È convinzione comune che il bene generi il bene.
Sembra che, purtroppo, non possa dirsi così rispetto a quanto sta accadendo in Sicilia nell’accoglienza agli immigrati. A fronte dei tanti casi di generosa e concreta accoglienza che in questi mesi sono stato messi in campo, e talvolta anche commosso l’opinione pubblica nazionale, bisogna registrare ancora prese di posizione come quelle del giornale on line ImolaOggi.it,che,commentando un articolo su Famiglia Cristiana titola: “Sicilia Saudita: un ‘tutore personale’ per ogni babyslamico che sbarca sulle coste sicuracusane”. Seguono poi una serie di inesattezze e di giudizi non documentati sintetizzabili nella frase:”D’ora in poi, ogni minore non accompagnato che sbarca sulle coste siracusane sarà seguito fin dal suo arrivo da un ‘tutore personale’. È un accordo in barba alle leggi italiane e internazionali fra Asgi, Arci, Prefettura e Tribunale dei Minori. Questa notizia, si legge oggi su famiglia crislamica”.
“Non ti curar di loro, ma guarda e passa”. Mettiamo una pietra sul cattivo gusto di termini come “crislamica” e “siciliasaudita” e seguendo il saggio invito di Dante preoccupiamoci di capire di cosa veramente si tratta. Ne parliamo con l’avvocato Carla Trommino, referente dell’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) di Siracusa.
“Noi diamo sostanzialmente – ci dice – attuazione alla normativa italiana che non veniva applicata in maniera corretta. Non avendo rappresentanza legale, i minori venivano dati in affido temporaneo ai Sindaci o agli assistenti sociali, anche a gruppi di trenta o quaranta, che non potevano prendersi cura di loro adeguatamente. A seguito di incontri promossi tra enti del volontariato, istituzioni locali e Tribunale dei Minori di Siracusa a ogni minore giunto da solo a terra viene adesso “assegnato” un tutore, che lo segue in ogni sua esigenza: lo porta alla visita medica e allo sportello legale, cerca di capire la situazione di provenienza, il perché dell’emigrazione, quali sono i suoi desideri, se è ricattato da qualche trafficante”.
Si sono resi disponibili in tal modo in un primo momento esponenti del volontariato, ma adesso anche semplici cittadini, con una gara di generosità e disponibilità che ha coinvolto tutta la città. Un passa parola che si è dimostrato più efficace di tanti bandi pubblici o di tanti comunicati stampa.
“Siamo in grado così – prosegue – di costruire un progetto personalizzato, a seconda della situazione del ragazzo, aiutandolo a presentare la domanda di asilo politico, oppure a ricongiungersi con eventuali parenti, oppure a individuare una comunità di accoglienza adatta. In questo modo, i ragazzi non rimangono disorientati per settimane insieme agli adulti nei centri di accoglienza”.
Questa esigenza è nata a Siracusa dalla semplice constatazione delle difficoltà in cui sono costretti a vivere tutti gli immigrati dopo lo sbarco. Poiché non esiste in Italia alcun piano serio e concreto su come “trattenere” queste persone in attesa di dare una definitiva configurazione giuridica, ci si affida alla solita politica dell’emergenza. I comuni rivieraschi della Sicilia e della Calabria hanno dovuto approntare in questi mesi strutture adibite in genere ad altri scopi ove far risiedere queste persone, quasi sempre in condizioni di promiscuità, non solo di sesso, ma anche di età. Il prezzo più alto viene, dunque, pagato dai minori non accompagnati costretti a convivere per giorni o settimane con adulti che non conoscono e privi, dunque, di una specifica assistenza.
Ciò è accaduto anche a Siracusa nel centro di accoglienza Umberto I. Da poco è stato aperto un altro centro a Priolo (a pochi km da Siracusa, ndr) con caratteristiche diverse.
“Nonostante per la collocazione dei minori si sia chiesto di intervenire con risposte che soddisfino i requisiti richiesti dalla legge – precisa l’avvocato Trommino – si è continuato a rispondere con la creazione di centri informali. Per quanto il centro di Priolo sia un male minore rispetto alla situazione precedente, visto che è riservato a minori e nuclei familiari, esso sconta comunque gli stessi limiti già rilevati per l’Umberto I: mancanza assoluta di regole e garanzie”.
Le chiediamo quali sono a suo giudizio le cause di questa difficoltà gestionale. “Ci troviamo in questa situazione – aggiunge − perché l’immigrazione è affrontata da anni come una situazione emergenziale, mentre non lo è. Dai numeri delle persone ad oggi giunte, l’immigrazione non è configurabile come un’emergenza. Altra cosa è se scoppiasse sul serio la guerra in Siria”.
Per i dati e le conoscenze dell’avv. Trommino e con riferimento alla situazione siracusana ogni immigrato che sbarca è un caso a sé che “meriterebbe di essere affrontato specificatamente”, mentre l’unica differenza di trattamento deriva dalla nazionalità di provenienza. I siriani sbarcati in queste settimane provengono da famiglie benestanti e fuggono dalla guerra per ricongiungersi con i parenti che risiedono in Europa. Caso diverso è quello degli egiziani che in genere vengono rimpatriati subito con un ponte aereo. Per coloro che vengono da zone di guerra come la Somalia si apre il lungo iter del riconoscimento di status di rifugiato politico che si traduce in lunghe permanenze nei Centri di accoglienza dove presto a tardi l’esasperazione di un’attesa senza prospettive genera disordini e violenza.
Speriamo di non aver irritato la sensibilità dei redattori di ImolaOggi.it se ci permettiamo di continuare a sostenere che c’è un popolo in Italia che non solo sa essere generoso e solidale nell’emergenza, ma sa anche affrontare con intelligenza e continuità ciò che l’emergenza genera e a cui le istituzioni non sempre sanno dare ragione.
Speriamo che in questa circostanza si torni ad utilizzare un termine troppo presto espulso dal corrente vocabolario della politica: sussidiarietà. Indica un metodo per affrontare situazioni come quella descritta rispettoso di tutti, in grado di fare rete e di mettere in campo sinergie, anche economiche, che in questo momento di crisi sono particolarmente necessarie
Speriamo che questa esperienza di bene nata a Siracusa possa propagarsi altrove perché, ne siamo convinti, il bene genera il bene.