Va posta in particolare rilievo la figura di Sant’Ilario di Poitiers, tra i Santi celebrati dalla Chiesa cattolica il 13 gennaio. Nato in Aquitania, probabilmente nel 315, nell’ambito di una famiglia pagana, dopo aver ricevuto una educazione su base neoplatonica, soltanto una volta diventato adulto, ricevette perciò il battesimo, sposandosi e diventando padre di una figlia di nome Abra. Tra le ipotesi relative al suo ingresso nella Chiesa cattolica, la più accreditata è quella che vuole sia stato lo stesso vescovo della sua città ad aggregarlo alla stessa, fidando sulla sua condotta fervente e distinta da massima austerità. Proprio Ilario gli successe in funzione di vescovo alla sua morte, cercando di mettere insieme insegnamento e pratica e riuscendovi a tal punto che San Martino decise di lasciare la milizia unendosi alla sua scuola in qualità di esorcista. Il suo episcopato fu distinto dalla lotta contro l’arianesimo, la dottrina portata avanti dai vescovi che non accettavano la dottrina elaborata a Nicea, che fissava la consustanzialità, preferendo l’ipotesi della similitudine tra figlio di Dio e Padre. Il figlio di Costantino, Costanzo, cercò di fare recedere gli eretici minacciando pene molto dure, sino all’esilio. Di fronte all’estendersi della stessa, Sant’Ilario decise di convocare un una assemblea a Parigi, che si tenne probabilmente nel 355, nella quale furono scomunicati Ursacio e Valente, due vescovi di corte che si erano distinti per aver perseguitato Atanasio, e Saturnino, il primate di Arles che li aveva appoggiati. Lo stesso Saturnino, però, reso più sicuro dalla indifferenza del governatore delle Gallie, Giuliano, per le dispute di carattere teologico, dette vita ad una riunione a Béziers, cui Ilario dovette partecipare su ordine di Costanzo. Quando però si rifiutò di aderire alle direttive impartite dall’imperatore in tema religioso, fu deportato in Frigia. Era il 356 e i vescovi della regione, che erano quasi tutti ortodossi, si opposero alla presa di possesso della sede di Poitiers da parte di un altro vescovo. Circostanza che consentì a Sant’Ilario di dirigere la stessa a distanza, con l’inoltro di missive. Mentre era in Frigia, però, approfittò del tempo a disposizione per comporre il De Trinitate, opera in dodici libri nella quale analizzò la situazione della zona dell’Asia Minore in cui era stato confinato, cercando allo stesso tempo di favorire la conciliazione tra le fazioni, come del resto avrebbe fatto in seguito nel De Synodis.Nel 359, dopo quattro anni di esilio, Costanzo decise la convocazione di un concilio, che si sarebbe svolto a Rimini per la parte occidentale e a Seleucia, una località dell’Isauria, per quella orientale. Proprio al secondo partecipò Sant’Ilario, esponendo la sua fede nicena con ottima accoglienza, senza però che potesse essere raggiunto un accordo. Al termine dell’assemblea si reco quindi a Costantinopoli, al fine di avere da Costanzo un permesso atto alla discussione pubblica con Saturnino e alla partecipazione al concilio che si stava tenendo nella città, in modo di poter difendere le sue tesi improntate all’ortodossia. La risposta di Costanzo, che aveva appoggiato le tesi ariane, fu di rimandarlo a Poitiers, in quanto convinto della sua pericolosità e della possibilità che potesse porsi come punto di riferimento in grado di provocare disordini nella parte orientale dell’impero. Tornato finalmente a casa, fu accolto con grande entusiasmo, in particolare da San Martino, il quale lo raggiunse nell’isola Gallinaria, ove si era ritirato dando vita al più antico monastero della Gallia, il quale si pose come barriera al diffondersi dell’eresia ariana nella zona.
Nei mesi successivi, la situazione politica mutò completamente di segno, sancendo la disfatta di Saturnino, deposto ad Arles, e quella di Paterno, che seguì la stessa sorte a Perigueux. Era in pratica la disfatta definitiva dell’arianesimo in occidente, mentre nell’anno successivo la morte di Costanzo portò la stessa situazione ad oriente, anche grazie alla riunione da parte di Sant’Atanasio del cosiddetto concilio dei confessori, il quale adottò una politica di moderazione in linea con quanto predicato da Sant’Ilario.Anche in Italia, nel frattempo, andava avanti la battaglia contro l’arianesimo, che vide una figura di spicco in Sant’Eusebio, il vescovo di Vercelli che si appoggiò proprio a Sant’Ilario nella lotta che interessò la penisola nei due anni successivi. Ad opporsi per la controparte fu Aussenzio, vescovo di Milano, il quale nel 364 decise di appellarsi a Valentiniano, in base ai decreti del concilio di Rimini e accusando gli avversari di attentare alla pace religiosa. Le tesi di Aussenzio furono accolte con la sua conferma a Milano e l’ordine impartito a Sant’Ilario di lasciare la città lombarda. In tutta risposta, questi scrisse il Contra Auxentum, con il quale denunciava l’ipocrisia del suo avversario. Nell’ultima parte della sua vita, poté infine dedicarsi ai suoi studi e ai Salmi, finché non sopraggiunse la morte, nel 367.