“La lettera di papa Francesco da noi pubblicata ieri ha suscitato in me, nel nostro direttore Ezio Mauro e in tutti i colleghi una grande emozione. Penso che la stessa emozione l’abbiano avuta tutti coloro che l’hanno letta”. Il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, inizia a commentare così la lettera inviatagli ieri dal Pontefice. “Leggendo le parole del Papa – scrive Scalfari – il nostro pensiero è chiamato e stimolato a riflettere di fronte alla concezione del tutto originale che papa Francesco esprime sul tema ‘fede e ragione’, uno dei cardini dell’architettura spirituale, religiosa e teologica della Chiesa”. C’è una frase del Papa che merita, secondo il giornalista, una particolare attenzione: “La fede cristiana… è stata espressa attraverso il simbolo della luce”. Per trovare questo simbolo bisogna tornare all'”incipit” del Vangelo di Giovanni, aggiunge Scalfari, laddove l’evangelista, “negli ultimi tre versi poetici e profetici”, scrive: “[…] e la vita era la luce degli uomini/e la luce risplende tra le tenebre/ma le tenebre non l’hanno ricevuta”. Qui, negli ultimi tre versi poetici e profetici, “nasce la visione cristiana del bene e del male: la vita era la luce degli uomini, ma le tenebre non l’hanno ricevuta”.
Papa Francesco, prosegue Scalfari, “sviluppa questa visione della contrapposizione tra luce e tenebre, tra bene e male, in modo originalissimo”, tanto che “un’apertura verso la cultura moderna e laica di questa ampiezza, una visione così profonda tra la coscienza e la sua autonomia, non si era mai sentita finora dalla cattedra di San Pietro. Neppure papa Giovanni era arrivato a tanto e neppure le conclusioni del Vaticano II, che avevano auspicato l’inizio del percorso ai pontefici che sarebbero venuti dopo e ai Sinodi che avrebbero convocato”. Il Pontefice, invece, “quel passo l’ha fatto ed io lo sento profondamente echeggiare nella mia coscienza”. C’è poi un altro aspetto importante di natura politica, quando il Papa scrive della distinzione tra la sfera religiosa e quella politica (“Alla società civile e politica tocca il compito arduo di articolare e incarnare nella giustizia e nella solidarietà, nel diritto e nella pace, una vita sempre più umana. Ciò non significa fuga dal mondo o ricerca di qualsivoglia egemonia, ma servizio all’uomo, a tutti gli uomini, a partire dalle periferie della storia e tenendo desto il senso della speranza”): Scalfari afferma che al Papa sfugge “la visione dell’autonomia della politica”, ed “è comprensibile che sia così. Uno come lui non può concepire la politica che nel quadro di un servizio ai cittadini. Questa opinione è perfettamente condivisibile ma non può escludere l’egemonia. In un regime di libertà e di democrazia convivono diverse visioni del bene comune, che si confrontano e si scontrano tra loro. Chi ottiene la maggioranza dei consensi e quindi l’egemonia, cerca di realizzare la sua visione del bene comune. Resta o dovrebbe restare un servizio, che passa però attraverso la conquista del potere”.
Questo, scrive il giornalista, “Papa Francesco lo sa, e la Chiesa cattolica infatti l’ha sperimentato facendo del potere temporale uno dei cardini della sua storia”. La pastoralità, la Chiesa predicante e missionaria, “c’è sempre stata e Francesco d’Assisi ne ha rappresentato la più fulgida ma non certo la sola manifestazione. Tuttavia non ha quasi mai avuto la prevalenza sulla Chiesa istituzionale”. Papa Francesco, secondo Scalfari, “ha interrotto e sta cercando di capovolgere questa situazione. La trasformazione in corso nella Curia e nella Segreteria di Stato sono segnali estremamente importanti. Temo però che molto difficilmente ci sarà un Francesco II e del resto non è un caso se quel nome non sia stato fin qui mai usato per il successore di Pietro”. Eugenio Scalfari poi conclude: “Chi come me non solo non ha la fede ma neppure la cerca; chi come me sente il fascino della predicazione di Gesù e lo ritiene uomo e figlio dell’uomo, non può che ammirare un successore di Pietro che rivendica la Chiesa come luogo eletto affinché il sentimento di umanità custodito in vasi d’argilla non venga distrutto dai vasi di piombo che fuori e dentro la Chiesa spezzano i vasi d’argilla”. In conclusione arriva forse il passaggio più personale dello scritto di Scalfari: “Il Papa mi fa l’onore di voler fare un tratto di percorso insieme. Ne sarei felice. Anch’io vorrei che la luce riuscisse a penetrare e a dissolvere le tenebre anche se so che quelle che chiamiamo tenebre sono soltanto l’origine animale della nostra specie. Più volte ho scritto che noi siamo una scimmia pensante. Guai quando incliniamo troppo verso la bestia da cui proveniamo, ma non saremo mai angeli perché non è nostra la natura angelica, ove mai esista”.