Sono molte le specie animali o vegetali a rischio nel mondo ma solo grazie a persone dal grande impegno le cose possono cambiare. E’ questo uno degli obiettivi del Karisoke ™ Research Center e della dottoressa Dian Fossey che nel 1967 ha istituito il gruppo nel Parco Nazionale dei Vulcani in Ruanda. Grazie al suo programma i gorilla di montagna del Virunga sono gli unici ad aver visto aumentare il proprio numero di elementi negli ultimi decenni a differenza di molte altre specie. Il Karisoke ™ Research Center vede l’impiego di oltre 100 addetti ai lavori. Più della metà di questi sono coinvolti nel reparto della ricerca, della protezione e del monitoraggio dei gorilla mentre gli altri si dividono in biodiversità, ricerca socioeconomica, istruzione, sanità e amministrazione. Intorno al centro si stringe la popolazione ruandese che ha dato molto a questi gorilla ma hanno ricevuto in egual misura. Le comunità locali e gli altri ambientalisti ruandesi hanno, infatti, riconosciuto che la presenza dello studio, dei gorilla e dei loro habitat hanno contribuito, e lo fanno ancora, alla sostenibilità economica del loro paese che continua a ricevere scienziati e studenti provenienti da tutto il mondo. Tra le “grandi opere” del centro c’è l’espansione della ricerca ad altre specie rare di piante e animali del Virunga, la creazione di un impianto per i giovani gorilla salvati dai bracconieri ma anche la fornitura per 3.000 studenti delle scuole primarie di libri e materiali, programmi di conservazione per sei scuole secondarie, formazione di biodiversità per il personale del parco e il sostegno a centinaia di studenti universitari del Ruanda. Quando si parla di sinergia…
Chissà se Dian Fossey ha mai fantasticato e immaginato di incontrare, nei suoi diciotto lunghi anni trascorsi tra le foreste del Rwanda, un esemplare come “Copito di nieve” (“fiocchetto di neve”) l’unico esemplare esistente al mondo di gorilla albino che per quasi quarant’anni ha vissuto nello zoo di Barcellona, diventando ben presto uno dei simboli della città amato da grandi e piccoli. Copito è morto nel 2003 a causa di un raro cancro alla pelle, e la sua scomparsa ha commosso tutta la Spagna e non solo, tanto che il sindaco della città annunciò di volergli dedicare una strada. Venne trovato nel 1996 da un cacciatore catalano vicino alla frontiera tra il Camerun e l’attuale Guinea Equatoriale, dove si trovava anche un centro di ricerche zoologiche che organizzò l’immediato trasferimento dell’animale a Barcellona. Nella sua lunga vita, “Fiocco di neve” ha avuto 22 figli e anche sette nipoti. Su di lui è stato anche tratto un film di animazione per ragazzi, “Le avventure di Fiocco di Neve”, prodotto nel 2011 in Spagna. Per la zoologa statunitense Dian Fossey sarebbe stato certamente interessante incontrare un simile esemplare, anche se probabilmente non avrebbe mai permesso che venisse trasferito in uno zoo.
Anche gli scimpanzé hanno la “loro” Dian Fossey. Parliamo dell’etologa e antropologa britannica Jane Goodall, il cui lavoro viene spesso paragonato a quello della zoologa statunitense scomparsa nel 1985, a cui oggi Google ha voluto rendereomaggio. Anche la Goodall, infatti, è nota al mondo intero per la sua costante ricerca sugli scimpanzé, durata quarant’anni, che ha portato a risultati fondamentali nella comprensione del comportamento e dell’apprendimento sociale di questi animali. Celebre è la scoperta, da parte dell’antropologa, dell’uso di utensili da parte degli scimpanzé: questi ultimi, infatti, sono soliti utilizzare pietre per rompere i semi più duri o dei bastoncini di legno per catturare larve o termiti dalle cavità dei tronchi d’albero. Fu proprio lei ad ammettere di essere sempre stata ispirata dalla storia di Tarzan, tanto da dire: “Quando ero piccola pensavo che sarei stata una sposa molto migliore per Tarzan, rispetto a Jane. Sognavo di andare a vivere con le scimmie, proprio come lui”. Attualmente dirige l’organizzazione Jane Goodall Institute, fondata nel 1977, che si occupa dello studio e della protezione dei primati in diverse zone del mondo.
