Susanna Penco, biologo in forza all’Università di Genova, è attiva sostenitrice dell’inutilità della sperimentazione animale. Malata di sclerosi multipla da parecchi anni, ci tiene a dire come preferirebbe essere curata con medicine sperimentate su esseri umani piuttosto che su topi e scimmie, anche perché, dice nessun topo o nessuna scimmia si è mai ammalata di sclerosi multipla. A quanti dicono che chi è contro la sperimentazione animale è contro la scienza, risponde che è vero piuttosto il contrario: “Secondo noi addetti ai lavori il progresso della medicina va avanti nonostante e non grazie alla sperimentazione animale”. Metodi alternativi ce ne sono, ha detto a ilsussidiario.net: “Perché non studiare i cervelli dei defunti? Sarebbe molto più logico. Noi sponsorizziamo la donazione degli organi, sarebbe un ottimo sistema per indagare le cause delle malattie. La differenza tra noi e chi sostiene la sperimentazione animale è che è noi non abbiamo nulla da vendere o da difendere: andate invece a vedere quali interessi ci possono essere dall’altra parte”. 



Nella sua lettera aperta lei condanna chiaramente gli insulti e le minacce inviate alla Simonsen, restano però degli episodi inquietanti di una sorta di guerra tra opinioni diverse quando invece si sta parlando della salute umana.

Ho condannato ogni genere di insulto certamente, sappiamo poi che quando si utilizza Internet succedono episodi del genere perché è più facile nascondersi dietro una tastiera. Quando affronto l’argomento della sperimentazione animale inoltre io non parlo a nome degli animalisti, parlo per conto di tanti professionisti, medici, biologi, veterinari, biochimici, biotecnologici che hanno motivazioni scientifiche. Non c’entra insomma alcun argomento di tipo etico, ma puramente scientifico.  



In molti però sono sensibili alla problematica etica relativamente agli animali.

Il problema etico non è da sottovalutare, tutt’altro. Le sensibilità cambiano, gli esempi si sprecano: i neri erano schiavi, le donne non votavano, era tollerato il delitto d’onore. Oggi si lefigera sul femminicidio, i gay si sposano e persino il Papa li rispetta: impensabile in altri tempi. Verrà anche il turno degli animali e io auspico che i ricercatori siano pronti a farne a meno. 

Affrontiamo allora l’argomento nodale, la sperimentazione animale.

La mia opinione è che ci siano dei campi in cui oggi la sperimentazione animale non serve più. Senza negare che in passato abbia fornito informazioni preziose tra specie diverse, una trasposizione cioè possibile tra un essere vivente e un altro, adesso però siamo in tanti a pensare che la sperimentazione animale abbia quasi esaurito le sue potenzialità. Sarebbe dunque il momento di passare a un altro tipo di sperimentazione, più moderna e innovativa. 



Cosa può significare in termini concreti questo cambiamento?

Realisticamente, non potremo rivoluzionare il modo tradizionale di lavorare, ossia abolire totalmente l’uso di animali in un tempo breve. Ma razionalmente e mirando alle cose possibili anziché seguire chimere ci sono moltissimi ambiti della ricerca in cui questo vecchio modo di lavorare potrebbe essere soppiantato da subito. 

Ci spieghi meglio che cosa proponete di fronte a chi dice invece il contrario.

Le consiglierei di leggere per intero la nota diffusa dal dottor Stefano Cagno (medico chirurgo, psichiatra, autore di testi di bioetica, membro del Comitato Scientifico Antivivisezionista e della Lega Internazionale Medici per l’Abolizione della Vivisezione, ndr).

Ce lo riassuma.

Primo passo: abolire da subito i test indiscutibilmente inutili o immediatamente sostituibili. Se consideriamo quanto è spesso affermato dai difensori della sperimentazione animale, questa proposta sembrerebbe priva di senso, ma non lo è. Prendiamo ad esempio la didattica universitaria. In alcuni corsi gli studenti sono costretti, prima di poter sostenere l’esame, a partecipare a laboratori didattici con gli animali, ossia esercitazioni in cui sono utilizzati di solito roditori al fine di potere osservare aspetti legati alla fisiologia o alla patologia. All’inizio del ventunesimo secolo tali esercitazioni sono indifendibili, innanzitutto perché si potrebbero filmare il primo anno e trasmettere il filmato negli anni successivi senza dover uccidere animali, secondo perché esistono centinaia e migliaia di metodi alternativi, che di solito fanno ricorso a simulazioni e che sono stati anche elencati in un libro (Jukes, 2003). Alcuni di questi metodi sono per altro donati gratuitamente dall’Associazione I-Care alle Università che li volessero utilizzare. Alcuni metodi alternativi sono già stati dimostrati validi da enti scientifici riconosciuti ufficialmente.  Tuttavia, spesso, il metodo validato diventa una possibilità che i ricercatori possono utilizzare in maniera discrezionale. Ovviamente chi ha sempre lavorato sugli animali non ha interesse e competenza per cambiare. Le leggi, soprattutto quelle Comunitarie, che regolano a livello internazionale la commercializzazione dei prodotti, dovrebbero quindi imporre il metodo alternativo validato come l’unico che si può utilizzare. Se non seguiamo questa strada l’affermazione che non esistono metodi alternativi diventa una vera e propria ipocrisia che serve solo a manifestare buona volontà a parole, ma nessuna reale intenzione a cambiare.

