Federica Cardia è morta giovedì scorso: una ragazza di soli 31 anni, aggredita da un cancro al colon diagnosticato tardi, quando ormai era al quarto stadio. Ma perché vale la pena parlare di lei da queste pagine? Ogni giorno in Italia e nel mondo muoiono malati di tumore, o altro, anche più giovani. Cosa aveva di speciale Federica?



Tutto, si dovrebbe rispondere, ogni persona è speciale, ognuno avrebbe diritto a un necrologio ben fatto, un ricordo particolare. 

Noi parliamo di lei per delle ragioni ben precise, e ricordando il suo nome e la sua storia vorremo ricordare quella di tutti: lei è stata un esempio, una persona esemplare.

Lei ha avuto il coraggio, o la sfacciataggine, di raccontare nel web il suo male, il logorio della sua malattia, ha raccolto amicizie attraverso facebook, ha persino raccolto soldi.



E proposito di soldi, innanzi tutto vorrei segnalare l’ipocrisia della “sanità pubblica migliore del mondo”, il modello italiano; quando segui l’iter classico o tradizionale (leggi “vecchio”) proposto dall’ospedale che ti cura, va tutto bene. Ma non appena ti discosti, scegli terapie innovative, magari statisticamente provate come valide ma non ancora “consolidate”, ti devi pagare tutto. Migliaia di euro. Questo mi è toccato da vicino: chiedi una tecnica chirurgica “made in Italy” di un genio nostrano (ne abbiamo di cervelli buoni) che si discosta in meglio dalla tradizionale, ti tocca andare “privatamente”.



Lei, Federica aveva pure perso il posto di lavoro, una volta saputo della malattia non gli era stato rinnovato il contratto.

Una diagnosi da subito infausta: un tumore diffuso nella pancia, due interventi dolorosi e difficili, una chemioterapia tosta, perché il suo cancro era difficile da bombardare chimicamente, troppo disperso e subdolo. Federica non si nasconde, non mette la testa sotto la sabbia né si chiude nel suo guscio. Lei vuole lottare. Lo vuole gridare al mondo intero: decide di aprire un blog, un posto cioè dove parlare con tutti quelli che accedono al web, chiunque si voglia collegare può sbirciare nelle sue parole, può interloquire, anche malamente… si espone insomma. Lo chiama “stavoltavincoio.it” tuttoattaccato come se fosse detto in un fiato, col fiato tra i denti di chi sta facendo il terribile sforzo di resistere.

Si potrebbe obiettare che in certe situazioni un po’ di pudore sarebbe gradito; che non è proprio bello mettere il proprio disagio in piazza, che, come mi disse un missionario, i malati e i vecchi non li vedi perché li chiudono dentro la capanna, potrebbero seminare il malocchio. 

Invece noi i malati e i vecchi dovremmo averli sempre sotto gli occhi: perché potrebbero diffondere la carità.

Carità, quella evangelica, il sinonimo maggiore della parola “amore”: ha in sé la radice greca della parola “grazia” e questo è bellissimo (quanto è bella nostra lingua italiana…).

Ebbene, i malati e i vecchi diffondono grazie, effondono e raccolgono carità.

Il primo grazie va alla vita, per cui lottano, preziosissima; il successivo grazie va al fatto che si mostrano bisognosi, lo sono, ci rendono capaci di aiutarli: e aiutare il prossimo, anche solo con una parola di incoraggiamento, quanto fa bene al nostro cuore rinsecchito!

Poi, loro sì che sono forti: leggete le parole di Federica.

Si sovviene di quelle altre parole: “la mia debolezza è la Tua forza, Signore”.

E si capisce che siamo tutti uguali davanti alla sofferenza e alla morte, credenti o meno.

Federica ha smentito il suo “stavoltavincoio”, evidentemente: ma il suo sito è pieno di messaggi che affermano il contrario, che è stata lei a vincere, con il suo esempio e la sua forza: ragazzi diversissimi che sono convinti di ciò. Perché il cuore umano è lo stesso per tutti. Perché di fronte alla sua morte si capisce che non ci si può arrendere, è un’intuizione che va oltre ogni credo. E’ un’intuizione puramente umana. 

Federica, davvero hai vinto tu: perché la tua morte non è un tonfo buio, una caduta nello sconforto, una sconfitta. Leggete i messaggi: la morte di Federica porta scritto “più in là”, come diceva Rebora, come lo citava Montale.

La tua morte cara Federica è un dito puntato, che ci ha costretto a smettere di pigiare sulla tastiera del PC e ci ha fato sollevare lo sguardo, forse anche solo per un attimo.