L’etologa statunitense Dian Fossey oltre agli studi sulla vita dei gorilla, ha lasciato molto in eredità al pensiero filosofico e psicologico occidentale. Nelle sue pubblicazioni, infatti, non sono rare frasi diventate poi celebri, i cosiddetti “aforismi” che hanno orientato la vita di molte donne (e non solo), contribuendo all’evoluzione del pensiero animalista. E non sempre senza qualche accenno critico o polemico. Tra i tanti spunti nelle frasi di Dian Fossey, abbiamo trovato molto significative per il suo pensiero queste parole: “Più conosci la dignità di un gorilla e più vuoi evitare le persone”. Non per questo fece dell’Africa la sua casa e dei gorilla sua famiglia. E ancora: “Mi sento più a mio agio con i gorilla che con le persone. Io posso prevedere cosa un gorilla, in maniera prettamente motivata, farà”. Si poteva forse pensare che il suo lavoro in Ruanda fosse scomodo, ma non che venisse assalita di notte con un machete: “L’uomo che uccide oggi gli animali è l’uomo che domani uccide chi trova sulla propria strada” firmato, appunto, Dian Fossey.
Dian Fossey ha compiuto un vero e proprio salto di qualità nel comunicare i sui studi grazie a una persona speciale. Robert Ian Martin Campbell, più semplicemente detto Bob. Bob Campbell è un noto fotografo e autore di documentari dedicati alla storia naturale e agli animali che lavorò per la National Geographic Society. Nato in Inghilterra nel 1930, è cresciuto in Kenya. È in seguito all’incontro con Des Bartlett, avvenuto nel 1961, che decide di diventare fotografo lasciando il suo lavoro di meccanico presso la casa automobilistica Jaguar. Incomincia così a girare il mondo e conoscere a fondo l’Africa. A partire dal 1964 inizia la collaborazione la nota rivista National Geographic. Nel 1968 gli viene chiesto di prendersi cura del campo di gorilla insieme alla celebre Dian Fossey, che consacrò la sua vita allo studio dei Gorilla (in Ruanda), di cui fu la maggior esperta mondiale. Le foto che scatta in quel periodo colpiscono così tanto che il National Geographic gli chiede di filmare tutto quello che avviene nel campo nel corso dei tre anni e mezzo di “missione” al fine di realizzare un documentario. Tra Diane e Bob le cose non andavano sempre bene per diversità di vedute, ma alla fine le stessa ricercatrice si dichiarerà soddisfatta dei filmati di Campbell e del lavoro finale. Nel 1972, concluse il lavoro di documentazione, si dedica alla realizzazione di diversi film di storia naturale, lavoro che porterà avanti per i successivi 17 anni. Dopo la misteriosa morte di Dian Fossey – asssassinata nella sua capanna – nel 1985 gli viene chiesto di collaborare al film dedicato alla ricercatrice, “Gorilla nella nebbia”, ma sarà profondamente in disaccordo con la versione cinematografica (datata 1988), giudicandola troppo drammatizzata e abbellita. Così decide di scrivere la propria storia dei fatti che pubblica in un libro uscito nel 2000, “The taming of the gorilla”.
