Laura Boldrini, “la presidente”, come ha chiesto di essere chiamata e non “il presidente”, della Camera dei deputati è intervenuta ieri all’interno di un convegno intitolato “Donne e media” usando queste testualmente riportate parole: “Ci sono certi spot italiani – io che ho anche esperienze fuori dai confini nazionali – che quando li vedo penso sempre ‘ma questo spot sarebbe messo in onda in un altro Paese, nel Regno Unito, per esempio?’. La risposta è ‘sicuramente no’. Non può essere concepito normale uno spot in cui i bambini e il papà sono tutti seduti e la mamma serve a tavola. Guardate, merita una riflessione questo”. Ha poi continuato su questa linea ribadendo ancora una volta il suo no all’uso del corpo della donna nelle pubblicità: “E ancor di più gli spot in cui vediamo che il corpo della donna viene usato per pubblicizzare che cosa? Viaggi turistici, yogurt, computer, automobili. Ma in quale altro Paese questo verrebbe tollerato?”



Il video che la vede dire esattamente questo è facilmente reperibile nel web: me ne sono accertata appena ho sentito accendersi la polemica: buona regola quella di andare alle fonti, non fidarsi delle parole riportate. E le parole sono proprio quelle appena citate, bastanti a suscitare vespai. 

In effetti potremmo sommariamente dividere in due fronti le critiche e i commenti: quelli del tipo “la vetero-femminista che distrugge la famiglia”, d’altro canto quelli che la difendono, “basta al ruolo stereotipato e sessista della donna”. Esagerati tutti e due… in effetti che la famiglia sia sotto attacco lo sappiamo da un pezzo, non serve che ce lo ricordi la Boldrini; gli spot alla “mulino bianco” o di qualche sofficino non servono certo a guarire ferite profondissime. Anzi, sembrano quasi mettere il dito nella piaga. All’opposto invece è giusto difendere la dignità della donna, che però è spesso madre (naturalmente) e guarda caso, a tante madri piace servire la cena; non solo a figli e mariti, ma anche a amici, parenti, convitati tutti! E tra queste mi ci metto di sicuro.



Mi lascia perplessa invece come prosegue, quando parla del corpo delle donne, usato in pubblicità; ebbene, viene tollerato, dappertutto a quanto so, tranne che nei Paesi arabi: lì non se ne può mostrare neanche il viso, ma mi sembra di ricordare che in quei Paesi non ci siano proprio pari diritti… anzi, in Arabia alle donne non viene data neanche la patente; niente fetta di mercato.

Intendiamoci bene, non che sia educativo e benevolo l’uso delle donne più o meno nude per la reclame di un’auto, ma non mi piace l’accostamento che lei ne fa con le casalinghe. 

L’uso del corpo della donna sexy e spesso ritoccata, finta cioè, che ammicca per vendere di più non può essere accostato all’immagine di una madre che prepara la cena: questo non è ammissibile, ma neppure ragionevole, questo sì è lesivo della dignità di una persona, della stessa realtà. 



Distinguiamo per piacere, un conto è il ruolo della donna, altro il suo corpo, l’uso che ne viene impunemente fatto. E che lei giustamente denuncia.

Ma credo anche che una casalinga, una badante rumena, una manager d’azienda abbiano tutte uguale dignità, gli stessi diritti, pur con ruoli ben diversi. Ciò che è importante davvero è il fatto che possano esercitare il rispettivo ruolo con la stessa libertà. Ecco, ho detto libertà.

Volete farmi credere che una manager sia più o meno libera di una mamma che prepara pranzo e cena? Che lei valga di più? Che una mamma non abbia scelto di essere mamma, ma una dirigente sì?

Permettete i dubbi. In fondo abbiamo tutti una mamma. Stranieri o italiani, come ci ricorda anche la pubblicità della P&G inglese, quella delle olimpiadi, con tutti gli atleti-bambini, sempre tali agli occhi della madre.

Allora apriamo gli occhi e turiamoci le orecchie. Certe affermazioni sono solo incoerenti, insensate, non montiamo polemiche, non ci scandalizziamo. Non ne vale la pena. Sorridiamoci sopra.

Guardiamo la realtà, in tutto il suo splendore e nella sua verità, nella felicità. È bello tornare a casa e trovare la pastasciutta pronta, anche per me che sono mamma; e che sia lui, mio figlio o mio marito che me la serve. E magari la domenica lavorare tutta la mattina per lo spezzatino e la polenta o altre meravigliose ricette italiane e metterci dentro tutto l’amore con cui mia nonna lo ha insegnato alla mia mamma e poi a me… e fare la torta di mele e i biscotti… e magari allattare, sì, al seno, il più piccolo. Vederli crescere e diventare uomini e donne, ugualmente belli e liberi, felici. In grado di scegliere il bene per sé stessi, il proprio ruolo, il proprio lavoro. 

Perché non è una pubblicità più o meno studiata dal marketing a decidere il mio bene, la mia dignità: ma uno Stato che garantisca lavoro, studio e un sistema egualitario, fiscale, giudiziario.

Ancor più a fondo: è una famiglia che ha educato alla condivisione e alla libertà, alla bellezza di servire gli altri con amore che permettono a un uomo (e a una donna) di essere giusto, onesto, che gli danno la forza di lottare perché tutti abbiano pari diritti e dignità.