proprio attraverso le sfide e le difficoltà che potrete sperimentare la sorpresa di Cristo presente, compagnia alla vostra vita, e vedere che non c’è alcuna circostanza in cui Cristo non si possa manifestare. Questo è decisivo per vincere la paura, perché non la si supera restando nella propria stanzetta, senza rischiare nella realtà. Come ci ha sempre detto don Giussani, la vita come vocazione è un camminare al destino attraverso le circostanze, che sono parte della modalità attraverso cui il Mistero si rivela. Il popolo di Israele ha acquistato questa certezza in mezzo a tutte le paure e le vicissitudini, attraverso le circostanze, come i discepoli, come la Chiesa, come ciascuno di noi. 
Le paure non si vincono restando fuori dalla mischia, ma attraversandola. Non potrai rinviare il pellegrinaggio a domani perché sei stanco e mancano ancora trenta chilometri, non ti è consentito distrarti facendo altro, perché devi pur camminare, non puoi sederti. È questo “l’attraverso”! Perciò devi costantemente darti le ragioni per cui vai avanti. Questo è il valore pedagogico di un gesto come il pellegrinaggio, che fate liberamente, non è imposto o subìto (come una malattia o gli esami universitari). Il pellegrinaggio è per imparare che cos’è la vita e chi è Cristo che ci accompagna in questa avventura. Vi auguro che questo venga fuori nell’esperienza che farete, altrimenti Cristo potrebbe rimanere come «il ritratto di una bella donna scolpito nel monumento sepolcrale della medesima» (G. Leopardi). Dovete tornare più certi di ciò che vi ha messo in cammino e darcene testimonianza.



La vita è un camminare verso la meta. Tanto è vero che la Bibbia parla dell’homo viator, l’uomo che va lungo la via. La questione è che questo diventi sempre più cosciente, perché – dice don Giussani – «la vita si esprime […] innanzitutto come coscienza di rapporto con chi l’ha fatta»: tu sei rapporto con Chi ti fa adesso, questo fa parte della dimensione del tuo vivere. «La preghiera è accorgersi che in “questo” momento la vita è “fatta”. […] La preghiera, così, non è un gesto a parte, ma realizza la prima dimensione di ogni azione» (di ogni azione!). Mentre camminate, nelle ore della vostra giornata, «l’atto di preghiera sarà necessario per allenarci a tale coscienza di ogni azione. Per questo, il più alto vertice della preghiera non è l’estasi, ciò una coscienza del fondo tale che uno smarrisce il senso del solito; ma piuttosto vedere il fondo come si vedono le cose solite» (All’origine della pretesa cristiana, pp. 113-114).
L’uomo per natura è un viator e noi siamo sempre nello status viatoris, siamo sempre “camminanti”, è una dimensione del vivere. Ma possiamo vivere camminanti distratti o camminanti coscienti: non per il fatto che siamo camminanti, non per il fatto che io e te riceviamo costantemente la vita, per ciò stesso siamo anche coscienti che la riceviamo! È questa consapevolezza che ci fa dare spazio alla preghiera, a questo atto che facilita la nostra presa di coscienza, non per chiudere la partita (come a dire: «Adesso ho fatto il mio atto buono di preghiera e posso passare ad altro, dimenticandomi), ma perché questo diventi sempre di più la dimensione di ogni azione. 



Tra le intenzioni che porterete alla Madonna Nera, vi chiedo di metterne una per il Movimento, perché è il luogo che Cristo ci ha dato per accompagnarci e poiché ci interessa trovare sempre compagni di strada che ci aiutino a questo, perché questo è il Movimento. E poi “portate” con voi anche me, a cui don Giussani ha chiesto questa responsabilità: che io possa aiutare il Movimento a essere il luogo di un’esperienza presente.

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