La storia della vita di Dian Fossey e del suo impegno nello studio dei gorilla è diventata celebre grazie al film di Michael Apted “Gorilla nella nebbia” uscito nel 1988 e interpretato da Sigourney Weaver: il film è tratto dall’omonimo libro (titolo originale: “Gorillas in the mist”) scritto da Diane Fossey. Il film ha ricevuto una buona accoglienza dalla critica di settore: nel 1989 la pellicola ricevette 5 candidature agli Oscar e vinse due Golden Globe – per la Migliore attrice in un film drammatico a Sigourney Weaver e la Migliore colonna sonora originale a Maurice Jarre – su tre nomination. “Finalmente, la Weaver potrebbe aver trovato una parte su misura per lei. È un grande ruolo, e lei non si risparmia”, scrisse Hal Hanson del Washington Post. Il critico aveva però qualche dubbio sulle restrizione imposte al personaggio di Fossey nel film: “Il problema principale di Gorilla nella nebbia è che banalizza la sua eroina, la trasforma in uno di noi. Ma la Fossey era tutt’altro che ordinaria”. Hanson ha anche accusato il regista di aver attenuato lo stato mentale instabile della Fossey : “Dian Fossey era più che semplicemente eccentrica… Il film allude a questi aspetti del suo carattere, ma cerca di ammorbidirli. Il regista non ha solo ammorbidito la vita di Fossey, l’hanno privata di qualsiasi significato”. Hanson concluse così la sua critica. “Gorilla nella nebbia non è un film terribile, ma è frustrante”. Anche Roger Erbert era d’accordo con la scelta della Weaver per interpretare Dian Fossey – “È impossibile immaginare una scelta più appropriata per il ruolo” – ma sentiva il personaggio era troppo lontano dal pubblico. “Gorilla nella nebbia ci dice cosa ha fatto Dian Fossey e quello che le è successo a lei, ma non ci dice chi era, e alla fine è quello che vogliamo sapere”. Ma Ebert è stato molto colpito dalle scene con i gorilla: “Tutto sembrava reale per me, e la delicatezza con cui il regista Michael Apted ha sviluppato i rapporti tra la donna e la bestia era coinvolgente. C’erano momenti in cui mi sentivo un po’ in soggezione. Quei momenti, che sono genuini, rendono il film da vedere”. Hanson alla fine affermava che “ogni volta che le telecamere si accendono i gorilla – che sono i veri protagonisti del film – ti sembra di assistere a qualcosa di veramente grande”. Negli Stai Uniti il film incassò 24.720.479 di dollari e 61.149.479 in tutto il mondo.
Conosciamo meglio gli “amici” di Dian Fossley. Il Gorilla di montagna, nome comune per indicare il Gorilla beringei beringei (così come lo etichettò il lo zoologo tedesco Paul Matschie) è una delle due sottospecie del Gorilla orientale. Quali sono le sue peculiarità? Ha un pelo più lungo e più scuro, che sulla schiena dei maschi adulti assume un colorazione grigia-argentea. Inoltre, il cranio presenta due sorta di creste ossee, più marcate nei maschi. Gli esemplari maschi pesano tra 140 e 180 kg, le femmine invece si aggirano tra i 70 e 110 chilogrammi. Sono animali essenzialmente erbivori, anche se non disdegnano formiche, insetti, larve e lumache; è stato stimato che in un giorno (un maschio) può mangiare fino a 34 kg di cibo. I gorilla di montagna sono a serio rischio di estinzione: se ne contano ormai poche centinaia di esemplari concentrati nel Parco nazionale di Bwindi in Uganda e al confine tra l’Uganda stessa, il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo. Purtroppo la guerra civile in Congo ha falcidiato anche i gorilla stessi, uccisi dai guerriglieri per nutrirsi della loro carne.
