Intercettazioni minacciose, quelle operate su Totò Riina mentre discute con il capo mafia Alberto Lo Russo nel carcere di Opera dove i due si trovano detenuti, scambio di parole durante l’ora d’aria. A tema c’è il processo stato-mafia in cui Riina è tra gli imputati, in particolare si prla del pm antimafia Antonino Di Matteo. Il boss corleonese in pratica si lamenta che dentro Cosa nostra non ci sia più nessuno in grado di fare quello che lui invece sapeva fare: ammazzare i magistrati e i giudici: “Mi viene una rabbia ma perché questa popolazione non vuole ammazzare a nessun magistrato? A tutti… ammazzarli, proprio andarci armati e vedere…”. Se lo meritavano, aggiunge il boss, quello che gli ho fatto io era niente aggiungendo che se lui fosse rimasto fuori di galera avrebbe fatto “un macello”: “Se ci fosse stato qualche altro avrebbe continuato e non hanno continuato e non hanno intenzione di continuare, nessuno”. Una morte che Riina desidererebbe per il pm Di Matteo: bisogna farlo, spiega, e farlo in fretta. A proposito del processo in corso, approva il fatto che il capo dello Stato non vada a testimoniare e si dice evidentemente preoccupato, ma si augura che qualcuno fermi “questo magistrato”: “ci vuole una mazzata nelle corna… a questo pubblico ministero di Palermo”. Le intercettazioni risalgono a ottobre e novembre dello scorso anno.