La bambina è in ginocchio per terra, col vestitino tutto tirato su sulle gambette paffute, allunga la manina quanto può sotto il letto finché non arriva ad afferrare qualcosa, un fazzoletto e poi ancora un po’ più in là, il telefonino. Sospira per lo sforzo con una smorfia infantile.
Rimessasi sulle ginocchia, con un mormorìo incomprensibile, stira con le manine grassocce il fazzoletto piegato in quattro, liscia bene i bordi con i fiorellini, lo piega e lo ripiega, mentre le ricade sugli occhi una ciocca di capelli morbidissimi che leva con tutte e due le mani.
Adesso ha appoggiato alle ginocchia il fazzoletto e il telefonino; con calma si alza appoggiandosi al bordo del letto, e il fazzoletto e il telefonino ricadono a terra. Lo schermo del telefonino si illumina di blu ed emette un solo suono, buffo e amichevole, poi la luce così bella si spegne.
Pensierosa, un po’ incerta, chinandosi riesce a raccogliere in una sola volta le due cose cadute, una in ciascuna manina.
Il tenero borbottìo continua mentre fa il giro del letto fino all’altro lato; la donna è caduta sul pavimento tra il comodino e il letto, il braccio alzato in modo innaturale, incastrato sotto la testa.
È crollata all’improvviso, senza un parola, trascinando a terra la piccola abat-jour.
La bambina posa giudiziosamente il fazzoletto nel grembo della donna, con cura, e vicino al braccio allungato, nelle dita bianche, il telefonino.
Allontana la piccola lampada e si siede vicino al corpo della donna, nell’incavo tra il grembo e le ginocchia, e aspetta un po’; se alza gli occhi, può vedere dal vetro della finestra, da sotto in su, il cielo pallido.
Dopo un po’ si alza, fa qualche passo incerto, indecisa. Ma presto ritorna a sedersi dov’era, con le ciabattine accostate, aspetta calma, solo un sospiro di pazienza ogni tanto.
Fuori dalla finestra vede ai piani superiori i fili tirati della biancheria stesa, rettangoli bianchi che svolazzano si attorcigliano e sbattono, trattenuti da due mollette colorate, poi due, poi altre due.
All’improvviso però il cielo è scuro, e i rettangoli sono diventati viola; il vento è cessato, ma continuano ad oscillare lenti, sembrano molto più grandi. Si ricorda ora che nel sonno ha rivisto la mamma cadere, ma questa volta senza far rumore e voltandosi a guardarla sorridendo.
Ecco, adesso qualcuno è arrivato, ha aperto la porta; è il papà, ma non ci trova, vado a chiamarlo e a fargli vedere che siamo qua.