Teresa di Calcutta, madre Teresa, è scomparsa ieri sedici anni fa, il 5 settembre del 1997, dopo una vita di servizio e di dedizione ai poveri del mondo. Essa si presenta ancora oggi come un personaggio misterioso che le inchieste scandalistiche dell’occidente hanno provveduto a definire come ambiguo e inquietante, senza neanche immaginare che il Mistero che l’ha avvolta non proviene dalle sue attività o dalle sue relazioni internazionali, bensì dai suoi occhi. Quegli stessi occhi che, seppur premiati con il medesimo premio Nobel per la pace della suorina di Calcutta, oggi mancano a Barack Obama e ai capi di Stato dell’Unione Europea, pronti ancora una volta a difendere la giustizia assieme al petrolio, la miseria assieme ai gasdotti e le vittime innocenti assieme alle lobby delle armi. Per questo, cari amici, né il presidente degli Stati Uniti né i capi di Stato dell’Unione hanno oggi gli occhi limpidi di madre Teresa, perché – semplicemente – non riescono a vedere le persone.



Essi vedono certamente simboli, ideali, pedine, occasioni mediatiche, ma non riescono a vedere gli uomini e le donne concrete. Questa visione parziale del mondo, che riduce ogni respiro umano alle idee che porta e al sistema che rappresenta, è tipica di quei signori che dodici anni fa abbatterono le Torri Gemelle e che ci siamo affrettati, giustamente, a chiamare terroristi. A giudicare da come stanno andando le cose, però, quei terroristi hanno oggi ottima compagnia, la nostra. Anche noi, infatti, stiamo diventando come loro. Ogni volta che riduciamo l’altro alle sue azioni, a quello che ha fatto e che ha detto, ogni volta che lo concepiamo come simbolo di qualcosa d’altro, di un’idea da distruggere o di un sistema da contrastare, noi diventiamo terroristi.



Per questo l’anniversario della scomparsa della suora di Calcutta è ancora più tragico e più triste degli altri anni: perché non solo abbiamo dimenticato le sue azioni e le sue opere seppellendole sotto la valanga dei nostri perbenisti giudizi, ma perché – soprattutto – stiamo dimenticando il suo sguardo. Quello stesso sguardo che, per grazia, brilla oggi dietro gli occhiali di papa Francesco e che, fino a pochi mesi fa, argutamente faceva capolino tra le feritoie dell’anima che appartenevano a Joseph Ratzinger. Noi, oggi, lo stiamo dimenticando.

Eppure, noi oggi non abbiamo bisogno di un’altra guerra. Abbiamo solo bisogno di quello sguardo. Ne ha bisogno la politica italiana, lacerata dalla brama di potere che segna in profondità ogni schieramento e ogni mossa dello scacchiere, ne hanno bisogno le famiglie, stremate dalla solitudine, dalla crisi e dalla devastazione delle coscienze operata dai media, ne hanno bisogno i ragazzi e i giovani, esausti di succhiare la vita fino all’osso per poi scoprire che essa non è altro che un’ipocrita finzione messa in piedi dal nichilismo imperante per distrarli dall’urgenza e dell’ampiezza del loro cuore, ne abbiamo bisogno tutti perché tutti, in questo momento, siamo come una terra arida in cerca di un po’ d’acqua, di un po’ di verità.



Quella verità che negli occhi di madre Teresa diventava dialogo, forza, esperienza, quella verità che sapeva dire all’altro, ad ogni altro, “tu sei un bene”, riconsegnando ad ogni respiro dignità e umanità. È questo che ci manca, ed è per questo che non sappiamo più fare la pace. Perché, in fondo, non sappiamo più guardare e stimare la vita. Quando permettiamo ad una madre di uccidere il proprio figlio nel grembo – chiamando tutto questo “interruzione di gravidanza” – quando permettiamo ai capricci dell’amore di devastare le nostre famiglie e le nostre istituzioni – chiamando questi processi “maturazione” o “modernizzazione” – allora è evidente che il nostro problema non è la Siria, ma che la Siria ci fa vedere, drammaticamente, che il nostro problema è la vita. Una vita che non sappiamo più guardare, una vita cui noi non sappiamo più riconsegnare valore, quel valore per cui Madre Teresa è diventata grande.

Ad oggi non sappiamo come finirà la vicenda siriana, che cosa accadrà a questo mondo così stanco da volersi solo suicidare, ma siamo certi che lo sguardo di cui abbiamo bisogno c’è, esiste. Lo abbiamo visto negli occhi di madre Teresa, lo vediamo ogni giorno negli occhi dei Santi. Di questo noi siamo testimoni e per questo noi possiamo, e dobbiamo, continuare ad essere la memoria del mondo. Non perché più furbi o più santi degli altri, ma perché, molto banalmente, abbiamo visto, abbiamo toccato, il Verbo della Vita.

Grazie Teresa di Calcutta perché la tua memoria, il tuo sguardo, ci costringono alla verità, ci costringono a urlare al mondo, insieme a Francesco, il nostro bisogno di pace, il nostro bisogno di umanità. Forse tanti di noi hanno dimenticato il posto e l’ora, forse abbiamo dimenticato anche se era notte o c’era il sole, ma nessuno – Teresa – ha dimenticato che cosa dicevano i tuoi occhi.