Troppo facile pensare a Prévert. “I ragazzi che si amano si baciano in piedi/ Contro le porte della notte/ E i passanti li segnano a dito. Parigi, anni 50. Egitto, 2013. I ragazzi che si baciano compaiono in una foto, postati da un attivista su facebook. Lui ha i riccioli scuri e una felpa sbarazzina. Lei non si vede, persa in quel bacio. Spicca il suo copricapo, uno scintillante hijab rosa.   Sembrano non curarsi dei passanti, come tutti i ragazzi del mondo. Solo che in Egitto è un atto pericoloso: i passanti non segnano a dito, tirano pietre, e la legge glielo permette. 



Si indignano,   perché un bacio in pubblico è reato, e postano sulla rete commenti apocalittici. “Finiranno all’inferno”, “Sono atei”, con inviti a punizioni esemplari. Eppure la religione non vieta l’amore. Eppure quei due ragazzi non sono apostati o blasfemi. Probabilmente pregano cinque volte al giorno, probabilmente lei, che chiameremo Farida, “perla rara”, è orgogliosa della sua fede, e di mostrarla a tutti coprendosi col velo.



Non so se si siano messi in posa, o quel bacio sia stato carpito furtivamente con uno scatto inaspettato. Non so se il loro gesto sia una provocazione, studiata, cercata, voluta per chiedere ciò che è normale, naturale, umano. Non c’è nulla di osceno in quel bacio, nulla di pericoloso o di offensivo. Non fa male quel luccichio degli occhi che immaginiamo persi gli uni negli altri, quel cuore che batte forte e sente il paradiso, quelle braccia timide che si stringono. Timide, perché lui le appoggia la mano sulla spalla, lei neppure osa accarezzargli i riccioli bruni. 

Dio certo benedice quell’abbraccio, e sorride. Dio che ama ad uno ad uno i suoi figli, e ci dona i palpiti d’amore non per metterci alla prova, per tenderci lacci insidiosi, ma semplicemente perché è sua volontà che le sue creature si incontrino, possano amarsi. Che Dio sarebbe, un giudice che costringe, che impone il nascondimento, la menzogna, che erge i suoi fedeli a guardiani arcigni di una fede ridotta a regola, e li precetta per apparecchiare segregazione, oppressione, per inneggiare all’odio verso chiunque osi semplicemente accogliere i suoi doni, la ragione, ed il cuore. 



Che Dio sarebbe, quello che avesse creato uomini e donne per renderli schiavi dei sui precetti, e non liberamente chiamati a farli propri. No, la religione non c’entra, il Dio chiamato in causa disapprova, e mestamente guarda che ne hanno fatto, delle sue luminose parole donate in un Libro.  Dovremo interrogarci a fondo sull’enfasi trionfalistica con cui abbiamo letto le varie primavere arabe. 

Su quelle rivoluzioni poi sfociate nel sangue, o in governi frettolosamente insediati, pronti alla vendetta e alle assurde imposizioni della shaaria. E non fermiamoci al velo, che per noi saputelli d’occidente è segno di sottomissione e arretratezza culturale. E pensare che le ragazze che lo indossano con eleganza e umile determinazione sono tante, nelle nostre strade e università, e non sono affatto tutte obbligate. 

Perché ci scandalizziamo oggi della mancata acquisizione di una laicità che volevamo simile alla nostra? Le parole non hanno dappertutto lo stesso significato. Per noi laicità uguale senza Dio, quando si tratterebbe solo di difendere i diritti della persona, che proprio da Dio vengono. Non si tratta del velo, ma della possibilità di studiare, di scegliersi uno sposo, di lavorare a viso aperto, di essere quel che è stato dato alle donne di essere (perché è alle donne che la libertà è negata), fonte di creazione, generate generatrici, maestre e amiche dispensatrici di tenerezza, forza d’animo, educazione, cura, intelligenza, abnegazione. 

Noi ci scandalizziamo tante volte di baci e abbracci esibiti in pubblico. Non siamo tutti bacchettoni, abbiamo ragione: perché non ci piacciono i baci che sono apertamente preliminari sessuali, che solo il sesso come istinto bramano, che non conoscono quella necessaria minima distanza, quel riserbo, quella complicità di rispetto e segreto, magari sognando l’attimo e il luogo per una stretta più intensa, per un bacio che schianti. Ma nei due ragazzi adolescenti che si baciano in Egitto non c’è lascivia né volgarità, c’è solo la purezza e la bellezza di un inizio, di una speranza, e chissà mai se si compirà. C’è il sentirsi grandi e coraggiosi, capaci di dire a tutti eccomi, io sono lui, lui è me stessa.  

Chissà, c’è il sogno di un futuro di pace, dove si possa abbracciarsi e danzare e cantare, tutti insieme, per le piazze, pronti a costruire quel mondo che tutti, a quindici, sedici anni, vogliono giusto e bello. Non importa se il loro amore non sarà per sempre. Sarà per sempre, senza rancore e rassegnazione, se sarà nella libertà. “I ragazzi che si amano sono altrove molto più in alto del giorno nell’abbagliante splendore del loro primo amore”. È un peccato grave obbligare questi ragazzi a fingere, a perdere la fede. Questo è il vero scandalo.