Il 19 settembre si celebra san Gennaro, nato a Napoli probabilmente nel 272 e morto a Pozzuoli nel 305; luogo e data di nascita non sono certi e vi sono tradizioni diversi che vogliono che San Gennaro sia nato nel capoluogo campano oppure a Benevento, città di cui fu vescovo e dove ancora oggi è meta di visite e pellegrinaggi la sua ipotetica casa natale, identificata dalla credenza popolare all’interno di alcuni ruderi di origine romana, in una via dedicata al santo. A Benevento, certamente, al di là della leggenda, il vescovo Gennaro svolse il suo apostolato, amato dai cristiani e molto rispettato anche dalla comunità pagana. Durante il suo vescovato, ai tempi della persecuzione dei cristiani a opera dell’imperatore Diocleziano, Gennaro si recò a Pozzuoli in visita ai fedeli; il suo amico Sossio, diacono di Miseno, si incamminò verso Pozzuoli per assistere all’omelia di Gennaro ma fu arrestato lungo la strada su preciso ordine del governatore della Campania, Dragonio o Dragonzio. Gennaro, accompagnato dal diacono Festo e dal lettore Desiderio, andò a far visita al prigioniero suo amico, ma l’implacabile Dragonio li fece arrestare e li condannò a essere sbranati pubblicamente dai leoni o dagli orsi, in base alle differenti tradizioni, nell’anfiteatro di Pozzuoli. La leggenda vuole che le belve feroci si siano inginocchiate al cospetto dei condannati, a seguito della benedizione che Gennaro fece agli altri prigionieri: in realtà, la condanna fu sospesa perché il governatore era lontano dalla città, impegnato in altri affari più urgenti. Fu così lanciata una nuova condanna, che prevedeva la decapitazione, che avvenne nel 305 nelle vicinanze del Forum Vulcani. Questa è la leggenda più conosciuta e più diffusa, ma in realtà negli Atti Vaticani sono narrati svariati episodi, tra cui quello che vede Gennaro ancora una volta condannato alla decapitazione: durante l’esecuzione, il vescovo avrebbe appoggiato un dito vicino alla gola e il boia con la scure avrebbe tagliato sia la testa che il dito. Il sangue sgorgato dal corpo morto di Gennaro sarebbe stato conservato in due ampolle che, nei secoli, sono diventate parte dell’iconografia legata al Santo. Le due piccole ampolle sono conservate sigillate all’interno del duomo di Napoli, sull’altare maggiore della Cappella del Tesoro, e la più grande delle due è quella il cui contenuto è soggetto periodicamente alla liquefazione: già a partire dal 17 agosto 1389 pare, appunto, che il sangue contenuto in una delle due ampolle abbia ripreso lo stato liquido e da allora il prodigio si ripete ben tre volte all’anno, attirando migliaia di fedeli, il primo sabato di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre, in memoria della terribile eruzione del Vesuvio avvenuta nel 1631.
Il prodigio della liquefazione a volte, raramente, non avviene e in questo il popolo napoletano vede un cattivo auspicio per i mesi a venire e per eventuali calamità, mentre, quando la liquefazione si manifesta, viene interpretato come segno di buon auspicio per il futuro della città. Finora non vi sono state spiegazioni scientifiche al fenomeno, se non la dimostrazione che effettivamente si tratta di sangue umano. San Gennaro è uno dei santi dell’antichità più venerato, soprattutto in Campania dove molte persone portano il suo nome, che deriva dal latino Ianus, ovvero Giano bifronte, il dio custode delle chiavi del cielo. È il patrono di Napoli fin dal V secolo.