Cosa rende davvero un uomo libero? La domanda è rimbalzata subito dopo aver letto l’atteso articolo di Domenico Quirico sulla Stampa, sui suoi giorni di sequestro in Siria. E dal racconto traspare che è sempre un rapporto ciò che ti rende libero, anche in condizioni disumane: il rapporto con qualcuno che ti parla, il rapporto con Dio, perché in quei momenti viene fuori anche la fede semplice di Bernanos, ha detto Quirico, la sua essenzialità. C’è una coincidenza temporale fra la giornata di preghiera del Papa unita all’invito a digiunare per scongiurare il pericolo di una terza guerra mondiale e il rilascio insperato, visto l’inasprimento del conflitto, dei due giornalisti. “C’è tanto Dio” ha scritto nelle sue ultime righe del pezzo di martedì sulla Stampa Domenico Quirico, raccontando i 5 mesi di buio in cui si è trovato. E a proposito di rapporto, l’altro giorno sono capitato in un negozietto lindo a Milano, in via Ripamonti 187 (tel. 0255231682) dove l’insegna porta scritto Sapori Mediterranei. Questo gioiello l’hanno creato Rosario e Teresa due compagni nella vita che si sono abbracciati tirandosi via da un passato che anche per loro aveva qualche ombra. Bè, in quel negozietto solare mi ci ha portato Vincenzo, che conosce da cinque anni Rosario e che è stato in quel rapporto di amicizia dentro cui la vita riprende dignità. E qui, in via Ripamonti, si viene per toccare con mano la freschezza delle specialità campane, a cominciare dalle mozzarelle di bufala che vengono consegnate ogni mattina da un caseificio di Montecorvino Rovella (Sa), che è il paese del pane (il mio preferito è da Sapori di casa, in corso Umberto I, 74). Ma quello che mi ha colpito di Rosario, almeno per me che giro l’Italia in cerca di cose buone, è la selezione degli altri prodotti assolutamente originali: dai vasetti di friarielli e funghi sott’olio di Ciro Abagnale di Sant’Antonio dell’Abate, alle freselle, taralli e saltimbocca di Gerardo Cerrito di San Sebastiano al Vesuvio. In questo negozietto dove la mozzarella è freschissima, ci si ferma anche per una degustazione, nel soppalco, o per imbastire una cena a casa fra amici con prodotti davvero buoni che dicono quanto l’Italia sia una miniera di specialità. Nel carrello della spesa non vanno dimenticati i carciofini e le zucchine a scapece, la scarola stufata con capperi e olive, il capocollo e un prosciutto crudo molto buono.



E poi la pasta di Gragnano, l’olio extravergine di oliva, i vini del Vesuvio, i pomodorini biologici e il babà accanto alle sfogliate e alle pastiere di grano. Ora, io di negozi ne visito tantissimi in un anno, perché il cuore del Golosario è innanzitutto una teoria di 4.000 esercizi, ma questo di Rosario che brilla in una via di Milano, come potrebbero essere tanti altri, mi ha colpito per l’originalità della sua selezione, che nasconde una passione innata per la propria terra, portando in un grande città un paniere di prodotti che altrimenti non avrebbero mai decollato oltre il loro confine. La sua mozzarella è poi talmente buona, che diversi ristoratori, ma anche titolari di pizzerie, hanno cominciato ad affacciarsi in via Ripamonti. E mi sembra di rivedere l’epopea di Salvatore De Riso di Minori, che oltre 10 anni fa sbarcava a Milano, all’Expo dei Sapori, e veniva premiato per la sua torta di ricotta e pere che nessuno conosceva. Be’ Milano è questa cosa: un abbraccio che ti permette di ripartire, una luce che valorizza, un insieme di rapporti che sono come quella sete evocata di Quirico nel suo racconto. Questa Milano che diventa piazza delle migliori cose buone d’Italia sarà poi tutta a Golosaria, dal 16 al 18 novembre, al Superstudio Più di via Tortona. E ci sarà anche Rosario, naturalmente, ci saranno i migliori produttori di cose buone d’Italia (sul sito www.golosaria.it i primi dettagli). Ci sarà tutto questo, per dire che le cose buone e belle hanno la forza di riportarci al dono che noi siamo, unici e irripetibili. Come quella torta di mele che le figlie di Domenico gli hanno fatto trovare a casa, nella sua Govone, al rientro da un viaggio nel buio pesto.



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