Oggi Google dedica il doodle ad una grande figura femminile del 900′, Dian Fossey che ha dedicato la vita allo studio dei gorilla africani. “Lei era una ricercatrice preparata e determinata a vivere nella foresta tra le sperdute montagne del Rwanda, insieme ai gorilla. Lui era un fotografo di New York, ingaggiato da National Geographic, per documentare la sua esperienza. Insieme fecero la storia”. Inizia con queste parole “Il film perduto di Dian Fossey”, curato da National Geographic, in cui vengono raccontati i retroscena dei diciotto anni trascorsi dalla zoologa statunitense tra i gorilla del Rwanda, per i quali perse la vita nel 1985, uccisa molto probabilmente da un bracconiere. Al suo fianco c’era Bob Campbell, il quale trascorse circa tre anni in compagnia della ricercatrice e i gorilla delle montagne. “Egli girò più di ventimila metri di pellicola e non tutto è stato mostrato al pubblico”. Solo una parte delle bobine originali, infatti, vennero utilizzate per produrre il film che Dian Fossey presentò prima di pubblicare il suo celebre libro “Gorilla nella nebbia”. La National Geographic è stata dunque in grado di mostrare le parti mai viste di questo girato e l’incredibile rapporto tra Dian e i gorilla di montagna.
Oggi Google dedica il doodle a Dian Fossey. Un logo personalizzato per una figura femminile di straordinario impatto emotivo e mediatico e – soprattutto – l’etologa statunitense che più ha contribuito alla conoscenza dei gorilla. A questi animali, infatti, Dian Fossey ha dedicato infatti gran parte della sua vita, arrivando a trasferirsi e a vivere stabilemnte in Ruanda. La Fossey è stata (anche grazie al cinema) tra le più importanti figure femminili, divenute un simbolo del tardo ‘900. Fu la lettura del libro dello zoologo George Schaller ad innescare in lei l’interesse per il gorilla. Il suo percorso di formazione fu lungo e travagliato, nel 1963 riuscì con caparbietà ad autofinanziarsi il suo primo viaggio in Africa (Tanzania) che durò sei settimane durante il quale incontrò una persona fondamentale per la sua crescita, il dottor Louis Leakey e sua moglie Mary con cui lavorò per un certo periodo. Il suo primo contatto con i gorilla avvenne nello Zaire ma purtroppo la sua avventura dovette finire presto. Quel segno, tuttavia, non la lascioò più. Fu grazie all’intervento di Leakey che Dian Fossey iniziò della sua attività stabile in Africa. Egli infatti riuscì a farle ottenere una borsa di studio per uno progetto a lungo termine sui gorilla. La sua esperienza e notorietà crebbe e nel 1967 la Fossey fondò il Karisoke Research Center in Ruanda, allo scopo di osservare questi animali. Una osservazione che arrivava fino all’immedesimazione, alla vita a strettissimo contatto con questi grandi primati che portava a una conoscienza anche empirica ed empatica dell’animale, bel lontana dalla fredda e descrittiva analisi che fino ad allora era fatta di questi esemplari. E’ nel 1970 che i suoi studi raggiunsero l’apice del successo tanto da spingere la National Geographic Magazine ad inviarle un fotografo per documentarne il lavoro, contribuendo così a trasformare la studiosa in una delle principali esperte mondiali di gorilla africani, oltre che in una icona femminile (anche grazie al genio del fotografo che visse con lei). Spese la sua popolarità per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo la causa di protezione dei gorilla, vittime dei bracconieri che ne hanno messo a repentaglio l’esistenza. Il suo amore verso questa specie era tale da spingerla ad intraprendere dure battaglie per salvaguardarne l’habitat. Arrivò anche ad appellarsi alla Comunità Europea per modificare le regole di cattura degli animali, e da sempre si oppose alla detenzione degli animali nelle gabbie ritenendolo un gesto di inciviltà. Dian Fossey fu autrice di ‘Gorillas in the Mist’ un manuale ritenuto un punto di riferimento per lo studio teorico della abitudini dei gorilla. Purtroppo, Dian Fossey si fece anche molti nemici e alla fine morì di morte violenta, uccisa nella sua capanna con una “panga”, una sorta di machete dalla lama più corta e larga (simile a un gladio) con cui i bracconieri erano soliti massacrare i gorilla che riuscivano a catturare.