“Era evidente fin dall’inizio che il pentito Vincenzo Scarantino non era un teste attendibile nel processo Borsellino. Il vero scandalo è che tutta l’azione giudiziaria della Procura di Caltanisetta si sia basata sulla sua deposizione, senza che quest’ultima fosse prima stata verificata, controllata o riscontrata”. Ad affermarlo è Calogero Mannino, ministro per il Mezzogiorno all’epoca in cui avvennero le stragi del ‘92, a proposito della notizia che getta nuova luce sul processo Borsellino. Nel 1995 il pentito Scarantino concesse un’intervista a Studio Aperto, in cui affermò che la sua confessione di essere l’autore dell’omicidio del magistrato sarebbe avvenuta sotto tortura. Poche ore dopo la Procura di Caltanisetta inviò la polizia nella redazione di Studio Aperto e ordinò la distruzione del video dagli archivi e da tutti i server. A distanza di 18 anni però è riemersa una copia di quel filmato diffuso da diversi siti web. Per Mannino, “l’uccisione di Falcone e Borsellino fu ordinata da Riina e Provenzano perché non perdonavano alla Dc il fatto di avere garantito tutte le condizioni per lo svolgimento del Maxiprocesso”.



Mannino, che cosa ne pensa di questa vicenda del video di Scarantino?

La Procura di Caltanisetta sta rifacendo il processo Borsellino e ha identificato autori che sono diversi da quelli indicati nella confessione di Scarantino. Tra l’altro ora viene fuori che il pentito, dopo avere confessato la sua colpevolezza, ritornava sui suoi passi e proclamava la sua innocenza. Quello che emerge è quindi un intrigo singolare.



Quale luce getta questa notizia rispetto a quanto si sapeva già?

Io ho il sangue raggelato. Alla notizia che mi si vuole fare un processo come concorrente della trattativa, perché avendo paura avrei indotto i carabinieri a trattare, io rimango esterrefatto rispetto a tutto.

Ritiene possibile che un pentito sia stato torturato in carcere?

Questa è una di quelle cose che appartiene all’ordine del “si dice ma non ad alta voce”.

Fatto sta che sulla base della deposizione di Scarantino sette persone sono state condannate all’ergastolo per poi scoprire che erano innocenti…

Non sono solo loro, sono numerosi gli innocenti che sono stati processati in Sicilia, e io sono uno di loro. Ma il vero scandalo è un altro…



 

Quale?

Era evidente fin dall’inizio che Scarantino fosse un pentito non attendibile.

 

Si può organizzare tutta l’azione giudiziaria delle Procure solo per le dichiarazioni di un pentito?

La sua deposizione è stata presa subito per buona senza averla verificata, controllata o riscontrata. Il vero punto è che cosa sia stato consentito ai pentiti.

 

Che cosa si voleva nascondere?

Non c’è dubbio che Cosa nostra avesse una potenza e una capacità criminale fortissima. La mafia ha insanguinato tutti gli anni ’80, spesso si dimenticano i delitti Mattarella, Costa e via di seguito. Per una mera “coincidenza casuale”, l’offensiva terroristica di Cosa nostra che portò all’uccisione di Falcone e Borsellino avvenne proprio nel momento in cui era in atto un attacco contro un intero sistema politico.

 

Si riferisce a Tangentopoli?

Nel 1992 si stava assistendo a un indebolimento dei partiti che avevano governato fino a quel momento, poi rimpiazzati e sostituiti da altri partiti. Per un mero caso, l’esplosione si Tangentopoli avvenne contestualmente all’uccisione di Falcone e Borsellino. L’effetto fu quello di destabilizzare lo Stato e destrutturare il sistema politico.

 

Chi aveva interesse a destabilizzare lo Stato italiano?

Erano in tantissimi che in quel momento avevano interesse a sbarazzarsi della Democrazia Cristiana. Tutti quelli che nei 40 anni di direzione politica del Paese da parte della Dc si erano ritenuti sacrificati. Non c’è dubbio che il gruppo dirigente di Occhetto fece un calcolo: una svolta eliminata la Dc, resteremo solo noi.

 

Che cosa c’entra tutto ciò con Falcone e Borsellino?

Pure coincidenze casuali. Può darsi che la mafia avesse compreso che si presentava una circostanza assai favorevole. A guardare bene le cose Riina e Provenzano nel 1992 segnarono il culmine della loro potenza criminale, ebbero ancora qualche ultimo guizzo l’anno successivo e poi iniziò il loro rapido declino. Nel 2013 Cosa nostra non ha più la stessa potenza criminale di 20 anni fa. Con il massimo di risultato, Riina e Provenzano ottennero l’avvio alla conclusione della loro dominanza sul terreno della violenza.

 

L’uccisione di Borsellino fu un autogol di Cosa nostra? 

Sì, Riina e Provenzano fecero autogol perché finirono in galera, e ci sarebbero andati a finire comunque. I due boss non perdonavano alla Democrazia Cristiana il fatto che avesse garantito tutte le condizioni politiche perché si svolgesse il Maxiprocesso in tutte le sue fasi del 1985 e 1992. Questo è il punto fondamentale che non deve sfuggire in nessun ragionamento, perché si tratta di un dato di fatto e non di un’opinione.

 

Riina e Provenzano si sentivano in pericolo?

La conclusione del Maxiprocesso fu una sentenza di condanna dei due boss che segnò la loro fine. Riina e Provenzano credettero di poter reagire alla sentenza uccidendo Falcone e Borsellino. Quelle due stragi concorsero a determinare una crisi del sistema politico, ma Cosa nostra finì ugualmente. In Sicilia c’è ancora la mafia, ma non c’è più Cosa nostra di Riina e Provenzano che è stato un fenomeno criminale tipico nella sua atipicità.

 

Insomma, le stragi di mafia del’92 furono il colpo di coda di Riina e Provenzano?

Sì, fu un colpo di coda dei due boss che si vendicarono del maxiprocesso e firmarono così anche la loro fine.

 

(Pietro Vernizzi)