 

Che altro?

 

Secondo punto, il nodo centrale che non vogliono accettare: noi chiediamo trasparenza totale dei dati, cosa che oggi non c’è, la validazione della sperimentazione sugli animali, e telecamere che filmino e documentino tutto quello che accade nei laboratori. Che la gente sappia quello che avviene, che si veda come vengono trattati a questi animali visto che a noi che chiediamo una sperimentazione alternativa ci chiedono una dimostrazione della validità dei nostri metodi. Dunque,  obbligo  di sottoporre a validazione i modelli animali, iniziando da quelli usati per obblighi di legge in maniera routinaria e quindi standardizzati come, ad esempio, nel campo della tossicologia. Potrebbe sembrare impossibile, ma quanto è chiesto ai metodi alternativi, non è mai stato chiesto ai modelli animali; infatti, nessuno di questi ultimi è mai stato sottoposto a un processo di validazione. Paradossalmente, spesso, per la validazione di un metodo alternativo si utilizzano i dati che si ottengono nei modelli animali che, a loro volta, non sono mai stati validati. Con questa impostazione è possibile che siano validati metodi alternativi poco efficaci e scartati altri che lo sono molto di più.

 

Invece?

 

Nessun modello animale è stato sottoposto a un processo di validazione che è quello che lo rende utilizzabile, per validare un metodo alternativo invece si utilizzano dati che si ottengono per i dati animali che a loro volta non sono mai stati validati. Infine finanziare la ricerca sui metodi alternativi, le maggiori speranze si rivolgono a metodi tecnologici avanzati. Servono soldi e una legge da applicare, quella sull’obiezione di coscienza del 1993,  che è rimasta lettera morta. 

 

Caterina Simonsen sostiene che se non avesse usato farmaci ottenuti grazie alla sperimentazione animale, sarebbe morta a 9 anni invece che arrivare  24.

 

Quanto dice la signora Simonsen è emotivamente indiscutibile in quanto opinione e quindi va rispettato, ma dietro questa frase non c’è nulla di scientificamente provato. Lei crede di essere viva grazie alla sperimentazione animale, ma non è così. E’ viva grazie a farmaci che prima di darli a lei sono stati testati su altre persone.

 

Cioè?


 

Dopo che lei prova una molecola su un milione di topi poi deve per forza darle al primo umano se no non si saprà mai se funziona. La vera sperimentazione , lo sanno benissimo i ricercatori, è la clinica, quando si passa dalla molecola che non ha prodotto danni sugli animali ai primi volontari sani e quindi ai primi trial clinici, i primi pazienti malati su cui si sperimenta. Quindi la sperimentazione sull’uomo esiste già, ed è quella che fa fede. inoltre è evidente che non possiamo fidarci solo dei dati estrapolati dall’animale: altrimenti come ci spiegheremmo le catastrofi e i morti come nel caso del Vioxx e del Lipobay?

 

Mettiamo che domani magicamente venga bloccata ogni sperimentazione animale: che cosa si offre sin da subito ai malati in alternativa?

 

E’ possibile utilizzare ad esempio per la tossicologia tutto quello che abbiamo in vitro di cellule, simulazione d’organo però con la specie di appartenenza cioè usare cellule  umane per l’uomo, per il gatto cellule di gatto, per il cane cellule di cane. Io sarei molto più serena ad assumere farmaci testati su cellule e tessuti umani, piuttosto che su topi, animali che sono lontanissimi da me.

 

Che opinione ha del metodo Stamina di Davide Vannoni?

 

Non ho una opinione precisa perché non ho letto il protocollo, ma se io fossi la mamma di un bambino malato tenterei qualunque cosa e ritengo sia democratico permettere di farlo. Certo, se viene utilizzato un siero da un animale diverso ad esempio siero bovino effettivamente ci vogliono delle cautele, ma generalizzando le cautele con le cellule staminali sono sempre di rigore. Le staminali sono cellule infantili che vanno educate: tecnicamente devono essere differenziate con particolari accorgimenti e solo dopo queste procedure queste cellule possono diventare cellule di diversi tipi, cellule “brave” . Ma c’è il potenziale rischio che qualcuna di loro possa anche diventare un cancro. Ecco perché bisogna usarle con cautela: non solo per il metodo Stamina ma sempre, in ogni caso.

 

Una critica che vi viene fatta da parte dei sostenitori della sperimentazione animale è che siete contro la scienza. E che i docenti di veterinaria sono intimiditi dagli attacchi degli animalisti e non la praticano quasi più.

 

Qua mi sento offesa. Secondo molti di noi, addetti ai lavori,  il progresso della medicina va avanti nonostante e non grazie alla sperimentazione animale. Sono gli  studenti invece a essere sotto ricatto, vorrebbero fare obiezione di coscienza, ma viene detto loro, o non viene consentito, infatti si sentono dire: “la legge esiste ma noi qua facciamo solo sperimentazione animale”.  Ogni laboratorio in Italia dovrebbe offrire la possibilità di lavorare anche sulle metodiche alternative agli animali: questa è democrazia.

(Paolo Vites)